«In questo momento, sarebbe da ipocriti fare gli auguri a tutti i lavoratori nel giorno della loro festa. Ahinoi, questo 1 maggio verrà ricordato negli anni a venire non per le gite fuori porta con famiglia ed amici, né per i concerti, né per i primi tuffi nelle acque del nostro meraviglioso Golfo.

L’emergenza sanitaria che da circa due mesi sta martoriando l’intero Pianeta, oltre a produrre tantissime vittime, ha dato un ulteriore colpo di grazia al sistema economico. In particolare in quelle realtà, come la nostra, già gravemente depresse dal punto di vista industriale, commerciale ed occupazionale.

Oltre al dramma sanitario si è, dunque, inevitabilmente aggiunto quello economico, con la chiusura forzata e prolungata di aziende ed attività e con tantissime persone che stanno via via perdendo il proprio posto di lavoro. Quello che si profila all’orizzonte è uno scenario tutt’altro che rassicurante e temo che passeranno anni prima che ci si possa riprendere da un’emergenza che non ha alcun precedente storico. Ecco perché, ad oggi, risulta retorico e fuori da qualsiasi ragionamento razionale augurare “Buona Festa dei Lavoratori” a chi magari (e ne sono tanti) il proprio lavoro non ce l’ha più.

Piuttosto è doveroso rivolgere un pensiero affettuoso a coloro i quali, in questi mesi, si sono sacrificati ed in alcuni casi hanno dato la propria vita per salvarne altre. Mi riferisco a chi lavora negli ospedali: medici, infermieri e operatori del 118, la prima linea nella guerra al Covid-19. Ma non solo: forze dell’ordine, autotrasportatori, titolari di supermercati o di piccole botteghe alimentari, volontari. A loro va la nostra eterna gratitudine, e a chi il lavoro l’ha perso o sta lottando per mantenerlo la nostra vicinanza e solidarietà».

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