Sant'Antonio Abate. Una complessa questione di legittimità costituzionale sui principi di “eguaglianza e di rieducazione della pena” potrebbe salvareLa Sonrisa” dalla confisca. Il “Grand Hotel” turistico amministrato dalla famiglia Polese a Sant’Antonio Abate, nel cuore dei Lattari, che nel 2005 spalancò le sue sfarzose porte a Diego Armando Maradona per una festa in onore, sei anni dopo era finito nel mirino dei magistrati per una presunta raffica di abusi compiuti su un’area di oltre 40 mila metri quadrati. Da lì il sequestro giudiziario, che ha comunque consentito alla tradizionale location del festival ‘Napoli prima e dopo’ di proseguire l’attività fino a oggi.

IL PROCESSO. Lottizzazione abusiva è l’ipotesi di reato formulata dal pm della Procura di Torre Annunziata – Silvio Pavia – a tre distinte società e una persona fisica, ciascuno per la sua parte di proprietà. Alla sbarra non c’è il più noto “Boss delle Cerimonie”, Antonio Polese. Lui, ufficialmente, non figura tra i legali rappresentanti de “La Sonrisa”. Ma a processo sono finiti la moglie, Rita Greco (difesa dall’avvocato Guido Sciacca), i suoi fratelli Sabato e Agostino (assistiti dagli avvocati Vincenzo Maiello e Michele Riggi), oltre alla sorella del “Boss delle Cerimonie”, Mariarosaria Polese (avvocato Antonio De Martino).

Secondo l’accusa, sull’area occupata dall’Hotel per party e matrimoni di lusso, “dal 1979 in poi è stata compiuta un’attività edilizia, in assenza di titoli abilitativi, violando le più elementari norme edilizie ed urbanistiche e la normativa a tutela del paesaggio”. “Proprio la parcellizzazione della proprietà delle opere e dei terreni ha reso più semplice agli indagati – così allora il Gip Nicola Russo nel provvedimento di sequestro - la realizzazione di un’opera monumentale (per dimensioni e costi) che è per tutta evidenza unitaria”.

LA ‘QUESTIONE’. “L’orientamento giurisprudenziale, cui aderisce il pm, non rende oggettivamente distinguibile la lottizzazione dalla costruzione abusiva. Manca un parametro certo per separare le due ipotesi, che hanno conseguenze ben diverse. Il reato di costruzione abusiva, infatti, non prevede la confisca, ma solo la demolizione della struttura”. A presentare in aula la questione di legittimità (per presunto contrasto con gli articoli 3, 25, 27 e 117 Costituzione) è stato il professore universitario Vincenzo Maiello. La tesi è però condivisa da tutti gli altri difensori della famiglia Polese. Solo a metà Luglio il verdetto decisivo del giudice Criscuolo del Tribunale di Torre Annunziata.


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