E’ una scossa non di poco conto per il Piano Napoli, quella provocata dalla voce del neo pentito boschese Gerardo Colantuomo: non solo i ‘segreti del mestiere’ relativi allo spaccio, ma anche la lunga serie di agguati che hanno scandito la guerra fra gli Orlando e i Tasseri.

La gola profonda parla proprio di quel periodo, dei fatti di sangue, degli ordini che impartiva il ‘boss’ dei Tasseri per sterminare gli Orlando e sancire il monopolio delle piazze fra le palazzine. “Il primo agguato da me eseguito – rivela nel provvedimento eseguito mercoledì scorso – assieme a Tasseri Raffaele è quello riguardante Orlando Salvatore, detto ‘Masaniello’. La motivazione era legata all’omicidio di Russo Ciro, che era lo zio di Raffaele Tasseri, avvenuto qualche anno addietro e che lui aveva attribuito al gruppo Orlando”. Poi, riprende ancora: “Lo sparammo mentre stava uscendo dal portone di casa della cognata, lo ferimmo e scappammo poi con una Fiat Uno rubata”.

Le voci ‘agguati’, però, sono diverse  e infatti continua il pentito: “Sempre nello stesso anno, nelle prime settimane del mese di agosto Tasseri Raffaele mi disse che si era incontrato con due uomini che chiesero espressamente l’eliminazione di Diana Giuseppe, che doveva avvenire solamente dietro loro ordine, perché anni addietro questo aveva sparato al loro cugino Di Napoli Luigi”. Proprio quest’ultimo delitto sarebbe costato la condanna a morte di Mauro Buonvolere, che fallì in quanto non riuscì a uccidere la vittima e fu poi presumibilmente ucciso dal gruppo degli Orlando, almeno secondo quanto riferisce il collaboratore di giustizia.

“Aggiungo che agli inizi del 2013 –  continua ancora il racconto choc del pentito – andammo a sparare nella proprietà dei Vangone, a Boscotrecase, dopo che questi erano tornati da Montevergine”. “Decisi di rispondere con uno sparo direttamente presso la loro proprietà per far capire che non avevo paura di loro”.

Infine, prosegue: “Posso riferire anche di un agguato che ho subito in compagnia di Sorrentino Antonio. Venimmo raggiunti da alcuni individui a bordo di motoveicoli e in quella circostanza riconobbi Di Napoli Luigi. Solamente per intimorire sparai alcuni colpi in aria perché questi, con un’arma che gli era stata data dai Vangone, qualche ora prima me l’avevano puntata al viso”. Verbali che potrebbero mettere in ginocchio definitivamente le organizzazioni che per anni hanno spacciato droga alle pendici del Vesuvio. 

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