Napoli. Nello spazio RAI di via Marconi si è parlato di “cronaca giudiziaria, tra deontologia, diritto e informazione, come ripensarla”. Con Ottavio Lucarelli, Presidente dell’Ordine dei Giornalisti, relatori il direttore della sede RAI di Napoli, Francesco Pinto, il giornalista Rai, Geo Nocchetti, Domenico Ciruzzi, vice presidente delle Camere Penali, e Ferdinando Pinto, ordinario di diritto amministrativo. Il convegno è stato organizzato nell’ambito della formazione obbligatoria per i giornalisti che l’Ordine svolge gratuitamente in Campania.

Un tema complesso quello della narrazione delle indagini giudiziarie all’interno del sistema dei media. Tutto inizia nel 1888, con la vera comunicazione giornalistica in Gran Bretagna fino allora rappresentativa di ceti politici e elitè culturali. È negli anni ‘80 che in Italia la narrazione “entra nell’indagine e non nel processo”, entra, cioè, all’interno di tutto quello che viene prima del processo. È il tempo in cui la RAI porta i suoi microfoni tra la gente e i ceti sociali si impadroniscono della rappresentanza e della narrazione. I media raccontano il Paese ma lo fanno ormai nei salotti degli studi tv.

Il sistema informativo diventa spettatore piuttosto che produttore di informazioni. “Con la riforma del codice di procedura penale – spiega Geo Nocchetti – si tenta di velocizzare la giustizia e riportare il processo nell’aula, ma non c’è stata questa sperata accelerazione. L’ordine e la Federazione della stampa hanno rivendicato il diritto-dovere del giornalista di scegliere con la propria discrezionalità cosa pubblicare”.

Per Domenico Ciruzzi, la formazione per chi scrive di cronaca giudiziaria è utile perché abitua a separare la morale, l’etica, l’opinione personale da quello che è il dato tecnico giuridico. “Il mestiere di giornalista che è vedere e testimoniare – dice Ciruzzi – sembra superato dal protagonismo dei nuovi mezzi e dalle persone che diventano produttori di informazione, ma il processo è un percorso protetto e non deve essere suggestionato. In questi anni molti cronisti giudiziari – prosegue – sono stati definiti invece che cani da guardia del processo cagnolini da salotto delle Procure della Repubblica”.

Per Ottavio Lucarelli è compito dell’Ordine fare rispettare la legge e il prestigio delle informazioni che va difeso sempre dentro e fuori delle redazioni perché la notizia peggiore non è quella che si pubblica ma quella che non si pubblica.

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