Il rumore degli elicotteri in cielo, il suono delle sirene in lontananza. Comincia così il 4 novembre 2008 a Torre Annunziata, il giorno in cui lo Stato decise di riappropriarsi dei suoi spazi. Un’operazione, la prima di una lunga serie condotte da polizia e carabinieri, che consegnò alla giustizia i vertici del clan Gionta oltre a decine di gregari ed affiliati. Il primo passo (altri blitz vi furono nei mesi e anni successivi contro altri clan) verso una “normalizzazione” della città, per troppi anni lasciata nelle mani della camorra.

A Torre Annunziata interi quartieri erano governati dalle leggi della camorra. Una città dove i clan si dividevano il territorio in aree di competenza. Dove i commercianti pagavano il pizzo ad un clan o ad un altro e, in alcuni casi, ad entrambi.

Una holding capace, tra estorsioni, droga, usura e armi, di dare lavoro a migliaia di persone. Non era “solo” una questione di controllo militare del territorio. Non era “solo” una questione di controllo economico. No, era qualcosa di più profondo. Era una cultura camorristica che aveva penetrato le viscere di una comunità stanca e smarrita. Una cultura fatta di arroganza, prepotenza e disprezzo che aveva attecchito anche nella “Torre bene”. Tutta la città era coinvolta. Come un tumore per un malato oncologico, così la camorra per Torre Annunziata.

L’anniversario dell’operazione "Alta Marea" è anche l’occasione per riflettere su questi ultimi dieci anni. Dire che non è cambiato nulla è un falso. Dimostra non avere memoria e rappresenta un’offesa allo straordinario lavoro che magistratura e forze dell’ordine hanno fatto in quegli anni. Mesi (e anni) di indagini, fiumi d’inchiostro e ordinanze chilometriche per consegnare alla giustizia centinaia e centinaia di camorristi.

Chi ha amministrato la città in quegli anni è riuscito ad evitare che il tumore della camorra infettasse l’apparato politico ed amministrativo. Aveva nella sicurezza e nella legalità la sua mission.

Chi invece amministra oggi la città ha un compito più arduo e profondo. Dare alla città qualcosa che le manca da tempo. Ricostruire un senso di comunità e di appartenenza. Torre Annunziata oggi vive sospesa in un limbo, consapevole dei passi in avanti fatti, ma smarrita da un futuro incerto e nebuloso. E’ questa forse la mission dell’attuale classe dirigente cittadina: un lavoro arduo in cui ognuno deve fare la propria parte, ma che spetta in primo luogo a chi oggi amministra.

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