“La camorra mi ha segnato dentro. Ora sogno un futuro diverso, con un bel lavoro e una bella famiglia, ma lontano da Torre Annunziata”. E’ il racconto di Gianmaria (nome di fantasia, ndr), un passato burrascoso alle spalle ma con tanta voglia di emergere dal torpore della camorra, da cui è stato avvolto già da quando era in fasce.

All’epoca del blitz, Gianmaria aveva appena 6 anni ma già conosceva le persone sbagliate. “Frequentavo Palazzo Fienga, giocavo con i miei coetanei mentre i Gionta e i Gallo si davano battaglia per le strade di Torre Annunziata”. Ha conosciuto subito il dolore: genitori morti ammazzati in una sparatoria e i primi approcci fatti di stese, di sangue che porta altro sangue. “Quando hai tolto la testa pensante a un clan del genere, hai tolto tutto”. Lo spiega così il blitz di Palazzo Fienga che portò all’arresto di 88 persone. “Vedevo i miei amici morire o andare in carcere. Da qui è partito l’input per cambiare vita”.

Sentendosi perso, Gianmaria iniziò a fare quello che allora credeva fosse la strada giusta per lui, spacciare. Un “muschillo” come si diceva all’epoca. A 14 anni fu arrestato e dopo un po’ di tempo passato nei centri di accoglienza minorile, è stato affidato in prova ai Salesiani di Torre Annunziata, sotto la guida di don Antonio Carbone. “Non lo facevo per soldi, ma per ambizione. Ho avuto la fortuna di entrare in una comunità in tempo, altrimenti sarei finito ammazzato anch’io”.

Per chi ha sempre fatto parte di questi ambienti, è difficile essere una persona diversa. “Credo che ci sia una scarsa fiducia nei nostri confronti, nessuno ci vuole dare un lavoro. Il percorso di riabilitazione è lungo e faticoso ed è una scommessa che nessuno vuole fare. Spero nelle istituzioni, dovrebbero fare qualcosa per noi. L’abbattimento di Palazzo Fienga, ad esempio, potrebbe essere un’opportunità di lavoro, anche per ragazzi come me”.

Gianmaria ora ha una vita piena di impegni: “Mi alzo alle 5.30 di mattina e fino alle 17 lavoro in un bar al centro di giustizia minorile di Napoli. Alle 18 vado a scuola, faccio l’alberghiero fino alle 21, poi vado in comunità: il mio programma di riabilitazione prevede varie ore di volontariato. Ho scelto di farlo alla mensa dei poveri alla chiesa dell’Immacolata. Come mi vedo da qui a 10 anni? Ho ambizioni diverse rispetto a qualche anno fa – ci ha confidato -. Mi basterebbe avere un lavoro che mi permetta di essere indipendente, ma lontano da qui. Ci sono troppi ricordi che mi fanno male”.

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