Commiato a Francesco Stefanile, memoria della campagna di Russia
21-01-2013 - Archivio Storico de Lo Strillone
TRECASE - Quante volte Francesco laveva udito quellincalzante Davai bistré! (Avanti presto), nelle lunghe e infinite marce che terminavano nei campi di prigionia, forse cento, forse mille volte!..
Anche adesso sembrava come se glielo stessero intimando allo stesso modo e per lennesima volta, invece no; è stato proprio per lultima volta.
Avanti, presto! ha detto una voce soffusa e celestiale è Lui si è avviato con tutta tranquillità, stavolta, con la sicurezza di assolvere con piacere quell ordine oramai impresso nella sua mente tuttora limpida, quellordine che ora gli giungeva così tanto gradito, quellordine che veniva dallAltissimo.
E se nè andato alla chetichella felicissimo di raggiungere la sua amata Luisa.
Il commiato? Anchesso silenzioso, dopo la cerimonia officiata nella chiesa madre trecasese nella triste giornata del gennaio vesuviano.
Francesco Stefanile, vincitore del Premio Pieve Santo Stefano 1998, generoso al solito, non se nè andato del tutto; ci ha lasciato le sue fascinose memorie che trattano di tre anni di guerra in Russia dal 1942 al 45 del secolo scorso.
I suoi ricordi, le emozioni, le paure, gli stenti la lunga e drammatica detenzione riportati nella sua opera Siberia, davai bistré edita dal gruppo Ugo Mursia editore.
Un diario dettagliato di quel crudo periodo di prigionia iniziato la vigilia di Natale del 42 e terminato nellottobre del 45.
Il narrato di tre lunghi anni trascorsi nei campi di reclusione degli Urali e dellUzbekistan in conseguenza alla cruciale battaglia nella Valle della morte sullansa del Don ove buona parte della Armata italiana si arrese allArmata Rossa.
- Il suo reparto è sconfitto e tutti vengono fatti prigionieri: inizia così la dolorosa marcia verso i campi degli Urali e dellUzbekistan, si consuma la tragedia della detenzione tra stenti, fame, violenze, malattie e punizioni. -
Stando alla critica la novità che scaturisce dal suo diario è nelle storie di prigionia in quei campi, con lincontro tra i soldati e i fuoriusciti che erano stati conquistati dallideale del marxismo e con la scoperta della vita e delle condizioni reali di quelle regioni assoggettate al regime comunista ed il suo scritto offre un inedito spaccato: una gran voglia di pace che allo stesso tempo materializzava la consapevolezza che anche il socialismo, alla luce dei fatti, era tragico dolore e cruda realtà.
Grazie Francesco, figlio emerito di questa terra nera vesuviana, testimonianza efficace di anni terribili, monito di uomo consapevole della vita e della storia di cui si è parte.
NINO VICIDOMINI
Anche adesso sembrava come se glielo stessero intimando allo stesso modo e per lennesima volta, invece no; è stato proprio per lultima volta.
Avanti, presto! ha detto una voce soffusa e celestiale è Lui si è avviato con tutta tranquillità, stavolta, con la sicurezza di assolvere con piacere quell ordine oramai impresso nella sua mente tuttora limpida, quellordine che ora gli giungeva così tanto gradito, quellordine che veniva dallAltissimo.
E se nè andato alla chetichella felicissimo di raggiungere la sua amata Luisa.
Il commiato? Anchesso silenzioso, dopo la cerimonia officiata nella chiesa madre trecasese nella triste giornata del gennaio vesuviano.
Francesco Stefanile, vincitore del Premio Pieve Santo Stefano 1998, generoso al solito, non se nè andato del tutto; ci ha lasciato le sue fascinose memorie che trattano di tre anni di guerra in Russia dal 1942 al 45 del secolo scorso.
I suoi ricordi, le emozioni, le paure, gli stenti la lunga e drammatica detenzione riportati nella sua opera Siberia, davai bistré edita dal gruppo Ugo Mursia editore.
Un diario dettagliato di quel crudo periodo di prigionia iniziato la vigilia di Natale del 42 e terminato nellottobre del 45.
Il narrato di tre lunghi anni trascorsi nei campi di reclusione degli Urali e dellUzbekistan in conseguenza alla cruciale battaglia nella Valle della morte sullansa del Don ove buona parte della Armata italiana si arrese allArmata Rossa.
- Il suo reparto è sconfitto e tutti vengono fatti prigionieri: inizia così la dolorosa marcia verso i campi degli Urali e dellUzbekistan, si consuma la tragedia della detenzione tra stenti, fame, violenze, malattie e punizioni. -
Stando alla critica la novità che scaturisce dal suo diario è nelle storie di prigionia in quei campi, con lincontro tra i soldati e i fuoriusciti che erano stati conquistati dallideale del marxismo e con la scoperta della vita e delle condizioni reali di quelle regioni assoggettate al regime comunista ed il suo scritto offre un inedito spaccato: una gran voglia di pace che allo stesso tempo materializzava la consapevolezza che anche il socialismo, alla luce dei fatti, era tragico dolore e cruda realtà.
Grazie Francesco, figlio emerito di questa terra nera vesuviana, testimonianza efficace di anni terribili, monito di uomo consapevole della vita e della storia di cui si è parte.
NINO VICIDOMINI