“Pensare l’efficacia – effetti e dinamiche possibili in una città di frontiera”. Questi il titolo ed il sottotitolo dell’incontro-dibattito tenutosi, ieri 4 febbraio, presso lo spazio “Officina Democratica” di Castellammare di Stabia, in occasione della presentazione del libro “Milano - Napoli, prove di dialogo federalista (Guida 2010)” a cura del Prof. Luca Meldolesi, per diversi anni docente di Politica economica presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. Il dibattito, organizzato in collaborazione con le associazioni “CentoCinquanta”, “Cave Canem” e “Eugenio Colorni” e condotto da Pierina De Stefano, ha visto il Prof. Meldolesi affiancato da Paolo Di Nola, per “Invitalia”, Francesco Messina per “CentoCinquanta” e “Cave Canem” e, in veste di esponenti dell’imprenditoria stabiese, il notaio Ferdinando Spagnuolo, referente per il “Contratto d’Area” e “Marina di Stabia”, ed Umberto Caccioppoli, presidente della “Fides Consulting”, Società per la Consulenza e lo Sviluppo di Servizi Informativi, indirizzi di saluto da parte di Nicola Corrado che ha descritto gli obbiettivi di “Officina Democratica” ed i suoi progetti futuri.
Meldolesi nel suo volume – come afferma Di Nola – analizza una metodologia possibile per attuare il federalismo con la tecnica dell’analista sociale itinerante, Castellammare è tra i centri presi in esame. Milano - Napoli non è che un nesso apparentemente ossimorico, l’accostamento di due realtà di cui però il professore rintraccia molti punti di contatto e lo scambio biunivoco di esperienze.
Mentre la discussione sul federalismo municipale resta sospesa tra il decreto varato in fretta dal Consiglio dei Ministri, senza interpellare le Camere, ed il “no” secco del Presidente Napolitano che ha da poco rispedito tutto al mittente per giusta mancanza di legittimità, a quale federalismo possiamo pensare? Partiamo dalle considerazioni di Paolo Di Nola. Innanzitutto non il federalismo fiscale, o almeno, non la riduzione alla sola fiscalità che il Governo vorrebbe fare del federalismo, come del resto chiarisce Marco Vitale. Pensiamo invece che impiantare un sistema federale in Italia sia un progetto ben più impegnativo che comporti una profonda riforma delle istituzioni per istaurare un dialogo democratico tra parti diverse che non si trasformi mai in separatismo. Ma – continua Di Nola – il federalismo aiuta la crescita economica solo a patto che si giunga ad un miglioramento dell’amministrazione centrale e di quelle federate, sul modello degli Stati Uniti. Le Regioni purtroppo dal 1970 ad oggi hanno fallito molti obiettivi, non ultimo l’impiego ed il resoconto delle risorse europee in scadenza per il 2011. In secondo luogo – spiega ancora Di Nola - il federalismo presuppone una forte responsabilizzazione degli Enti locali. Il Sud ha bisogno di essere responsabilizzato perché purtroppo i problemi della decentralizzazione e dello smantellamento delle realtà governative locali affondano le loro radici già nel Viceregno spagnolo di fine Quattrocento, come hanno evidenziato alcuni studi storici condotti insieme al Prof. Giuseppe Galasso.
Castellammare è storicamente una terra di confine – osserva Di Nola – perché rappresentava il limite a nord del Ducato amalfitano, stretta tra l’entroterra ed esposta alle incursioni saracene dal mare. E’ inoltre una realtà territoriale eterogenea perché vive dell’industrializzazione, simile all’esperienza napoletana, della produttività dell’entroterra nocerino-sarnese e del turismo, come la Penisola sorrentina. Eppure - spiega il referente d’Invitalia - Castellammare ha avuto due precoci esempi di federalismo con l’istituzione del “Contratto d’Area” e la nascita di un confronto diretto tra gli Enti locali e lo Stato, attraverso l’intermediazione della Regione, con il programma “PiuEuropa” esteso ai comuni con più di 50.000 abitanti.
Se da un punto di vista istituzionale il federalismo democratico si fonda sulla completa riforma degli Enti locali e del loro rapporto con l’organo centrale federale, per l’imprenditoria il discorso si muove su un binario parallelo ed altrettanto complesso ed ha lo scopo – chiarisce Francesco Messina presidente della società “CentoCinquanta”- di migliorare la crescita industriale dei territori. Messina, partendo dagli esempi di Catania e Bari, ribadisce la necessità di creare una rete d’imprese che cerchino e trovino il dialogo con le istituzioni, evitando, attraverso la politica dello “Stato amico”, la diseconomia del lavoro sommerso. Sotto questo punto di vista lo Stato amico è già federalismo.
A questo punto gli interventi degli imprenditori locali. Umberto Caccioppoli invita all’associazionismo delle piccole e medie imprese attive sul territorio, ponendo sul piano delle trattative con le istituzioni problematiche comuni e superando la paura della concorrenza. La crisi economica si supera istaurando un rapporto stretto tra l’imprenditore ed il proprio territorio, intensificando i contatti umani e improntando il proprio impegno verso un “ideale”, che sia pure il “folle volo” dell’Ulisse dantesco. Eppure – per Caccioppoli- le opportunità del piano “PIUEuropa” sono andate sprecate nel Sud perché piombate in una realtà priva del tessuto connettivo giusto, perché inventate per aziende il cui unico interesse era attingere ai fondi europei e che si sono dimostrate sorde all’esigenza occupazionale. Per Ferdinando Spagnuolo il federalismo è un’esperienza vecchia in Italia, sperimentata almeno dal 1992-‘93 dal governo Amato, quando di fatto lo Stato dichiarò bancarotta e non aiutò più l’imprenditoria locale. Prima di quegli anni si aveva la mentalità che i problemi delle singole realtà locali si risolvessero solo a Roma. Eppure proprio tra il ‘92 ed il ‘93 – prosegue Spagnuolo – Castellammare veniva dichiarata “Area di crisi” e questo apriva di fatto la possibilità di accedere al “Contratto d’Area”. Un accordo di programma congiunto delle amministrazioni Torrese e Stabiese che di fatto attraverso le conferenze di servizio ha snellito l’iter burocratico amministrativo ed ha reso possibile l’attuazione di progetti come “Marina di Stabia” in pochissimo tempo. Progetto peraltro concepito per un pieno sviluppo dell’area nord della città che attende ancora una sua attuazione. Spagnuolo non nasconde la sua perplessità su altre imprese cittadine, come le Terme, per le quali è da paventare un ingresso di privati esterni al tessuto territoriale, o i Cantieri, la cui fine è stata decretata proprio dall’ingresso nel gruppo “Fincantieri”, nel 1962. L’imprenditoria locale – conclude il notaio - non ha saputo sfruttare bene le opportunità offerte dal “Contratto d’Area”, che a suo avviso è il solo strumento utile a “pensare l’efficacia”, al quale va affiancato il programma PIUEuropa.
Ma qual è l’idea di federalismo espressa da Meldolesi? Il professore ha cominciato a trattare l’argomento dal 2004 e si è accorto nei suoi studi che il Paese soffre di una tradizione amministrativa che non gli permette di esprimere a pieno le sue capacità. Con “Il nuovo arriva dal Sud (Marsilio 2009)” il professore di fatto sconvolge l’idea scoio-economica dell’Italia trainata dal Nord, indicando invece nel Mezzogiorno le spinte più innovative del Paese. Inoltre la sua vasta esperienza come Presidente del Comitato per l’emersione del lavoro non regolare, tra il 1999 ed il 2007, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, gli ha permesso di capire che esiste una spaccatura profonda tra il Paese politico, l’amministrazione centrale e le realtà territoriali concrete. Gli esempi chiamati in causa dal professore guardano all’America e alla precoce scoperta del suo modello federale da parte di Tocqueville, ma anche a Cattaneo. L’Italia è un Paese storicamente vecchio che ha sempre bloccato le autonomie locali. Meldolesi ricorda in particolare Don Luigi Sturzo che apprezzò il modello americano durante l’esilio e da Caltagirone scrisse di essere stato tradito prima da Mussolini e poi dai suoi alleati di partito, i Costituenti del 1947, ai quali rimproverava di aver affidato scarso potere alle Regioni in materia di autonomia economica. Al Paese manca dunque una determinazione vera per andare verso una riforma federale, che sia priva delle spinte separatiste ed ideologiche della Lega e che non guardi solo all’aspetto fiscale ed economico.
NICOLA CAROPPO