“A rileggerla ancora oggi, quella lettera di Paolo Siani, mi mette sempre la stessa emozione”. Poche parole del dirigente del liceo scientifico di Torre Annunziata, Benito Capossela, per introdurre il dibattito su Giancarlo Siani.

“A bordo della mehari verde…” è il titolo del libro che ha fatto da sfondo all’intero pomeriggio. Proprio quella macchina che permetteva a Giancarlo di venire a Torre di mattina e tornare a Napoli la sera, anche l’ultima quella sera del 23 settembre di ventinove anni fa. “Avrebbe avuto 55 anni, quasi la mia età”, ha detto il vice capo della Polizia, il Prefetto Francesco Cirillo. “Purtroppo se ne è andato nel silenzio della città e dell’Italia intera”. Un’indagine non facile per scoprire esecutori, mandanti e movente. “Abbiamo impiegato tempo per capire com’è morto Siani – ha continuato Cirillo – Però ricordo ancora che quando mi fu affidata l’indagine mi sono sentito investito di un gravissimo impegno ed orgoglio”.

L’aula magna, oggi pomeriggio, era affollata di tanti studenti, alcuni dei quali hanno vissuto dall’inizio il lungo percorso che, partito nel settembre 2011, ha portato al ripristino della tendostruttura. Quel percorso fatto di alcuni momenti di slancio e dei tanti, lunghi, tempi di attesa dettati dalla politica. “Ma lo Stato ha dimostrato che non è mai andato via”, ha sottolineato il Questore Marino. “Non è andato via nemmeno da altri territori”. E alla giovane alunna del liceo che gli chiede come contrasta la criminalità, il Questore è netto: “Olio di gomito, poche parole e fatti. Così abbiamo lavorato in questi anni, quando abbiamo catturato importanti latitanti e decimato clan camorristici”.

Le voci che ricordano Siani sono tante e caratterizzate dalle sfumature dettate dai ruoli che gli ospiti al dibattito avevano nel lontano 1985 ed hanno avuto negli anni seguenti. Come il ricordo toccante del Pm D’Alterio, capo del pool che indagò proprio sull’omicidio di Giancarlo Siani, che ha acceso i riflettori sui tre poliziotti che hanno permesso di decapitare il clan Gionta. “Ricordo – ha detto D’Alterio – quando partimmo per Milano ad arrestare i cinque che erano ai vertici del clan torrese. Il merito è di questi tre poliziotti che hanno dovuto fare tutto da soli”. O, ancora, la voce di Corrado Lembo, Procuratore della Repubblica di Salerno, che ha invitato i giovani “Ad evitare l’indifferenza. La cultura – ha detto Lembo – ci serve per capire le cose, per regolare la nostra azione”.

Il lungo pomeriggio si è chiuso con le parole dell’Assessore regionale Caterina Miraglia. “Giancarlo Siani aveva deciso di declinare la verità in ogni circostanza ed è questo è quello che deve fare un giornalista. Quando definiamo Giancarlo un eroe gli facciamo un torto perché lui era un uomo comune. Era un ragazzo come tanti che semplicemente amava il suo lavoro. Il diritto crea la ragione della nostra convivenza. Sono stati portati avanti approfondimenti – ha concluso la Miraglia - che portarono la cittadinanza di Torre Annunziata ad essere una cittadinanza attiva”.


Raffaele Perrotta