Su iniziativa del Commissario Delegato, Marcello Fiori, ha avuto inizio in questi giorni a Pompei il progetto (C)Ave Canem, per risolvere definitivamente il problema del randagismo nell´area archeologica, coniugando la tutela degli animali con la sicurezza pubblica e promuovendo una campagna per l´adozione dei cani, in collaborazione con le associazioni animaliste nazionali Lav, Enpa e Lega Nazionale per la difesa del cane, con il sostegno anche del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.

Al via nei giorni scorsi la prima fase del progetto che prevede la realizzazione dell´anagrafe dei cani presenti in sito, i quali vengono dotati di microchip, collare e medaglietta di riconoscimento. Tutti gli animali saranno curati, sterilizzati e troveranno rifugio e cibo in aree attrezzate con cucce, allestite all’interno degli scavi e adeguatamente segnalate. Ogni cane, così sarà pronto a trovare l’affetto di una famiglia.

Oltre a Meleagro, Odone, Plautus, Vesonius, Polibia, Menade, Licinio, Eumachia, Caio sono alcuni dei nomi scherzosamente scelti in base alle aree o al personaggio storico proprietario della domus nel cui territorio il cane ama maggiormente girovagare.

L´iniziativa è stata presentata nella casa del Poeta Tragico, al cui ingresso è visibile il famoso mosaico “Cave Canem” ("attenti al cane"), tipico anche di altre abitazioni pompeiane: un avvertimento ricordato anche nelle fonti letterarie, come nel Satyricôn di Petronio, in cui il protagonista viene spaventato a morte dal grande cane dipinto.

Oltre al Soprintendente, Mariarosaria Salvatore hanno partecipato l’On. Francesco Giro, Sottosegretario ai Beni e alle Attività Culturali, Gianluca Felicetti, Presidente LAV, Carla Rocchi, Presidente Enpa, Laura Porcasi Rossi, Presidente Lega nazionale difesa del cane.


La casa del Poeta Tragico
È un esempio caratteristico di casa pompeiana ´ad atrio´ e peristilio con stanze al piano superiore.
Ricca e di grande finezza è la decorazione pittorica e musiva.
Il nome deriva dall´emblema (riquadro) a mosaico del tablino (la sala di ricevimento), con la scena della prova teatrale di un coro satiresco, ora al Museo Archeologico di Napoli come pure altri quadri con Admeto e Alcesti ed episodi dell´Iliade.
All´ingresso della casa è il famoso mosaico con il cane alla catena e la scritta CAVE CANEM ("attenti al cane"), tipico di altre abitazioni pompeiane: l´avvertimento è ricordato anche nelle fonti letterarie, come nel gustoso episodio del Satyricôn di Petronio, in cui il protagonista viene spaventato a morte dal grande cane dipinto.
L’atrio era decorato con grandi pitture parietali di soggetto mitologico, tra cui Zeus ed Hera, Achille e Briseide, di particolare pregio compositivo. Intorno si disponevano i cubicoli (le stanze da letto) e le alae (stanze ai lati dell’atrio), anche essi ben decorati.
ll peristilio (il giardino interno), ha un portichetto su tre lati, ove era un’altra celebre pittura, quella col sacrificio di Ifigenia derivata da un quadro del pittore Timante, vissuto nel V-IV secolo a.c. ed un larario nel fondo.
Dal portico si accede in tre ambienti tra cui una sala tricliniare (per il pranzo) decorata con pitture di quarto stile con altri soggetti mitici (Venere e Amorini, Arianna abbandonata da Teseo, Diana).
È questa la casa, allora appena scavata (1824-1825), che servì da modello per la dimora di Glaukos nel romanzo di E. Bulwer-Lytton, Gli ultimi giorni di Pompei (1834).


I Cani di Pompei
Menade
“Mi chiamo Menade, ho appena compiuto un anno, e come ogni sacerdotessa del dio del vino vivo davanti alla casa del mio unico sposo: Bacco. Sono nera e lucida come la notte. Quando danzo alle stelle per lui piena del suo nettare . Quando la mia coda sia allunga nell’aria come una cometa ebbra. Poi, dopo aver ululato la mia passione alla luna, eccolo apparire. E lui, il mio Dio, mi fa danzare e mi sussurra nelle orecchie pelose tutto il suo ardire. Per questo ho imparato la fedeltà assoluta, l’allegria. Per questo posso dare la felicità e la mia passione ad ogni umano che la chiederà.

Odone
Mi hanno trovato nei granai del Foro mentre divoravo una bella pizza gonfiata dal grano d’oro delle nostre messi campane. Sono Odone, commercio in essenze e belletti. La mia mamma, Setterina Patrizia macchiata di nero e bianco, ci allattava in mezzo ai prati di Pompei, dove fiori e campanule deliziavano il nostro olfatto di cuccioli. E il profumo è entrato nelle nostre vite. Per questo il mio manto, lucido e setoso, sarà la gioia di chi vorrà tenermi per sempre con lui.

Polibia
A Pompei nel quartiere delle Terme antiche dove mi aggiro liberamente mi chiamano Polibia. Ho due anni e, come i Polibii che si rispettano, sono una schiava liberta, e quando posso prediligo quest’area di caldi umidi e di acque che gonfiano il mio pelo e rilassano le mie povere zampe stanche di lavoro. I miei amici canini a Pompei dicono che sono magica perché, d’improvviso una mattina, la mia coda si è svegliata con una spennellatura bianca. Non sanno la verità. Una notte alle terme ero immersa caldamente nelle vasche, quando, sul cocchio di porporina avvolto da una nuvola di fumo, si è palesato Apollo Bellissimo, impennato e grande fusto. Ma anche molto arrabbiato di trovare una schiava liberta e pelosa nelle sue acque preferite. Così, furioso, mi ha acchiappato per la coda scaraventandomi fuori dalla vasca. E l’incontro con quella mano divina mi ha riempito di luce il pizzo della coda.

Palutus
Ero un cucciolo timido. Avevo paura di stare in società nella moltitudine canifera di Pompei. Pensavo che gli amici pelosi trovassero goffa la mia andatura un po’ dondolante e troppo femminile il candore della mia tunica. Pardon della mia pelliccia. Allora ho deciso che mi sarei chiamato Plautus (plotus nel vecchio lessico umbro vuol dire non a caso “dalle grandi orecchie”) e che sarei stato io a divertirmi, conquistando il favore di tutti i quadrupedi pulciosi del sito. Così, ispirandomi al grande scrittore che porto nel nome, ho scritto una commedia su misura per i cani di Pompei. Due cortigiane chiamate Bacchidi, bellissime, chiome di seta, ingioiellate come imperatrici, arrivano a Pompei e incontrano davanti alla mensa ponderaria un certo Plautus (il sottoscritto). Innamorate del suo manto bianco, delle grandi orecchie e del naso signorile a tartufo, decidono di adottarlo e di prenderlo con loro nel loro palazzo di Napoli con fontane, meraviglie e 100 ettari di parco. Quando stanno per caricarlo sulla loro littorina, Plautus abbaia tre volte e subito, da ogni vicolo della Pompei perduta, ecco schizzare code festose, nasi e musi felici. Tutti vogliosi di partire per Napoli (ma anche per Roma, Firenze o Milano) per cercare e trovare nuovi padroni da amare.
Per cominciare una nuova vita.
Non dimenticate i cani di Pompei
A cura di Stella Pende, scrittrice, giornalista e animalista


I cani nell’antica Pompei e
negli apparati decorativi delle domus

Nelle case di Pompei il cane era piuttosto diffuso e frequentemente raffigurato.
I cani da caccia erano scelti in base alle caratteristiche delle prede: più veloci quelli destinati all’ inseguimento di lepri, caprioli e cervi, più massicci quelli usati, ad esempio, nella caccia al cinghiale.
I cani, che guardavano le greggi, i cosiddetti cani-pastore, erano selezionati tra quelli a pelo bianco: era, infatti, necessario che di notte potessero distinguersi dai lupi che attaccavano le greggi, incutendo loro timore con la propria presenza.
I cani da guardia, i cosiddetti cani alla catena, di cui si conserva un famosissimo calco, erano scelti invece tra quelli a pelo nero, che erano poco visibili di notte, per sorprendere il ladro che tentava di introdursi in casa.
A riprova di ciò, nelle raffigurazioni decorative i cani alla catena sono di colore nero, mentre quelli raffigurati in scene pastorali sono bianchi.

Pompei ha restituito alcuni esempi negli apparati decorativi degli edifici di cani alla catena
Il più famoso, realizzato in mosaico, con la nota scritta “Cave canem” è stato rinvenuto all’ingresso della Casa del Poeta Tragico (VI, 8, 3).
Un altro esempio, sempre all’ingresso ed in mosaico, è nella Casa di Paquio Procuro (I, 7, 1).
Un terzo esempio è invece dipinto su un pilastro del Termopolio I, 12, 3 e si richiama chiaramente al noto passo del Satyricon di Petronio Arbitro che dimostra il frequente uso di queste immagini negli edifici romani: “Guardavo incuriosito, quando sobbalzai così improvvisamente che quasi mi spezzavo una gamba. Sulla sinistra, vicino alla guardiola del portiere, era dipinto un grosso cane alla catena, che sembrava vivo, con al di sotto scritto in maiuscolo: “ATTENTI AL CANE”.
Nella Casa di Orfeo (VI, 14, 20), infine, durante lo scavo dell’atrio e degli ambienti limitrofi si riuscì a realizzare il calco di un cane ancora legato ad un bastone in quanto venne rinvenuto nello strato di materiale vulcanico.

Dichiarazione Gianluca Felicetti, presidente LAV
“Finalmente, grazie al Commissario delegato all’Area archeologica di Pompei, Marcello Fiori, si opera un intervento sul randagismo negli Scavi e questo con la richiesta partecipazione delle associazioni animaliste, unendo obblighi di legge, finora non rispettati, alla competenza e alla passione del volontariato – ha detto Gianluca Felicetti, presidente LAV – Il progetto assicurerà il benessere dei cani ospiti dell’Area Archeologica, fino a prevedere la loro adozione da parte di famiglie idonee. Una positiva sinergia realizzata con l’importante patrocinio del Ministero della Salute, a dimostrazione che coniugare tutela dei visitatori e tutela degli animali è possibile e che le bellezze archeologiche si possono sposare con interventi informativi ed educativi per ricordare che l’abbandono di animali è un reato che comporta la reclusione fino a un anno o la sanzione fino a diecimila euro e che ogni Forza di Polizia locale e nazionale è chiamata ad intervenire”.



Dichiarazione Carla Rocchi, presidente Enpa
“La collaborazione tra il Commissario Delegato all’area archeologica di Pompei - dottor Marcello Fiori - e le associazioni animaliste Enpa, LAV e Lega Nazionale Difesa del Cane dimostra la volontà di affrontare, in maniera coordinata e con finalità comuni, il problema annoso della presenza nell’area dei cani fin qui accuditi con amore e buona volontà solo da privati cittadini – dichiara Carla Rocchi, presidente Enpa - Dopo la positiva esperienza di lavoro comune in Abruzzo, le associazioni animaliste e le istituzioni si pongono la sfida di censire, sterilizzare e tutelare i cani degli scavi, ottimizzando le rispettive competenze per offrire ai visitatori il più ampio godimento dei capolavori archeologici e di un felice e positivamente gestito rapporto uomo/animale. Pompei ospita le tracce archeologiche della passata convivenza tra le persone e i cani e, in continuità, dimostra come anche oggi l’estetica e l’etica possano andare di pari passo.”



Dichiarazione Laura Porcasi Rossi, presidente Lega Nazionale per la difesa del cane
“I cani, che da sempre fanno parte di Pompei Scavi, avranno finalmente un’identità, una dignità e una realtà loro e non saranno più considerati un problema, bensì un valore aggiunto, grazie proprio a questo progetto che si varrà della preziosa sinergia tra le Istituzioni e le più importanti Associazioni animaliste – aggiunge Laura Porcasi Rossi, presidente Lega Nazionale per la difesa del cane - Siamo certi che questo progetto avrà molta risonanza, in quanto unico, concreto e innovativo, perché dà la possibilità a questi cani, in attesa della loro adozione, di rimanere all’interno del loro territorio in una città, come quella di Pompei, che è considerata patrimonio dell’umanità. Inoltre, voglio sottolineare che si può contare su un tessuto di volontariato notevole, pronto a recepire e quindi a sviluppare nel migliore modo possibile il progetto stesso; un progetto, quindi, che non può fallire e che è sotto gli occhi di tutto il mondo. Auspico che questa sia la prima di una serie di proposte messe in atto proprio in una regione dove sono presenti gravi problematiche ambientali.”