Ruoli e componenti del gotha del clan Gionta. È stato questo l’oggetto della quarta udienza dedicata alla requisitoria del pubblico ministero nel processo denominato “Alta Marea” che vede alla sbarra un totale di centodieci persone tutte presunte affiliate al clan Gionta di Torre Annunziata. Il sostituto procuratore antimafia, Pierpaolo Filippelli ieri mattina nell’aula bunker ha spiegato al gup Caputo il ruolo di personaggi di prim’ordine all’interno della cosca di Palazzo Fienga. A partire da Aldo Gionta, figlio del fondatore Valentino, che secondo le indagini della Dda continuava a svolgere un ruolo di coordinamento anche dal carcere. Lo dimostrano le diverse intercettazioni ambientali nel corso delle quali si fa riferimento al “permesso” di svolgere determinate azioni da chiedere ai “carcerati” e alle loro conseguenti “imbasciate”. A questo vanno aggiunti i pizzini che ha cercato di far uscire dal carcere di massima sicurezza dove è detenuto tra cui la controversa lettera al figlio Valentino in cui si raccomandava di guardarsi sempre dalle “guardie” e di imparare a sparare. A seguire è toccato a colui che è stato durante la detenzione di tutti i Gionta il reggente del clan; Gennaro Longobardi.

Secondo la pubblica accusa è stato lui a tenere le fila del clan fino alla scarcerazione di Pasquale Gionta e a continuare ad essere una voce privilegiata nel clan anche durante la reggenza del secondogenito di Valentino. Soprattutto mandante di estorsioni, la sua specialità, ma anche, come è stato accertato in primo grado dalla Corte d’Assise di Napoli, di omicidi. Altro ras del clan finito sotto la lente di ingrandimento della Dda è stato Giovanni Iapicca, killer e uomo di estrema fiducia all’interno del sodalizio. L’analisi è poi passata al più grande affare del clan di Palazzo Fienga; la droga. Fondamentali per questo business il ruolo di Giuseppe Coppola e Carmine Savino, il primo addirittura autore di “viaggi” in Sicilia per rifornire le piazze della cosca dei Santapaola, il secondo gestore della piazza di spaccio di via Bertone di proprietà esclusiva di Pasquale Gionta. Nonostante il loro impegno nella “azienda di famiglia” venivano utilizzati anche come killer visto il tentato omicidio di Tullio Calabrese a cui, secondo il tribunale di Torre Annunziata, avrebbero partecipato. Coinvolti nel traffico di droga anche il padre di Carmine, Felice Savino la cui posizione è stata sviscerata insieme a quella della moglie Antonietta.

Altro narcos in trasferta e fonte di smistamento della droga in altre regioni è secondo la Dda, Mario Donnarumma già coinvolto in altre inchieste e processi al di fuori della Camapania. Analizzati anche i profili di responsabilità di coloro che avrebbero curato la logistica dei trasporti di sostanza stupefacente, Carmine Romeo e Carlo Cipriano. La prossima udienza è stata fissata per metà febbraio data fino alla quale le difese potranno studiare i verbali dell’udienza di ieri.