Ritorno a cavalcare l’onda dei ricordi dopo una decina d’anni. Allora era un motivo elegiaco a spingermi; c’era da festeggiare un’impresa incredibile che dava lustro ad un blasone per troppo tempo rimasto al palo. Ma no, il solito decennio passato a raccattare illusioni, occasioni mancate di un soffio ma pur sempre svanite. Come allora adesso riprende l’entusiasmo, la “febbre bianca” che Luce ha riacceso, con i suoi proclami, le sue azioni, la sua organizzata ambizione.
Mi passano allora per la mente i Padovani e Rossi, i Di Mauro e Malvestiti, i Villa, Lunerti, Mariani, Santin, Griffi, Eco, Pappalettera, Genisio… i tanti personaggi di una storia che vuole rinverdirsi nei De Liguori, Stendardo, Meloni prossimi venturi.
Da cosa inizio?
I primi ricordi sono quelli di un campetto senza tribune (il “Formisano”), con una rete di recinzione precaria e la stretta di mano di mio padre che tentava di seguire le evoluzioni di una squadra bianco scudata senza perdermi d’occhio. “Palett” sentii ad un tratto gridare: era un tiro ben indirizzato di Manfredi (?) che finiva sul palo a completamento di una “folata” offensiva.
Erano bianchi targati Torrese che facevano rinascere il calcio a Torre nel dopoguerra ed era una compagine che si manteneva sul contributo dei tifosi. Ricordo i pranzi a casa mia non certo “luculliani” ma, per così dire, di “solidarietà” per atleti che portavano il nome ai più sconosciuti di Gho e Sampietro, sbarcati a Torre non so bene da quali lidi, dalle dubbie capacità tecniche ma dalla …fame sicura.
Poi ricordo l’inaugurazione del Comunale, la festa con il Cirio e l’ennesimo ritorno a casa dopo l’esilio al “Bellucci” di Pompei.
I ricordi scorrono veloci e mi portano al Savoia delle finali del campionato dilettanti con Cavese e Caivanese, prima allenato da Pesaola e poi dai subentranti Spartano e Lopez, che intraprese un percorso virtuoso passato attraverso le meraviglie dei Boesso, Bertossi, Da Dalto…Padovani, che un manipolo di pazzi capitanati dall’Avv. Lello Pagano era riuscito a mettere su tra mille difficoltà ma con la consapevolezza che sarebbe stato seguito dai tanti torresi assetati di Savoia.
Mi fermo, macchè, devo ricordare il Savoia di Prisco, Decina, quello dei Farinelli e quello dei Russo ed anche dei Moxedano, anche se mi verrebbe voglia di cancellare questi ultimi dai miei ricordi per come si sono comportati e per le macerie che hanno lasciato da cui solo ora ci risolleviamo.
C’è davvero tanto da raccontare e cercherò di farlo se mi si darà ancora spazio.

Gaetano Piro