Trecento tifosi ad aspettare i loro eroi di ritorno da una vittoria non certo decisiva per un campionato come potrebbe essere quella dell’ultima gara ma solo confermativa di una superiorità schiacciante della squadra rispetto a tutte le altre del girone.
Eppure gli oltre trecento assiepati nell’antistadio del “Giraud” sono l’ennesima dimostrazione dell’affetto che essi nutrono per la loro squadra, conferma di un amore ed una riconoscenza senza limiti.
E come non sottolineare lo spettacolo offerto nella notturna con il Marcianise, dall’illuminazione della curva all’inizio ai canti durante la partita, soprattutto quello intonato quasi allo scadere, con la squadra sull’1-2, “La capolista se ne va…”.
Possiamo immaginare i brividi provati da Scarpa e compagni, senz’altro superiori a quelli provati dal sottoscritto, perché loro potevano ancora fare qualcosa per raddrizzare la situazione.
E l’hanno fatta, alla grande.
I tifosi, appunto. E’ venuto il momento di mettere a fuoco questo sigillo inestricabile tra le due anime del Savoia: la squadra ed il suo pubblico; un pubblico fatto soprattutto da popolo, ragazzi del
Allo stadio nella notte magica di mercoledì si sono anche viste intere famigliole, padre, madre ed anche figlioletto, richiamate dalla possibilità di assistere ad uno spettacolo finalmente non violento e capace di dare adrenalina e soddisfazione.
E’ questo il miracolo fatto da Lazzaro Luce e dai suoi ragazzi; un miracolo capace di riscattare un’intera città da tanto tempo mortificata e soprattutto l’anima popolare di questa città.
E sì che il Savoia non è nato proprio in che modo espressione popolana.
Si era agli inizi del secolo scorso e Torre era quello che negli ultimi anni è diventato il Nord Est di Italia: una serie di piccole industrie in un territorio ristretto a produrre pasta, la famosa arte bianca, messe su da industriali locali dalle grandi vedute che davano lavoro praticamente a tutti.
Grazie alle sue industrie ed al suo porto la città si apriva al mondo dei commerci e nascevano scambi culturali che avrebbero lasciato il segno.
Uno di questi fu rappresentato sicuramente dall’approdo di naviganti del Regno unito che magari, nella pausa tra uno scarico di carbone ed un altro trassero dal loro bagaglio una sfera di cuoio, di cartone o forse di soli stracci e si misero a sgambettare e a tirare calci.
Che scoperta per gli indigeni, quale sorpresa e quale felicità nell’unirsi agli ospiti ed a rivaleggiare per sospingere tra i pali quel pallone. Nacque così il football presso Torre Annunziata e ben presto doveva diventare lo sport di tutti.
Raccontava Nardino Sfera:”… Il gruppo dei tecnici che diedero il là all´insorgere della passione era sorretto, anzi "sobillato" dal cav. Ciro Ilardi, un industrialotto della pasta, e poi Pasquale Fabbrocino, cavaliere e presidentone, don Teodoro Voiello, dall´italiano perfetto: i lividi erano… melenzane, Cesarino Mazza, Raffaele Di Giorgio, Vincenzo Corcione, una agguerrita troupe dirigenziale…“…All´inizio il calcio fu quasi esclusività di studenti e figli di papà. Poi le file si ingrossarono e si aprirono anche ai "popolani".
Personalmente ho vissuto l’era dei popolani, dagli anni sessanta in poi, quando per conoscere il risultato del Savoia di Boesso e Padovani fuori casa correvo presso il Bar Palumbo, al Corso Vittorio Emanuele che aveva un collegamento telefonico…dedicato da cui estrarre appunto il risultato. Erano anni che il tifo era monopolizzato dalla zona sud di Torre da cui nacque il primo Club Savoia, quello dei “Fedelissimi” voluto e gestito da Antonio Bellomo di via Oplonti.
Da lì nacque il gruppo che tanto doveva significare per il Savoia, quello formato da “Limone”, “Zacchiello” e successivamente “Mimmolino” che nei momenti veramente drammatici del Savoia hanno sempre fatto valere le loro idee …rivoluzionarie, portando alla guida della squadra personaggi impensabili, ultimo Luce e precedentemente Viglione e poi Moxedano.
Costrinsero addirittura Pasquale D’Amelio a partecipare ad una vicenda forse più grande delle sue possibilità economiche pur di non far morire il Savoia, dopo la parentesi dei fratelli Russo che si esaurì nel giro di pochi anni, pur essi densi di soddisfazioni ma anche di grandi mortificazioni.
Nel momento dell’ennesima resurrezione è il caso di non dimenticarsi di questi personaggi che incarnano l’anima popolana del Savoia.

Gaetano Piro