Uno straordinario paradiso sommerso, che ospita un concentrato di pesci, il famoso corallo rosso del Mediterraneo, spugne e gorgonie, a pochi chilometri dalla foce di un fiume che soffre per la presenza di veleni sversati da concerie e insediamenti industriali. Questo miracolo della natura si chiama Banco di Santa Croce e si trova alle porte della famosa costiera sorrentina. "Si tratta di una miniera di biodiversità - spiega Valerio Zupo, ricercatore della Stazione zoologica "Anton Dohrn" di Napoli - stranamente collocata vicino ad una delle aree più inquinate d´Europa, la foce del fiume Sarno in Campania, ricca di nutrienti organici ma anche di fanghi tossici, nonostante i tentativi di ripristino dell´equilibrio ecologico". Come avviene il "miracolo"? "Grazie ad una particolarissima combinazione di correnti, - afferma l´esperto - la maggior parte degli inquinanti precipita alla foce, mentre quella che galleggia viene spinta al largo. A rimanere sono i nutrienti organici, che innescano la rete trofica locale e danno nutrimento a forme di vita: fra pesci e piante, abbiamo classificato poco meno di duemila specie". La sua "fortuna" é che non è visibile dall´esterno, anche se i pescatori locali la conoscono bene.
"In dialetto - precisa Zupo - il Banco veniva chiamato "caurarusso", che significa "calderone", una specie di grosso pentolone: all´esterno infatti è costituito da una serie di guglie rocciose, disposte in circolo, con al centro una depressione di oltre 40 metri, mentre la guglia più alta è a 11 metri di profondità: per questo non si vede dall´esterno". Dalla sfolgorante gorgonia rossa, la "Paramunicea Clavata, fino al "Corallium Rubrum", il corallo rosso già raro nell´intero Mediterraneo, fino al falso corallo nero, "Gerardia Savaglia", sono queste alcune delle forme di vita che popolano questo specchio d´acqua. "Il Banco di Santa Croce - precisa Zupo - è ancora ricco di ´filtratori´, cioé microrganismi che filtrano l´acqua, come le gorgonie, soprattutto di specie ´Eunicella´, di vari colori: se ne trovano di rosse, bianche e gialle, a varie profondità. Poi si trovano spugne ´incrostanti´, generalmente di colore marrone e che prendono la forma della roccia". Qui abitano anche pesci e crostacei. "Non mancano gamberoni, aragoste e polpi, - spiega l´esperto - ma anche pesci, come cernie, scorfani, saraghi, tagri e tordi verdi. Le cernie raggiungono dimensioni notevoli, anche di decine di kg: di fatto dal Banco arriva il pesce che viene catturato nelle zone circostanti. Secondo una simulazione al computer di qualche anno fa, la produzione è simile a quella di un impianto di acquacoltura molto efficiente".
Su proposta dell´associazione Marevivo, l´area è già da tempo zona di tutela biologica e quindi è vietata, nel raggio di 300 metri, qualsiasi attività di pesca, sia professionale sia sportiva. Con la cessione del demanio marittimo alle Provincie e quindi ai comuni interessati, "Marevivo - spiega Rosalba Giugni, presidente dell´associazione - in collaborazione con il comune di Vico Equense, vuole istituire un´oasi per tutelare e monitorare l´area del Banco di Santa Croce. L´idea è quella di effettuare tutte le operazioni di tutela e monitoraggio con la divisione sub dell´associazione, in collaborazione con la Protezione Civile e i gruppi di volontari locali, ma anche tramite l´uso di telecamere webcam, per controllare infrazioni ai divieti". Secondo Zupo infatti "una maggiore azione di controllo sarebbe utile per preservare quello che c´é ancora". Purtroppo la zona subisce anche qualche danno causato dall´aumento delle temperature del Mediterraneo, "con una moria di microrganismi e l´arrivo di mucillagini. Ma una vera e propria calamità naturale è la malattia delle gorgonie del Tirreno: i polpi cominciano a morire e rimane solo lo scheletro".
(dall´Ansa) Chiara Spegni