Il grave attentato di Brindisi ha scosso l´opinione pubblica, in particolare quella del mondo scolastico. All´invito loro rivolto dal preside prof. Felicio Izzo, e che con piacere riportiamo in questa paginant, gli alunni del "de Chirico" di Torre Annunziata hanno risposto con un´installazione e uno spontaneo, silenzioso, raccoglimento in cortile. Domani sera è prevista una fiaccolata organizzata da Don Ciro Cozzolino.

"Il lutto si onora con la vita - scrive il preside Izzo - La vitalità della scuola, rinnovata e riaffermata, è l’unica risposta possibile alla barbarie di Brindisi. Con tale convinzione si confermano tutte le attività previste, anche quelle pomeridiane già in programma.
L’invito ai docenti, nel rispetto delle singole inclinazioni, volontà e disponibilità, è quello di lasciare spazio, stamane, a qualche momento di riflessione sui fatti accaduti.
Quello rivolto agli alunni è di affidare alla pagina scritta qualche pensiero* o, secondo propensione e talento, tradurlo in segno, materia, assecondando il proprio talento artistico. Lo sdegno, la partecipazione, la commozione, se muti, sanno, talvolta, fare più rumore.
Quanto a me, mi permetto due riflessioni, se le troverete stucchevoli, ritornate nella lettura a “rumore” e ritenetela chiusa lì questa comunicazione.

"La prima, nell’urgenza della commozione, di carattere più personale.
Alla notizia di quanto accaduto non ho pensato ai miei figli. I figli sono altro, non si pensa a loro come studenti. E se si è dimenticato quando avevano le mani che riuscivano a stento a stringere due falangi dell’indice e magari sorridevano o piangevano, che allora era lo stesso, poco importa. I figli sono questo e tanto altro ovviamente, non ultima la nostalgia, nel vederli appartenenti così completamente al mondo, di quella stretta alle due falangi dell’indice. Ma ai figli, almeno io, da padre, non penso come a studenti.
Per questo, alla notizia, ho pensato a voi, a voi ragazzi della scuola, quelli che incrocio per le scale, quelli che passano dalla presidenza, quelli che mi salutano e dei quali ignoro il nome ma non il sorriso, quelli della quotidianità condivisa nei viaggi d’istruzione. Ho pensato a voi e a quelli che sono stati miei studenti che non mi ricorderanno solo per “i più deserti campi …”o “Gallia est omnis divisa…” o “il girasole impazzito di luce”, ma (almeno così mi piace pensare), per qualcosa di più personale, come qualcosa di più intimo mi hanno lasciato loro, quasi ognuno di loro.
Ho pensato a voi; ho pensato a loro e ho preferito subito rinunciare al pensiero, abdicare alla ragione per sottrarmi alla vergogna e all’orrore di condividere l’appartenenza ad una medesima umanità con chi è stato capace di tanto.

La seconda è una riflessione resa amara da quel gusto per il paradosso, di matrice pasoliniana, del quale talvolta mi compiaccio.
E’ stata colpita la Scuola, quella spesso ignorata dallo Stato, quella a rischio sicurezza per quasi il 30% degli istituti, quella oltraggiata talvolta da ministri “superficiali” (“l’egìda”, i neutrini…) ed indisponenti nei loro supponenti “musi asciutti”, come si usa dire dalle nostre parti, o “a c… di gallina”, come, invece, si usa negli ambienti colti quando si vuole, in un empito di democratismo, indulgere al gergale; la Scuola delle tragedie di Rivoli o di S. Giuliano, quella degli investimenti ridotti o dimenticati.
Quindi, ed è qui il paradosso, la Scuola, quella Scuola, la terrificante macchina del terrore l’ha individuata come l’obiettivo più importante, l’ha consacrata il punto nevralgico dei punti nevralgici, prima e più dello Stato stesso, a dispetto di una certa distratta attenzione istituzionale. Che si tratti poi di terrorismo politico, stragismo mafioso o singola follia, è solo un miserevole dettaglio. Si è scelto di colpire la Scuola in quanto costituisce il centro di più intensa e condivisa umanità, la sintesi stessa della vita nella trasversalità sincronica e storica di età, ruoli, emozioni, ricordi, desideri, sogni, amicizie, amori. Non c’è parabola umana estranea agli anni di scuola, ai tanti amici, ai molti amori, agli innumerevoli ricordi. Nel filtro del tempo svaniscono anche le “lacrime” per qualche quattro o una bocciatura. Per molti di noi, noi docenti, i desideri e i sogni della nostra scuola sono divenuti ricordi. Tanti li abbiamo dimenticati, qualcuno però proviamo ancora piacere a riconoscerlo nei vostri, di voi alunni, occhi, nei vostri sorrisi.
Con la Scuola si è colpito quello che Calvino definisce un emblema, “qualcosa che una volta visto non si può dimenticare né confondere”. E la Scuola è l’emblema tra gli emblemi. Perché la Scuola l’abbiamo vista tutti. E vissuta. Ma proprio tutti.

*Mi piacerebbe vederli e raccoglierli"