La RDC, (Repubblica Democratica del Congo), sede della prossima tappa de “A nuoto nei mari del globo”, (23 – 30 aprile, regione del Nord-Kivu, da Kiumba, isola di Idwji a Goma, 40 Km), se disponesse dei mezzi necessari per sfruttare il proprio sottosuolo ricco di gas, petrolio, diamanti, oro, coltan, ( colombo e tantalite ), e cassiterite, (il 70% dell’ intero pianeta) – e grazie ad una posizione geografica ideale, sarebbe con ogni probabilità uno dei paesi più ricchi e accoglienti al mondo.

Al contrario, come in quasi tutti i paesi del continente nero, il colonialismo prima e le sciagure provocate dalle guerre e dalla natura poi, hanno impedito che questo meraviglioso paese crescesse e si sviluppasse nella pace e nella democrazia.


Oggi la RDC è uno dei paesi più poveri della Terra, e la presenza sul territorio di organizzazioni laiche e religiose, insieme all’impegno delle autorità locali, non è sufficiente a rispondere con efficacia alle richieste di aiuto provenienti dalla popolazione che vive, purtroppo, in condizioni disumane.

Infatti i servizi come la sanità, la mobilità, l’istruzione e la sicurezza sono del tutto inaccessibili se non per pochi gruppi. In una società precaria come questa la corruzione e la delinquenza organizzata dilagano a dismisura gravando ancora di più sull’inerme popolazione.


Durante la mia permanenza a Goma, per organizzare la prossima tappa, sono stato ospitato, assistito e supportato con affetto e competenza da Padre Paolo Di Nardo, da quasi 30 anni nella RDC come missionario dei Caracciolini, che tra un incontro e l’altro con le autorità civili e militari mi ha descritto le enormi e scandalose difficoltà che la popolazione è costretta ad affrontare, realtà che ho potuto constatare di persona visitando il Centro Protesi e il Centro di Igiene Mentale di Goma.

La mancanza dei più elementari mezzi di sopravvivenza si ripercuote tragicamente sulla popolazione: l’80 per cento delle famiglie non può permettersi di mandare i figli a scuola, l’analfabetismo dilaga; patologie lievi, come una semplice influenza, si trasformano quasi sempre in una patologia grave per l’assoluta povertà che impedisce l’accesso ai farmaci; la situazione si aggrava ulteriormente per le persone con disabilità: l’handicap è vissuto come una vergogna dalle famiglie – tanto che i bambini che nascono con malformazioni vengono abbandonati notte tempo – e le strade non asfaltate, piene di buche, edifici non a norma, assistenza quasi del tutto inesistente costituiscono fattori assolutamente negativi che vanno ad aggiungersi ad un’esistenza già di per sé faticosa. Il tema della totale assenza di sicurezza è un ulteriore aggravio che grava su un sistema in cui solo i ricchi godono delle ricchezze offerte da questa terra, ricchezze che contrabbandano con grande convenienza personale senza nulla lasciare a beneficio dell’intera collettività.


Mi appello a quelle realtà che operano nel mondo dell’assistenza e della riabilitazione protesica perché facciano un passo avanti, cooperino e contribuiscano al cambiamento di questa triste realtà. Migliorare e garantire le condizioni sanitarie d’eccellenza e la cura dei bambini e degli adulti ammalati e con disabilità è un dovere del mondo occidentale.
Il sistema sanitario pubblico congolese si trova oggi in condizioni estremamente precarie dal punto di vista strutturale e finanziario e non è in condizione di far fronte alle necessità di prevenzione, di assistenza e di cura per gran parte della popolazione.

Sono anni che l’OMS denuncia questa grave realtà, ecco perché è necessario e urgente rafforzare le capacità d’intervento e di sostegno in favore di queste popolazioni indifese, in modo da scongiurare il loro abbandono da parte della comunità mondiale.



Le realtà presenti sul territorio – penso ai Caracciolini che ho conosciuto nel loro impegno quotidiano, a Padre Paolo, sempre entusiasta, mai stanco, ai giovani preti disponibili e votati ad una missione di accoglienza e sostegno davvero rari e quasi sconosciuti al mondo occidentale, a Veronique, coraggiosa e competente fisioterapista e, naturalmente, al Vescovo Kaboy Ruboneka che veramente incarna i precetti cristiani con piglio e convinta determinazione – vanno, io credo, aiutate in questo importante percorso di solidarietà.

Voglio sperare che al mio ritorno a Goma, il prossimo 15 aprile, porterò buone notizie ai bambini, agli adolescenti e agli adulti assistiti dal Centro Protesi e dal Centro di Igiene mentale.

Spero di avere tantissimi regali da donare ai bambini ospiti dell’orfanotrofio di Padre Paolo.

Con Affetto
Salvatore Cimmino