“Per sconfiggere la mafia non basta la repressione. La mafia sarà sconfitta soltanto quando la società civile farà sentire la propria voce”. Sono le parole pronunciate dalla professoressa Maria Pia Falcone, sorella del magistrato ucciso dalla mafia nel maggio del 1992, intervenuta nel corso del dibattito pubblico che si è svolto nel pomeriggio presso l’aula del Tribunale di Torre Annunziata dedicata a Giancarlo Siani. Ad aprire l’incontro, all’insegna della speranza, il Presidente Vincenzo Maria Albano, per il quale la memoria di Giovanni Falcone può costituire l’inizio di un percorso di giustizia più che di legalità.
Per poterlo attuare occorre, però, imporsi come cittadini prima ancora che come magistrati.
“Viviamo in un paese messo in ginocchio dalla criminalità organizzata - dichiara Albano - ed è nostro dovere reagire a questo stato di cose. L’impegno di giustizia e forze dell’ordine non è, però, sufficiente. Occorre restituire ai ragazzi del Penniniello e a quelli di tutti gli altri rioni malfamati, la possibilità di vivere la loro età con spensieratezza; occorre infondere in loro la speranza nel futuro, seppur vissuto nei vicoli di una città come Torre Annunziata”.
La parola passa poi al magistrato Marmo, il quale sottolinea, con tono commosso, come le persecuzioni nei confronti di Falcone siano iniziate quand’egli era ancora in vita. Un’unica colpa: voler compiere fino in fondo il proprio dovere. Sugli alibi cui si aggrappa buona parte della società civile si sofferma il sindaco Giosuè Starita: “Molti cittadini sono soliti giustificare i proprio comportamenti scorretti alla luce di problematiche molto più urgenti e complesse cui dar peso” ; la camorra, dunque, costituisce spesso il dito dietro cui nascondere tanti piccoli episodi di microcriminalità compiuti da quella fetta di popolazione che si adagia sulla ormai duratura condizione di disagio che caratterizza Torre Annunziata.
Bisogna, perciò, “creare un percorso di vivibilità, perché dove c’è la camorra non ci può essere sviluppo” e le forze dell’ordine stanno contribuendo a dare un aiuto estremamente importante in tal senso. L’incontro si chiude con la preziosa testimonianza della professoressa Falcone che sostiene essere abituata alle aule scolastiche piuttosto che a quelle di tribunale.
Il suo impegno costante è, infatti, quello di spiegare ai ragazzi, attraverso l’esempio di un fratello che ha pagato con la propria vita la vocazione innata alla giustizia, quanto sia importante il loro modo di porsi nei confronti della criminalità.
Un filmato che ha fatto il giro di tantissime scuole viene infine proiettato sullo schermo: si tratta dell’ultima intervista rilasciata da Falcone prima del maxiprocesso.
Ci troviamo, così, a ripercorrere le ultime tappe della vita di un uomo eccezionale nella sua normalità, affascinato dalla valutazione oggettiva dei fatti; un uomo consapevole delle proprie scelte e che aveva compreso che “l’essenza della dignità umana sta nel compiere fino in fondo il proprio dovere”.
Rosalba Cirillo