Il 12 dicembre scorso, in una scuola materna di Ciampino, alle porta di Roma, un pezzo di solaio è crollato, ferendo lievemente una bambina di 5 anni. Soltanto il caso ha voluto che non ci fosse una tragedia.
A distanza di pochi giorni, in provincia di Napoli, nel comune di Cardito, un episodio analogo. Anche qui una parte di soffitto in un istituto elementare viene giù e per fortuna non ci scappa il morto.
Sono solo gli ultimi in ordine di tempo di una lunga serie di drammatici episodi che si sono verificati, e che periodicamente si verificano, negli edifici scolastici pubblici sparsi sul territorio nazionale, alcuni con conseguenze ben più dolorose. Cronache che nulla hanno a che vedere con l’educazione e la formazione di bambini ed adolescenti ma che, piuttosto, restituiscono l’idea di un vero e proprio bollettino di guerra.
Pubblicato lo scorso novembre, il XIII rapporto “Ecosistema Scuola” di Legambiente fotografa con cura lo stato dell’edilizia scolastica pubblica nel nostro Paese. Il quadro che ne viene fuori è a dir poco allarmante.
Molte emergenze e poche eccellenze per un’edilizia scolastica ancora ferma agli storici problemi:

“un patrimonio edilizio vetusto che per quasi il 60% è stato costruito prima dell’entrata in vigore della normativa antisismica, che per il 33,70% si trova in aree a rischio sismico e per il 10,67% in aree ad alto rischio idrogeologico e che gli enti locali proprietari dichiarano che per quasi il 36% ha necessità di interventi di manutenzione urgenti.
La prima emergenza rimane ancora quella della messa a norma: quasi metà degli edifici non possiede le certificazioni di agibilità, sono ancora tantissime, più del 65%, le scuole che non possiedono il certificato di prevenzione incendi.
Una fotografia che nella sostanza è confermata anche dai primi dati dell’Anagrafe dell’edilizia scolastica che il Ministero dell’Istruzione ha reso pubblici all’inizio di quest’anno scolastico, ma che dopo sedici anni dalla Legge 23 del 1996 che istituiva l’Anagrafe stessa, devono essere ancora completati e resi accessibili a tutti quei cittadini che chiedono chiarezza e trasparenza rispetto alla qualità e sicurezza della scuola in cui lavorano e mandano i propri figli.”

L’esito di tale indagine non può non indurre ad una profonda riflessione sul tema. Ancora di più alla luce del dibattito che sta animando il nostro Paese in vista delle prossime elezioni politiche. Come non notare che nelle agende programmatiche delle varie forze politiche un piano di rilancio dell’istruzione pubblica rimane tuttora una Cenerentola? Sistematicamente violentata dai tagli scellerati degli ultimi anni, la scuola pubblica italiana rischia, anche materialmente, di ridursi ad un cumulo di macerie.
Mentre apprendisti stregoni vecchi e nuovi tentano di sedurci con le loro trovate propagandistiche, pare che in pochi abbiano la consapevolezza della gravità del problema, oltre che del fatto che la tanto agognata crescita economica non potrà prescindere anche da una Scuola e da un’Università di livello europeo, sul piano dei contenuti quanto su quello infrastrutturale.

I dati sopra riportati, però, aprono anche un altro fronte di riflessione, che abbandona il piano nazionale per spostare il focus sulle vicende regionali e locali. In Campania, come per altri settori, le emergenze nazionali si presentano in forme ben più acute e drammatiche. E’ lo stesso rapporto di Legambiente a confermarlo:

“Gli edifici scolastici per il 91,40% sono posti in strutture nate per ospitare scuole, l’8,04% in edifici storici, il 5,06% risulta in affitto.
Nessun edificio risulta costruito secondo i criteri della bioedilizia, il 75,66% è posto in aree a rischio idrogeologico elevato, il 74,16% in aeree a rischio vulcanico. Solo il 6,65% degli edifici risulta costruito secondo criteri antisismici, il 27,99% quelli in cui è stata effettuata la verifica di vulnerabilità antisismica a fronte di un 83,33% di edifici posti in aree a rischio sismico.
Alto il dato sulla necessità di interventi di manutenzione urgente (51,12%), 35,79% quello medio nazionale, molto basso quello sulla media degli investimenti per la manutenzione straordinaria, quasi l’87% in meno del dato nazionale, e per l’ordinaria, inferiore del 73%.”

Dopo il crollo nella scuola di Cardito, lo stesso Presidente facente funzioni della Provincia di Napoli, Antonio Pentangelo, ha ammesso la gravità della situazione sul nostro territorio, con oltre la metà delle scuole non a norma, e lamentando tagli nell’ordine dei 46 milioni di euro per il 2012 e ben 109 milioni previsti per il 2013.

E a Torre Annunziata com’è la situazione? Siamo un isola felice in un mare agitato? Oppure anche qui non mancano le criticità? Certo, con i trasferimenti dall’amministrazione centrale drasticamente diminuiti e con i vincoli del patto di stabilità, gli Enti Locali si ritrovano in una condizione difficile ma, pur nella complessità della materia, tra responsabilità condivise con Province e Governo centrale, le Amministrazioni Comunali potrebbero fare molto, almeno in termini di monitoraggio costante e di prevenzione.

Su cosa, invece, abbia fatto sin qui e stia facendo la giunta comunale torrese gravano forti perplessità, alimentate dalla tragicomica gestione del bando per la mensa scolastica e da una politica che negli ultimi anni ha privilegiato altri settori, ed altri centri di spesa pubblica, alla cura dell’edilizia scolastica, che non ha avuto l’enfasi che meritava. O, almeno, questa è l’impressione.

E’ di questi giorni la notizia, denunciata da alcuni cittadini sui siti locali, dei disagi, in seguito alle forti piogge, nell’istituto “G. Siani” di via Tagliamonte, con i bambini costretti a far lezione nel refettorio perché il tetto della loro aula era infiltrato d’acqua. Che sia un campanello d’allarme?

Non vorrei che, visto il quadro poco incoraggiante, uno di questi giorni ci ritrovassimo a commentare molto da vicino l’ennesimo episodio di “mala scuola”. Di qui l’appello, mio e di quanti lo vorranno condividere, alle Istituzioni cittadine affinchè si facciano carico della vicenda, avviando un’indagine conoscitiva sullo stato dell’edilizia scolastica in città e rispondendo alle istanze di chiarezza e trasparenza sulla sicurezza delle scuole in cui i cittadini torresi lavorano e mandano a studiare i loro figli. Non può essere un’illusione, di scuola non si può e non si deve morire!

Ma, alla luce anche delle polemiche di questi giorni per l’annunciata chiusura del I Circolo “G. Leopardi”, l’occasione è anche quella di sollecitare un ritorno al centro dell’agenda politica amministrativa del tema della valorizzazione della scuola pubblica, imprescindibile presidio di civiltà, specialmente nei quartieri difficili della nostra città.
Claudio Bergamasco