Il tribunale di Bologna ha emesso un’ordinanza di esecuzione a carico di Fabio Miradossa, trentatreenne di Portici, il cui nome è legato alla morte di Marco Pantani. Il nome di Miradossa, infatti, venne fuori a circa quattro anni dalla tragedia del residence di Rimini perchè fu accusato di aver fornito al campione di ciclismo una dose di stupefacenti. Da tempo aveva ammesso le sue responsabilità patteggiando la pena: sei mesi e 13 giorni, da trascorrere agli arresti domiciliari, e 6.239 euro di multa.

“Qualcuno ce l’avrà sulla coscienza”, ripeteva in quei giorni Vittorio Savini, presidente del club “Magico Pantani” di Cesenatico, città di origine del Pirata. Uno sfogo che balzava sulle pagine del Corriere della Sera del 15 febbraio 2004, il giorno dopo la tragedia, in un articolo che proponiamo a tutti i fans dell´indimenticabile Campione:

Lo hanno trovato sul letto. A torso nudo. I pantaloni del pigiama addosso. Aveva 34 anni. È stato il portiere a dare l’allarme: era entrato nella stanza del residence «Le rose», a Rimini, dove lui aveva preso in affitto un appartamento al quinto piano. Marco Pantani ha smesso di correre. Il Pirata, che nel 1998 aveva fatto sognare gli appassionati di ciclismo vincendo Giro d’Italia e Tour de France, è morto da solo. Ancora è un giallo il come. Probabilmente un’overdose. Non si sa se un cocktail di medicinali troppo forte per errore o scelto dall’ex campione per andarsene. Tra le ipotesi anche quella che il campione possa essere rimasto vittima dell’uso continuato di epo, l’eritropoietina, la sostanza dopante che aveva preso in passato. Non si faceva vedere in giro da due settimane. Ma nessuno si era preoccupato troppo, ultimamente Marco preferiva restare da solo. Anche i genitori, che erano in vacanza in Grecia e si sono rimessi in viaggio in fretta e furia nella notte, si sentivano più sereni. Non immaginavano che il figlio avesse scelto di morire in un palazzo bianco, davanti al mare.
Dicono che avesse cambiato fisionomia. Superava gli 80 chili, adesso. Una volta il suo peso forma era cinquanta. Stava male. Depressione. Abuso di farmaci. Dipendenza da sostanze stupefacenti. Era un uomo in fuga. Il suo ultimo rifugio era quel residence di Rimini. Il piccolo appartamento del quinto piano di via Regina Elena 46 era diventato la sua seconda casa. Quasi più nessuno lo andava a trovare. Ma il proprietario era un suo amico. Ieri, irritato, non ha voluto rilasciare alcun commento della tragedia.

Sulla morte di Pantani è stata aperta un’inchiesta. Fino a tarda notte gli agenti della squadra mobile riminese hanno continuato a fare i sopralluoghi, coordinati dal pm Paolo Gengarelli.
«Qualcuno ce l’avrà sulla coscienza - si è sfogato Vittorio Savini, presidente del club «Magico Pantani» di Cesenatico, città di origine del Pirata -. Marco aveva imboccato purtroppo da tempo una strada con troppe curve, nella quale nessuno gli dava più un’indicazione. Non ci saremmo mai aspettati una cosa del genere». Era diventato un facile bersaglio per molti, accusano i pochi amici che gli erano rimasti. Damiano Zoffoli, sindaco di Cesenatico, ha dichiarato: «Per noi è stato fonte di gioia ed emozione, ora provo una grande tristezza, penso anche ai suoi familiari». La sorella Manola è arrivata dopo mezzanotte accompagnata da Savini. Aveva un cappotto rosa e il viso di pietra. Era sconvolta. Mancava Cristine, l’ex storica fidanzata danese, che adesso vive a Ravenna. La loro storia era finita da tempo.

Pantani a giugno 2003 era andato in un centro specializzato per disintossicarsi dalla droga. Il successo era durato poco. La sua condizione era davvero al limite. I familiari avevano paura ogni volta che prendeva la macchina. Del resto, di incidenti ne aveva fatti parecchi. Uno clamoroso a Cesena, una carambola con la Mercedes contromano che aveva travolto altre quattro macchine parcheggiate. Aveva anche provato a fuggire a Ravenna. Fino a qualche settimana fa stava a Predappio, nell’Appennino forlivese, a casa di amici. Qui alternava battute di caccia all’ozio. Sperava che questo potesse aiutarlo a superare i problemi.
Ma era tardi. E Marco Pantani lo aveva capito. Ieri mattina hanno bussato alla porta del suo appartamento per fare le pulizie. Lui ha farfugliato qualcosa. Era ancora vivo. Era il saluto del Pirata. Nel giorno di San Valentino.

Daniela Camboni