Un nuovo ciclo dei rifiuti nella Provincia di Napoli: basta con “mors tua, vita mea”
Nel DL 90/08 sono stati individuati tre siti per la realizzazione di discariche di rifiuti non selezionati ubicati in aree ambientalmente protette: la cava del POLIGONO a Chiaiano nel Parco Regionale delle Colline dei Camaldoli, le cave SARI e VITIELLO a Terzigno nel Parco Nazionale del Vesuvio e per di più in zone SIC (Sito di Interesse Comunitario) e ZPS (Zona di Protezione Speciale). Tutte e tre le cave sono del tipo a fossa, scavate nel sottosuolo per varie decine di metri e rappresentano la morfologia più facile da usare perché si tratta di riempire un grosso buco. C’è l’insuperabile problema che dopo 15-20 anni al massimo non si può più garantire che non si disperda il percolato nel sottosuolo e nella falda sottostante, anche se l’impermeabilizzazione alla base dei rifiuti è realizzata secondo legge e nel migliore dei modi. Dopo 15-20 anni, infatti, i teli e lo strato di argilla perdono la loro impermeabilità. Una volta che la cava è stata riempita con decine di metri di rifiuti diventa un nuovo giacimento geologico che per l’eternità rimarrà in quel luogo; non sarà possibile fare manutenzione alla base dei rifiuti che non essendo differenziati costituiscono una miscela di RSU e rifiuti provenienti da altre attività che andrebbero smaltiti in altri tipi di discariche.
La Campania, nemmeno dopo 16 anni di emergenza rifiuti gestita direttamente dai vari governi nazionali, non è stata dotata di discariche per rifiuti speciali, pericolosi, tossici ed altro.
Come evidenziato da varie inchieste della magistratura, la Campania è una consolidata importatrice di rifiuti extraregionali, pericolosi in vario modo, grazie alle non adeguatamente contrastate attività delle lobbies malavitose che controllano il territorio agevolmente; ne discende che andrebbe accertato se nelle discariche commissariali militarizzate e inaccessibili vengono scaricati anche rifiuti “non idonei” autoctoni e alloctoni.
E’ immaginabile che il percolato prodotto dalle discariche commissariali ha poco da invidiare alla pericolosità del percolato che si produce nelle discariche illegali.
Le discariche di Chiaiano POLIGONO e di Terzigno SARI sono in via di colmamento e contribuiranno significativamente ad incrementare l’inquinamento delle falde. La scelta dei due siti è stata fatta “fuorilegge” rispetto alle leggi e norme nazionali e comunitarie; la UE farà pagare all’Italia una bella multa. La pagasse Bertolaso, almeno. Lui le ha scelte ben sapendo che erano improponibili. Invece la multa la pagheranno gli Italiani.
La Provincia di Napoli ha un’estensione di 1171 chilometri quadrati pari a 117.100 ettari ed ha 3.076.000 abitanti circa e una densità di 2627 ab/Km²; è quella che produce più rifiuti di tutti i tipi in Campania. Si è calcolato che in un anno il volume di rifiuti prodotto, agli attuali ritmi di differenziazione, è tale da colmare circa 8 stadi costituiti da un campo da calcio e pista di atletica e una tribuna alta circa 10-15 m.
La provincia di Napoli è costituita solo da rocce molto permeabili che ospitano una falda idrica nel sottosuolo ampiamente utilizzata per uso potabile, agricolo ed industriale. Si tenga presente che solo dalle falde dell’Agro Nocerino-Sarnese in circa due mesi di lavorazione delle fabbriche che producono pelati vengono prelevati circa 50-60 milioni di metri cubi di acqua potabile.
Circa 10.000 ettari del territorio sono inclusi in aree ambientalmente protette che rappresentano anche le zone disabitate o poco urbanizzate come il Somma-Vesuvio, parte dei Campi Flegrei e della Collina dei Camaldoli, i Monti Lattari. La maggior parte del territorio provinciale rimanente è rappresentato da aree interamente urbanizzate e da una parte di aree agricole miste a quelle urbanizzate. Il territorio attorno ai Campi Flegrei e al Somma-Vesuvio è stato interessato da molte cave a fossa per l’estrazione di tufi, lave, pozzolane e sabbie vulcaniche; alla base dei rilievi calcarei del Nolano e dei Monti Lattari sono state realizzate varie cave per l’estrazione di roccia.
Nel sottosuolo di tutta la Provincia si trovano falde idriche a profondità variabili da qualche metro a diverse decine di metri; le idrostrutture principali sono rappresentate dai Campi Flegrei ed in particolare dalla Collina dei Camaldoli, dal Monte Somma-Vesuvio e dai rilievi calcarei. In tutte le aree pianeggianti avviene una diffusa infiltrazione delle acque piovane e di ruscellamento che va a rimpinguare le falde che si trova generalmente a pochi metri di profondità.
Per le caratteristiche idrogeologiche, ambientali e la diffusa urbanizzazione (al di fuori della Collina dei Camaldoli e del Somma Vesuvio) in tutto il territorio provinciale non è possibile realizzare impianti che disperdano inquinanti nell’aria, nel suolo, nelle acque superficiali e sotterranee; queste entrerebbero, prima o poi, nel ciclo biologico.
Le discariche a fossa realizzate come quelle di Chiaiano, Terzigno, Giugliano e Villaricca devono essere vietate perché è impossibile ispezionare la base impermeabilizzata e non si può intervenire per effettuare interventi di riparazione e manutenzione della parte più importante e delicata dell’impianto che deve essere sempre perfettamente in grado di impedire la dispersione di liquidi inquinanti nel sottosuolo e nelle falde.
Si deve partire dal fatto che le acque sotterranee servono oggi e saranno indispensabili nel prossimo futuro quando si accentuerà la variazione climatica e la conseguente diminuzione delle precipitazioni piovose.
Si deve evitare, quindi, il loro inquinamento specialmente nelle zone dove avviene la principale ricarica idrica annua delle falde.
Ne discende che nel territorio provinciale non possono essere costruiti inceneritori che brucino rifiuti tal quale misti a rifiuti di altro tipo, come sta accadendo per l’impianto di Acerra.
Nemmeno discariche di grosse dimensioni che non abbiano sistemi di ispezione e manutenzione agevole per garantire la perfetta impermeabilizzazione alla base dei rifiuti che devono essere comunque selezionati.
Allora, che si deve fare?
Opzione zero: si continua a fare come si è fatto finora. Lobbies malavitose incontrastate dominatrici del territorio e lobbies parassitarie protette dal potere assoluto derivante dall’emergenza continuano a realizzare discariche abusive o impianti legali comunque inquinanti in siti non idonei ambientalmente.
Opzione “neocolonialista”: l’immondizia della provincia di Napoli viene trasferita nei territori delle province meno densamente abitate e caratterizzate da un substrato argilloso.
Opzione virtuosa ma obbligata: si attua un progetto speciale per ridurre al massimo la produzione di rifiuti mediante la differenziazione incentivata, il riciclaggio e riuso incentivato. Si attivano impianti regionali per i rifiuti speciali, industriali, pericolosi ecc. Si attiva un moderno sistema di monitoraggio e controllo ambientale.
L’opzione virtuosa ma obbligata deve essere quella da perseguire immediatamente.
Non sembra che tale soluzione sia quella voluta da chi ha comandato nei 16 anni di emergenza rifiuti!
Sabato scorso il sottosegretario Bertolaso (sorvolando sul fatto che da 16 anni è stata istituita dal Governo italiano una struttura che con poteri straordinari doveva avviare in Campania un ciclo dei rifiuti rispettoso delle leggi nazionali ed europee) ha detto chiaramente “Questa regione ora ha ancora molto cammino. C’è bisogno di un serio piano di raccolta differenziata ancora lontana da traguardi accettabili, aprire altre discariche e costruire nuovi termovalorizzatori”.
A parte le facili polemiche su quanto detto da Bertolaso, rimane una seria situazione preemergenziale lasciata proprio dal sottosegretario. Le intenzioni dei poteri assoluti sembrano chiare: attendere che si aggravi l’emergenza rifiuti per imporre i grandi impianti senza cambiare la situazione consolidata in 16 anni di poteri speciali. Tale soluzione, però, è quella più dannosa per l’ambiente e la salute dei cittadini.
Che autonomia decisionale ha la nuova amministrazione regionale?
A differenza delle amministrazioni regionali che l’hanno preceduta, ha la possibilità di agire con trasparenza, autonomamente nel rispetto dello statuto regionale per salvaguardare il territorio, le risorse naturali e ambientali e la salute dei cittadini?
Noi ci auguriamo che lo possa fare!
L’esperienza dell’Assessore Romano, che deve potere agire liberamente, deve essere valorizzata.
Certamente occorre ridisegnare un nuovo piano regionale di sviluppo che contempli una adeguata soluzione del ciclo dei rifiuti. I piani esistenti (provinciali e regionali) devono essere rifatti in quanto non contemplano la risoluzione condivisa del ciclo dei rifiuti; sembra assurdo che non si sia tenuto conto del ruolo strategico di un adeguato e condiviso ciclo dei rifiuti in base agli sconvolgimenti ambientali e socio-economici che lo scandalo rifiuti ha determinato nella Regione Campania. Non si può pretendere che in alcune parti della regione vadano attribuite le “cose buone” e che ad altre invece solo le briciole e gran parte di “cose brutte”.
Per quanto riguarda il ciclo dei rifiuti nella Provincia di Napoli (che rappresenta gran parte del problema della Campania), con la collaborazione di tutte le forze sane e con sane radici nella regione, va elaborata molto rapidamente una proposta condivisa in linea con un nuovo piano regionale dando per scontato che occorrerà un periodo di transizione durante il quale dovranno coesistere le discariche attuali con una progressiva differenziazione e l’avvio degli impianti industriali per il trattamento, riciclaggio e riutilizzazione di tutti i materiali estraibili dai rifiuti.
Eventuali nuove discariche devono essere realizzate, nel periodo di transizione, secondo quanto prima detto, in modo da garantire la protezione dell’ambiente e della salute dei cittadini.
Alcuni anni fa, ad esempio, avevo proposto la realizzazione di discariche “non inquinanti” costituite da vasche modulari, ispezionabili alla base, che potevano essere coperte da tettoie smontabili e riutilizzabili per il prosieguo dei lavori nelle altre vasche contigue, in modo da non produrre percolato.
Di tempo ce n’è poco! I poteri assoluti autoctoni e alloctoni sono in agguato, sicuri che la Campania sarà risucchiata nell’emergenza e sono pronti a gridare vittoria con la nota frase: mors tua, vita mea.
In fin dei conti, finora, il degrado della Campania (ben visto da vari governi che si sono succeduti negli ultimi 16 anni) derivante dall’Operazione Emergenza Rifiuti ha rappresentato la ricca mangiatoia alla quale hanno potuto banchettare coloro che hanno guadagnato con i rifiuti campani a spese dei cittadini.
Si può uscire da questa spirale infernale!
Si deve uscire!
Basta ricordare che la maggior parte dei cittadini della Campania ha sane radici ben radicate nel territorio; basta tagliare le radici delle male erbe infestanti disseminate dai “barbari e cafoni poteri speciali” (autoctoni e alloctoni, vale a dire locali e di importazione).
Prof. Franco Ortolani
Ordinario di Geologia
Direttore del Dipartimento di Pianificazione e Scienza del Territorio
Università di Napoli Federico II
31 maggio 2010