6 maggio 1860, ore 2.30 circa. Un migliaio di ardimentosi capeggiati da Giuseppe Garibaldi partono per la Sicilia con l´intento di costruire, costi quel che costi, la Patria tanto agognata.
Nei loro sogni un´avventura che si chiama Italia.
150 anni dopo, da alcune parti, tristi parti, si cerca di infangare quell´impresa, quegli uomini, e tanti altri che hanno creduto, hanno lottato, sono morti, per l´Unità Nazionale.
Già nel 1911 per il Cinquantesimo, i socialisti di allora, in nome di una non ben chiara Internazionale, cercarono di far passare in sordina l´avvenimento.
Oggi molto peggio. Anche all´interno dello stesso Governo, si dileggia la Bandiera, il Risorgimento, l´Unità Nazionale. E oltre: la solidarietà, l´accoglienza, la storia e la cultura degli altri.
Il ridicolo teatrino di questa gente che non conosce la storia, né ha avuto orecchie per ascoltare quella raccontata dai propri avi, non ci deve far sorridere, ma preoccupare.

Come ci deve far preoccupare lo squallido razzismo di nefasta memoria che pretende di dividere l’Italia tra Nord e Sud, tra ricchi e poveri, assumendo a diritto di residenza o di cittadinanza il reddito; riformando le classi in base alla capacità economica.

Di quanti secoli vogliamo far retrocedere la storia e la civiltà?

Tutti concordiamo sulla necessità di punire chi vìola la legge e di perseguire con fermezza i malfattori. Ma la miseria non è sinonimo di delinquenza e le lotte di Garibaldi in difesa dei deboli e dei diritti sono quanto mai attuali, in qualsiasi parte del mondo si trovino.

A coloro che accusano l’Eroe di aver rovinato la Padania, ricordo che la sua prima moglie, Anita, è morta nelle paludi di Comacchio, gravida di 7 mesi, per aver seguito Garibaldi nel disperato tentativo di liberare Venezia. Venezia, non Palermo. Si ripassino la storia.

L´Unità nazionale è un simbolo ed una conquista che non si tocca. La solidarietà anche. Dimostriamo riconoscenza ai nostri avi partecipando alle manifestazioni in ricordo di quegli eventi, di quel coraggio, di quella voglia di Italia. Non solo per i mondiali di calcio.
RENATO GARIBALDI