“La città antica si sviluppa su un’area di 66 ettari – spiega il soprintendente di Pompei Pietro Giovanni Guzzo in un’intervista rilasciata al National Geographic -, di cui circa i due terzi sono stati scavati. Di questa quarantina di ettari è visitabile al pubblico circa il 35 per cento. È poco? Nel 1995 era il 14 per cento. La cifra che servirebbe è di duecentosettanta milioni da spendere in dieci anni ”.
Dagli anni Novanta - annota la rivista - gli scavi sono soggetti ad amministrazione autonoma. Ciò significa che tutti i gli introiti di Pompei (biglietti, royalties, libri, merchandising e altro) finiscono nelle casse della Soprintendenza, che risponde soltanto al ministero.
Insomma dai circa 3-4 miliardi l’anno che lo Stato elargiva per l’area archeologica dove gli scavi sono iniziati 260 anni fa per iniziativa di Carlo di Borbone, si è passati a circa 20 milioni di euro all’anno. Bastano? “Certo che no”, risponde Guzzo a cui da luglio il governo ha affiancato un commissario, il prefetto Renato Profili con poteri straordinari in materia di ordine sicurezza pubblica e controllo sull’attività amministrativa. La coabitazione tra quelli che sono stati definiti ‘i duellanti’ non è stata facile almeno all´inizio, ma ora la strada sembra in discesa. “Ci sarà anche stata qualche incomprensione al principio – ammette Profili – ma ora è tutto chiarito”.
E nei giorni scorsi il ministro dei Beni Culturali, Sandro Bondi, ha annunciato a Torino un nuovo tipo di approccio per la valorizzazione del patrimonio culturale nazionale. "Ci concentreremo sui musei e sulle aree archeologiche - ha detto -. Per il 2009 i nostri fondi andranno in direzione di tre progetti pilota: uno riguarderà la Pinacoteca di Brera, a Milano, uno i Fori Romani e l´ultimo l´area archelogica di Pompei". I progetti prevedono la conservazione, la valorizzazione e una nuova immagine per il patrimono culturale, che verrà reso più fruibile e più interessante.