Conosco Nino Vicidomini solo virtualmente, entrambi autori/lettori di un sito letterario.
Gli devo riconoscenza non solo per la stima e l’affetto dimostratimi attraverso uno scambio di mail (seppure non frequenti), ma anche per avermi offerto la possibilità, con la lettura dei suoi racconti, di approfondire la conoscenza della sua città e le sfaccettature umane dei personaggi cui ha dato voce.

Oggi Napoli è presente sui media per fatti non certo esaltanti: c’è la camorra, il problema dell’immondizia, quello degli scippi e dello spaccio di droga. Certo, non è l’unica a soffrire di questi mali, e tuttavia è soprattutto lei a fare notizia.
Nell’immaginario collettivo, la medesima sofferenza abbraccia anche i Comuni limitrofi, che sono perciò colpevoli in pari misura.
Nino, con le sue storie, dettate dall’amore per i suoi conterranei e dalla propensione ad accumulare aneddoti (sia allegri sia dolorosi), ridimensiona questo battage negativo, evidenziando di continuo la laboriosità e onestà dei concittadini tratteggiati.

Le sue, non sono di certo cronache recenti, ma il carattere e la specificità di un popolo non appartengono solo a una determinata epoca storica. Il suo merito è averci ricordato, con insistenza premurosa e affettuosa, che sono le vicissitudini personali – intessute di intraprendenza, di fantasia, di impegno fattivo, di generosità e amore per il prossimo – a fare percepire, se si allunga lo sguardo oltre il contingente, il nerbo di una Nazione.
Insomma, la Storia appresa sui testi scolastici è solo rappresentazione parziale dell’umanità di un popolo tutto.

Non credo serva fare accenno a episodi particolari per invogliare a leggere il libro da cima in fondo. Nino rende merito a tutti i suoi personaggi con la medesima verve e partecipazione emotiva. Mi darete ragione anche voi, quando giungerete alla fine.

Mi limiterò quindi ad alcune considerazioni generali.
Il vernacolo napoletano possiede musicalità anche a leggerlo: me ne sono accorto, man mano che procedevo, con divertimento, nella lettura.
Ancora, non m’è parso che Nino, riferendosi a personaggi ormai scomparsi oppure a riposo, mostri nostalgia per un passato ormai scomparso e sicuramente oggi improponibile.
Fra l’altro, se accenna a leggende tramandatesi nel tempo, la sua cronaca non assume mai la subdola veste della stregoneria.
Il suo soffermarsi su vicende passate ha un triplice scopo: fare dono alle giovani generazioni di brandelli di storia di alcuni loro predecessori, sollecitare i ricordi di chi fu contemporaneo delle figure tratteggiate, e, per ultimo, riannodare (credo), mettendo mano alla penna, i fili della propria personale esistenza, per farne una matassa unica.
Inoltre, ho avuto l’impressione che, nel raccontare le gesta e le virtù dei suoi concittadini, Nino abbia, con tono sommesso, ricordato che una vita ha valore quando è spesa bene.
Merito ulteriore e non trascurabile in tutti e tre i casi, aver dato vividezza fisica ai luoghi teatro degli avvenimenti, elencando puntigliosamente i quartieri, le vie e le piazze coi loro angoli.
Quando ho terminato di leggere le loro tante avventure (e disavventure), soddisfatto ho socchiuso gli occhi e li ho rivisti, i personaggi di Nino, tutti insieme sul palcoscenico della vita, in un ideale e festoso carosello musicale, come nel finale di Otto e ½ del geniale Federico Fellini.
Che dire ancora? Soffermarsi ulteriormente sui pregi del libro potrebbe portarmi ad apparire lezioso e forse anche retorico.
Per cui chiudo qui, rinnovando i ringraziamenti a Nino per avermi offerto questa possibilità e augurando a tutti una piacevole lettura.

SALVATORE SCOLLO