Immaginiamo per un istante di seguire il viaggio di una cartolina, di rintracciarne prima gli spostamenti da Castellammare a Napoli per poi decifrarvi il timbro dell’ufficio postale di Yokohama. Ci siamo! Un cartoncino, formato 10x15 cm circa, ci ha appena condotti nell’intricato intreccio dei rapporti Oriente – Occidente agli inizi del Novecento. Ma non è tutto. Accanto al messaggio “Auguri felici”, siamo nel dicembre 1901, il mittente si autoritrae con pochi, rapidi e precisi tratti di china. Ha una capigliatura ordinata che esce appena dalla falda non molto ampia di una bombetta scura e baffetti sottili, accennati sul contorno della bocca. Indossa un vestito gessato ed una camicia dal colletto leggermente rialzato. Si tratta di un artista e stringe tra le mani una tavolozza sulla quale doveva comparire la sua firma, che a noi risulta poco chiara e la data: “1901”. Chi era costui?
Non è solo una spy story. Questo ed altri misteri sono nel percorso della mostra “Giapponeserie” inaugurata il 18 febbraio scorso presso la galleria antiquaria “Panta Rei” di Castellammare di Stabia ed aperta fino al 6 marzo prossimo. L’evento nasce dalla collaborazione tra Eufemia Silvestri e Angelo Acampora ed è frutto della sedimentazione di anni di ricerche nel settore collezionistico-antiquario, rivolto a rintracciare oggetti e a rinverdire l’interesse per il gusto nipponico che per molti si perde ancora tra gli sfumati ricordi dei “connoisseurs” ottocenteschi. Inoltre la mostra segue un’esposizione dedicata al “Pochoir” che ha convinto la sua curatrice, Eufemia Silvestri, ad avviare ricerche specifiche sulle arti orientali di inizi Novecento.
Il “Giapponismo” è oggi un settore collezionistico di nicchia, di sicuro lontano dai clamori del grande pubblico. Eppure Napoli ha fatto da battistrada anche in questo campo. Il Giappone e la Cina erano infatti già nel mirino dell’attento collezionista Duca di Martina, ed i suoi acquisti, condotti a rate e spesso con basso capitale, sono oggi patrimonio della “Collezione orientale” del museo napoletano a lui intitolato. Se Il Duca di Martina può essere considerato tra i pionieri per l’Italia, l’Europa aveva già da tempo indirizzato i suoi interessi verso il Giappone a tal punto che dal dibattito settecentesco sull’”arcanum”, che aveva reso famosi Böttger (1682-1719) e la corte di Sassonia per l’invenzione della composizione di una porcellana simile a quella cinese, ci si era indirizzati con convinzione verso le affascinanti figurazioni stile “kakiemon”. Ma il momento di massimo fervore per l’Impero del Sol Levante coincide tuttavia con l’apertura forzata dei contatti mercantili con il Giappone, avvenuta nel 1853, dopo oltre due secoli di isolamento e sotto la minaccia della flotta americana. Nel 1862 l’Esposizione Universale di Londra vantava già oggetti in ceramica, bambù e lacca di produzione nipponica. Nel 1871 - come chiarisce Angelo Acampora- Philippe Burty coniava a Parigi il termine “Giapponismo”. In pochi decenni il contatto tra la secolare ricerca prospettica della pittura europea e le stampe orientali, tutte giuocate sull’emersione di immagini campite fuori dal tempo e dallo spazio, inducono Manet ed altri artisti ad allontanarsi dalla percezione ottica del reale. Il primo passo verso le avanguardie di primo Novecento è ormai compiuto.
NICOLA CAROPPO

“Giapponeserie” dal 18 febbraio al 6 marzo 2011.
Presso Galleria Antiquaria “Panta Rei” via Alvino, 16 Castellammare di Stabia
Ingresso gratuito. Feriali ore 11:00-13:00 / 17:00-20:30. Domenica su richiesta.