Un esponente della religione islamica che prega in un ex lager nazista per vittime della Shoah. Accadrà ad Auschwitz il 27 gennaio, Giorno della Memoria. A pregare rivolto verso La Mecca, davanti al muro utilizzato per le fucilazioni dei deportati, sarà Agostino Yasin Gentile: 34 anni, nativo di Boscoreale, imam della moschea di piazza Mercato. Sarà nella delegazione guidata dal presidente della Provincia, Dino Di Palma.
Una scelta che farà discutere, Yasin.
«Avrebbe fatto discutere ancora di più se avessi rifiutato l´invito che mi è giunto da don Gaetano Castello, responsabile per la Curia napoletana del dialogo interreligioso: l´invito ad andare a pregare insieme nel viaggio che la Provincia di Napoli organizza ad Auschwitz ogni anno per il Giorno della Memoria. Ma io non ho pensato neanche per un attimo di rifiutare: ho anzi accettato con gioia».
Perché ?
«Perché non credo che un uomo di fede possa avere altra scelta. Le religioni hanno il dovere di essere vicini alle vittime. A tutte le vittime. E hanno il dovere di dialogare: cristiani, ebrei, musulmani. Abbiamo tutti un solo Dio. Se faccio questa cosa è perché non è assolutamente in contrasto con l´islam, anzi».
Come nasce l´idea?
«Nasce dal clima che si respira a Napoli. Un clima particolarmente favorevole al dialogo tra religioni: anche se io vorrei che questo dialogo avesse una maggiore continuità».
Tutto accade in un momento molto delicato, nei giorni della guerra tra Israele e Hamas.
«Condanniamo questa guerra come condanniamo tutte le guerre. Condanniamo il terrorismo di Hamas, che strumentalizza la religione per uccidere i civili. Sbagliando, perché non può esistere una religione di morte. Siamo contrari a qualunque atto criminale venga perpetrato verso qualunque essere umano. Ma certo non siamo tra quelli che scendono in piazza a bruciare le bandiere: è un gesto che non ha alcun significato».
Il fondamentalismo islamico è un problema anche a Napoli?
«Spero di no. Ma non vedo questo pericolo. Gli aderenti alla nostra comunità hanno ben altri problemi. Gli stessi della maggior parte dei napoletani: il lavoro o la mancanza di lavoro, la famiglia, la casa. Sono profondamente impegnati nel sociale, sono integrati nella vita della città».
E questo è il miglior antidoto al fondamentalismo?
«Direi di sì. L´estremismo religioso nasce dall´assenza di dialogo, dalla strumentalizzazione dei conflitti sociali. Nasce quando imam venuti da chissà dove aprono moschee senza criterio, senza controllo. E nasce dall´ignoranza profonda di ciò che la nostra religione stabilisce. Dall´ignoranza dei suoi testi».
Lei che studi ha fatto?
«Ho studiato a fondo il Corano e continuo a farlo. Ho conseguito in Arabia Saudita l´equivalente di una laurea in teologia. Poi sono rientrato in Italia».
Quando si è convertito all´islam?
«Nel ´96, avevo ventidue anni. Prima ero un cristiano, anche se non praticante. Ma certo i valori cristiani erano dentro me».
E ci sono ancora?
«Certamente, se siamo d´accordo che alla base del cristianesimo c´è l´idea di fratellanza tra gli uomini: nell´islam è la stessa cosa. La conversione giunse come sbocco di una crisi spirituale: mi resi conto che non credevo realmente ai dogmi del cattolicesimo, ma che tutto era frutto dell´educazione ricevuta. L´islam soddisfaceva assai meglio le mie esigenze spirituali».
È l´unico imam di Napoli?
«No, c´è anche l´imam della moschea di Corso Lucci, con cui siamo in contatto. Ma lui è spesso in viaggio. La nostra moschea, quella di piazza Mercato, esiste dal ´97. Siamo un´associazione culturale onlus: ci occupiamo di assistenza agli immigrati, qualunque sia la loro religione. Poi abbiamo le nostre sale per le funzioni religiose».
Sono molti i napoletani che, come lei, si convertono all´islam?
«L´anno scorso saranno stati una ventina. Vengono da noi anche perché sanno che siamo italiani, che siamo persone votate al dialogo. Perché il dialogo tra religioni e tra popoli non si deve mai fermare».