Pasquale E., 40 anni, è l´imprenditore che ha incastrato tredici pericolosi affiliati alle cosche Gionta e Gallo.
Socio di un´azienda di rimessaggio nautico, l´imprenditore e´
stato convinto da un luogotenente dei carabinieri a vincere la paura e a
raccontare le vessazioni cui era sottoposto. I verbali con le sue dichiarazioni
sono agli atti dell´inchiesta coordinata dal pm della Dda Pierpaolo Filippelli
e riportati nell´ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Antonella
Terzi. Si e´ trattato di una decisione sofferta: ´´Dopo aver presentato una
denuncia di furto avvenuta all´interno del cantiere, dopo aver lungamente
riflettuto e dopo essermi sfogato dei fatti che mi vedono soggiacere a
pressioni psicologiche con il luogotenente V. , ho deciso in piena autonomia di
coscienza e di mente di esporvi denuncia dei fatti delinquenziali e
camorristici che mi vedono vittima´´. L´imprenditore racconta la convocazione
nelle roccaforti dei due clan, l´obbligo di assumere alcuni camorristi nella
sua azienda, le minacce: ´´Nel settembre 2009 pagai la somma di 2.500 euro al
clan Gionta. Dopo il pagamento ebbi modo di lamentarmi di Maurizio Perna (uno
degli arrestati, ndr) che pochi giorni prima si era presentato a bordo di uno
scooter e mi aveva minacciato con un mitra Kalashnikov che prelevava da una
busta di plastica adagiata sulla pedana anteriore dello scooter. La minaccia
con il mitra fu fatta alla presenza di almeno quattro operai della nostra
ditta. Perna in quell´occasione ci minaccio´ intimandoci di chiudere il
cantiere e di non tornare piu´ a lavorare. Chiesi a un altro affiliato al clan
di intercedere con Perna in quanto con il suo atto intimidatorio aveva
spaventato tutti noi´´. Proprio il boss Aldo Gionta, scrivendo dal carcere al
figlio Valentino, aveva invitato le nuove leve del clan a imparare ad usare il
Kalashnikov: ´´Imparate a sparare mitra, fucili e Kalashnikov. Imparatevi e in
posti dove non vengano sbirri, cioe´ le guardie. Poi, quando sapete usarli
bene, vi diro´ io cosa fare´´. Il coraggioso imprenditore, chiamato in codice
´´Garibaldi´´, teneva la contabilita´ delle tangenti: ´´In piu´ occasioni e a
vario titolo ho versato al clan Gallo la somma di 9.000 euro, al clan Gionta
9.500 euro. Per queste due maxi tangenti sono in grado di fornirvi il periodo e
l´anno durante i quali sono avvenute le operazioni, in quanto posso fornirvi
copia della documentazione nella quale trascrivevo sotto la voce ´pagamento
attrezzature nautiche´ le somme di denaro corrisposte ai due clan. Addirittura
il pagamento delle tangenti al clan Gionta le indicavo sul mio registro con la
voce ´pagamento attrezzature nautiche di sinistra´, mentre le estorsioni del
clan Gallo le appuntavo con la voce ´pagamento attrezzature nautiche destra´´´.
Oltre alle grosse somme chieste dai vertici dei due clan, Pasquale E. era
costretto a coprire anche le spese quotidiane di alcuni affiliati: ´´Perna mi
costrinse con minacce velate, formulate sia da lui che dal suocero tramite
lettere che conservo, ad acquistargli ben tre moto d´acqua. Tale circostanza e´
avvenuta per ben tre volte perche´ i modelli di moto che acquistavo non
soddisfacevano mai i desideri della moglie. A Francesco Iapicca (un altro degli
arrestati, ndr) pagavo delle modiche cifre settimanali di 20, 30 o 50 euro per
soddisfare i suoi bisogni quotidiani di sigarette (Diana blu) ed altro´´.
Imposizioni odiose, come sottolinea il gip: ´´I copioni sono usati ed abusati:
richieste assillanti e perentorie, cui seguono le consuete convocazioni dinanzi
al boss di turno e imposizioni di vario genere, dalle tangenti periodiche a
pretese piu´ modeste, ma quotidiane, di contribuzione alle spese spicciole: le
sigarette, l´aperitivo, le Hogan´´.