Riportiamo l´intervista a Maria Elefante, di Guero Cacci apparsa sul quotidiano "Il denaro" . Elefante è docente di Lingua e Letteratura latina alla “Federico II” di Napoli, studiosa a livello internazionale, assessore alla Cultura al Comune di Torre Annunziata. oltre che la filologia classica coltiva la pompeianistica.

Dopo i recenti crolli (Domus gladiatoria, un muro di contenimento della Casa del moralista), come valuta la condizione degli Scavi?

Finalmente l’Italia s’è accorta di Pompei! Paradossalmente, i crolli accaduti in questi ultimi mesi hanno messo la questione sotto i riflettori. Ed è iniziata la passerella delle Cassandre mediatiche. Ma il degrado parte da molto prima, e il disastro era prevedibile. Anche le persone comuni, i turisti in visita agli scavi, hanno potuto notare come è ridotto un tesoro che il mondo c’invidia!
Le pareti sono pregne di umidità a danno delle pitture parietali e dei mosaici. Le erbacce infestano le aiuole. Per non parlare di quello che lasciano i visitatori maldestri: cartacce, lattine. I cani poi la fanno da padroni. Abitano le dimore signorili, dove non a caso sugl’ingressi campeggia ancora la scritta “ Cave canem”.

Manca l’attenzione continua?

Manca il monitoraggio, per usare una parola moderna. Pompei è un museo a cielo aperto. Andrebbe protetta pietra per pietra. È una pagina della nostra storia scolpita nelle pietre. Le pietre parlano. E ci danno insegnamenti in tutti campi dello scibile. Non solo nella storia dell’arte e della cultura, ma anche nella scienza, nella geologia, nella botanica. Insegnamenti di vita. Noi Vesuviani dovremmo ogni giorno guardare Pompei, per imparare a sopravvivere ai piedi del Vesuvio.

Che cosa occorre?

Non si tratta solo di soldi. Pompei incassa ogni anno, grazie ai turisti, milioni di euro; è il sito più visitato al mondo. Nel 2010 ha visto 2.319.668 visitatori e nel Gennaio scorso 48.664. Le casse della soprintendenza sono in attivo ma i soldi non vengono spesi. Non so perché. Forse per mancanza di progetti veri e propri. I lavori sono affidati ad agenzie, a seconda delle urgenze. Non c’è programmazione e quindi prevenzione. Una volta c’era una squadra di operai addetti alla manutenzione, alle dirette dipendenze della soprintendenza archeologica. L’aveva voluta Amedeo Maiuri, il grande archeologo. Ancora qualche anno fa era possibile incontrare qualche sopravvissuto; sebbene avanti negli anni, parlava ancora con entusiasmo del suo lavoro. In tutti, anche nel più modesto manovale, c’era l’orgoglio di appartenere ad una squadra in cui ciascuno, a seconda delle competenze, contribuiva a mettere in luce e preservare i tesori che la lava del Vesuvio aveva protetto per migliaia di anni.


Il muovo soprintendente alle aree archeologiche di Napoli e Pompei pensa di chiudere gli Scavi in caso di pioggia.

È un modo di fronteggiare l’emergenza. Ma è da tempo che si chiudono le Domus, veri e propri gioielli sottratti alla vista del pubblico. Un furto, secondo me, uno scippo. Invece di mettere in sicurezza le rovine, s‘impedisce alla gente di accedervi. Così facendo tra qualche anno avremo da vedere pochissimo. Ed invece la peculiarità del sito consiste nel fatto che il visitatore può percorrere le strade di un’intera città romana di duemila anni fa, con botteghe, case, giardini, fontane, piazze, teatri, stadi... Un’immersione totale. Il fascino di Pompei consiste proprio nel fatto che, calcando le antiche pietre, ti senti calato nella storia. Del resto per uno studioso del mondo antico questo contatto è indispensabile. Non si può intendere la classicità senza vedere Pompei. Io, che insegno latino per mestiere, dedico sempre una giornata ad una lezione dal vivo negli scavi. Con viva soddisfazione mia e degli studenti. Altro è spiegare ex cathedra Virgilio, Catullo, Plauto, Ovidio, Petronio; altro è mostrare i segni che di questi autori si ritrovano qui: dai versi graffiti sui muri alle pitture ispirate dalle descrizioni, alle sculture, alle epigrafi sepolcrali… Ad esempio, secondo le ultime scoperte il Satyricon di Petronio Arbitro, primo e forse unico esemplare di romanzo dell’antichità, senza vedere Pompei non si capisce a fondo. Petronio vi è passato di sicuro.

Se allude al libro “Aspettando Clio”, dica pure che la scoperta è sua.

Sì, mi è stato riconosciuto; anche se le città vesuviane abbondano di Trimalcioni!

A proposito, al centro di Torre Annunziata, dove lei ha ruolo pubblico, sono gli Scavi di…

…Oplonti, una tappa necessaria per la conoscenza del mondo antico. Ricade sotto la stessa soprintendenza di Napoli e Pompei insieme con Ercolano e Stabiae. Portata alla luce solo negli anni ‘70 dello scorso secolo, ha sempre sofferto per la vicinanza delle due aree archeologiche maggiori. Sacrificata nei tour turistici, perché poco pubblicizzata. Eppure è un vero e proprio gioiello. Una villa imperiale con affreschi di livello stilistico della Domus aurea di Nerone a Roma. Del resto appartenne a Poppea, seconda moglie dell’imperatore.
Qui però mancano le strutture turistiche, i servizi annessi, quanto serve all’accoglienza. Io ho dovuto faticare non poco per rendere funzionale la strada di accesso alla villa, dotandola di indicazioni, di illuminazione e di arredo urbano. Ma tutto è sottoposto agli attacchi dei vandali che imperversano quotidianamente. Ora ci sto riprovando. Ed ho chiesto la videosorveglianza. Spero che l’ufficio tecnico s’impegni di più. Ho in programma un convegno con università europee, americane e australiane. Oplonti non è stata ancora studiata come meriterebbe.


Le tristi vicende pompeiane hanno avuto eco in tutto il mondo, proprio perché Pompei, essendo patrimonio dell’Unesco, è di tutti. Lei pensa che in Italia si sia dato il giusto risalto a ciò che è successo?

Più che il parlare, importante è l’agire. Io finora non ho ancora visto far niente.
Ma, a proposito di UNESCO, Carlo Lizzani mi ha proposto di collaborare ad un film su Oplonti in dieci lingue. Il regista ha già stabilito i dovuti contatti con il ministero dei Beni culturali. Però, quando mi ha detto che dopo la diffusione del film arriveranno a Torre Annunziata milioni di turisti, sono rimasta molto perplessa. E dove li mettiamo? Qui non ci sono strutture alberghiere né di ristoro: dalla parti della Villa di Poppea, nemmeno un bar per prendere un caffè.