Mostra a Roma: "Avanti popolo. Il Pci nella storia d´Italia"
15-01-2011 - Archivio Storico de Lo Strillone
Raccontare attraverso una mostra (Avanti popolo - Il PCI nella storia d´italia - Roma Acquario Romano - dal 14 gennaio al 6 Febbraio) la storia di un partito politico come Il Pci ha costituito una sfida difficile. La scelta di una prospettiva non apologetica si è accompagnata alla volontà di dare il senso di una vicenda complessa, settantanni della storia di un partito che è stato parte della società italiana, nel suo stretto intreccio tra la dimensione nazionale e quella internazionale.
Il metodo scelto si è fondato su due presupposti: dare conto della straordinaria e articolata messe di documenti del Pci, espressione della sua imponente struttura organizzativa e propagandistica, che sono conservati negli archivi, in primo luogo presso la Fondazione Istituto Gramsci; utilizzare, al tempo stesso, anche documenti che fossero sul Pci. Ad esempio, i film di propaganda realizzati dalla Sezione Stampa e propaganda del partito, ma anche quelli degli avversari del partito comunista, come i Comitati civici, o cinegiornali della Settimana Incom, e inoltre i programmi della televisione pubblica.
Si è cercato, nellambito di unimpostazione prevalentemente multimediale della mostra, di permettere più piani di lettura, e di offire ai visitatori diverse tipologie di documenti, corredati da un rigoroso apparato storico e critico. Da quelli materiali - come i verbali di riunioni particolarmente importanti della Direzione del partito, come i Quaderni dal carcere di Antonio Gramsci), come volantini, appunti manoscritti, ecc. - a quelli fotografici, iconografici e audiovisivi. Sono stati privilegiati tutti quei documenti che - sia per il loro valore storico, sia per la loro forza evocativa e narrativa - permettessero di dare il senso di questa storia nel contesto della storia d´Italia, cercando di non omettere nulla anche sugli aspetti più drammatici e discussi della vicenda del Partito comunista italiano.
da "ilpcinellastoriaditalia.it"
´´La parata dei compagni alla mostra del Pci´´
Seduti in prima fila ci sono, l´uno accanto all´altro, Achille Occhetto, Fausto Bertinotti, Aldo Tortorella, Massimo D´Alema, Piero Fassino, Ugo Sposetti che poi cede il suo posto ad armando Cossutta. E vedendoli tutti insieme Alfredo Reichlin non si trattiene dal dirlo: "Bello vedere riuniti tutti i compagni...". L´occasione che rende possibile l´unità, dopo tante diaspore e divisioni, vecchie e nuove, è l´inagurazione della mostra, alla casa dell´Architettura di Roma, "Avanti popolo. Il Pci nella storia d´Italia" che si inserisce tra le manifestazioni culturali per i 150 anni dell´unità d´italia
Alessandra Longo e Giuseppe Ferrante da Repubblica.it
Pci, quel «partitone rosso» che ci aiutò a sentirci una nazione
di Bruno Gravagnuolo da l´Unità
Il Pci nella storia dItalia. Qualcuno vorrebbe espellere il primo dalla seconda. Ein primis la destra più dura che è andata al governo tre volte in questi venti anni. Poi la storiografia revisionista e neodefeliciana più intransigente, come nel caso del «terzista » Galli della Loggia che in materia di Pci non fa mostra di «terzietà»: una zavorra per lItalia che bloccò la sua modernità. Punto.
E invece, proprio nellanniversario del Congresso di Livorno (tra il 15 e il 21 gennaio 1921) arriva adesso una grande mostra a Roma, costellata di altre iniziative in corso danno, che intende rimettere a posto i fondamentali della memoria. Per registrare il peso e lincidenza di una vicenda collettiva, esaurita ufficialmente il 4 febbraio 1991(con la nascita del Pds a Rimini) ma inseparabile dallidentità civile stessa del nostro stato-nazione, di cui sempre questanno si celebrano i 150 anni. E allora vi raccontiamo in anteprima la mostra, a cura della Fondazione Istituto Gramsci e del Centro Studi di Politica Economica (Cespe) che aprirà i battenti il 14 allAcquario Romano, Casa dellArchitettura Piazza Manfredo Fanti 47(conferenza stampa alle 11 del 12) e che si intitola appunto: «Avanti Popolo. Il Pci nella storia dItalia»).
Intanto la mostra è un ipertesto, un percorso multimediale. Allestito in loco lungo sei stazioni cronologiche inclusive di sei periodi chiave dela storia Pci, intrecciata a quella italiana. Ciascuna stazione, unita alle altre da una pista in plexigas a immagini, si vale di un certo numero di bacheche( sei serie di teche). Con dentro materiale documentario originale, fatto di lettere autografe, volumi, giornali, e sempre riferito al periodo in questione. Poi, per ogni stazione, due schermi «touchscreen» consentiranno, valendosi di 36 parole chiave, di accedere al merito e ai dettagli della storia narrata, tra rimandi circolari e cortocircuiti audiovisivi.
A parte, novità assoluta, lesposizione degli originali manoscritti dei Quaderni del carcere di Antonio Gramsci (31, a parte i due intonsi non in mostra), vero e proprio «Graal» teorico del Pci, anima pulsante di idee che ne fece quel che fu (benché la loro ricchezza sia ancora una miniera inesauribile e funzionante). Al piano superiore dell«Acquario» ci sarà una sezione sulla satira, con le provocazioni di Altan e Staino, inseparabili dal vissuto del «partitone rosso», che sapeva ridere di sé stesso e scommetteva sulla satira (su di sé oltre che sullavversario).
Mostra, Pci nella storia d´ItaliaAltre cose in mostra. Il manoscritto gramsciano sulla Questione meridinale del 1926. Messaggi radiotrasmessi e autografi di Togliatti, lettere di Badoglio a Togliatti, lettera di Togliatti a Sraffa del 1937, con richiesta di istruzioni per la prima pubblicazione dei Quaderni. Una scelta delle edizioni e pubblicazioni gramsciane allestero. Tutte le tessere Pc. dI. e Pci dal1921 al 1991. Fotoromanzi degli anni 50per incitare al voto gli emigranti (precoce intuizione «mid-cult» del valore mediatico dellimmaginario di massa). Un Dvd con testimonianze e interviste a far da filo conduttore. Persino, si va in ordine sparso, un servizio da caffé del Migliore. Un ciclostile paracadutato dagli Alleati, per stampare lUnità clandestina, matrice eroica di tante copie segrete dellUnità ricopiate pazientemente a mano. Il tutto ovviamente è disposto non a caso e con rigore, dauncomitato scientifico di storici men giovani e più giovani(Giuseppe Vacca, Silvio Pons, Francesco Giasi, Ermanno Taviani, Luisa Righi, Emanuele Bernardi, Gian Luca Fiocchi). E da un architetto, Alessandro dOnofrio che ha lavorato al Maxxi con la Zadid.
Vediamo alcuni dei concetti chiave che informano la mostra. Prima di tutto, visualmente per così dire, cè lintento di mettere in luce la capillarità di un radicamento dentro la società civile, a costruirla e orientarla. Facendo leva sul simbolico, sui media di allora, sul folklore, sulla cultura alta e bassa, e sulle istituzioni minute del quotidiano. Secondo lindicazione gramsciana, volta a prefigurare già dentro la società civile la futura società autoregolata: non in chiave classista e chiusa, ma con un «blocco storico» di ceti progressivi attorno agli operai. Fu anche in virtù di ciò, oltre alle fondamentali innovazioni strategiche togliattiane, che il Pci «fece Italia», Costituzione democratica, cittadinanza. E pedagogia aperta allinternazionalizzazione della cultura (altro che zdanovismo in quellItalia censoria e bacchettona!). Etuttavia la mostra nonè autocelebrativa.
Perché laltro suo aspetto è la «dilemmaticità» del Pci partito «anfibio»: nazionale e transnazionale con riferimento allUrss, fino e oltre il 1956. «Doppia lealtà», nella quale il Pci scavò, alla ricerca di una sua via, oltre la tenaglia dei blocchi contrapposti, e per schiudere un varconé leninista né socialdemocratico (con il torto di aver sottovalutato le possibilità dinamiche di questultimo approdo). Come che sia, fu così che il Pci, scuola di massa per le classi subalterne, divenne lerede del Risorgimento democratico. Come per altro verso la Dc. Ed è per questo che gli va reso onore, perchè senza quel Pci, oggi saremmo ancor meno una nazione.
Il metodo scelto si è fondato su due presupposti: dare conto della straordinaria e articolata messe di documenti del Pci, espressione della sua imponente struttura organizzativa e propagandistica, che sono conservati negli archivi, in primo luogo presso la Fondazione Istituto Gramsci; utilizzare, al tempo stesso, anche documenti che fossero sul Pci. Ad esempio, i film di propaganda realizzati dalla Sezione Stampa e propaganda del partito, ma anche quelli degli avversari del partito comunista, come i Comitati civici, o cinegiornali della Settimana Incom, e inoltre i programmi della televisione pubblica.
Si è cercato, nellambito di unimpostazione prevalentemente multimediale della mostra, di permettere più piani di lettura, e di offire ai visitatori diverse tipologie di documenti, corredati da un rigoroso apparato storico e critico. Da quelli materiali - come i verbali di riunioni particolarmente importanti della Direzione del partito, come i Quaderni dal carcere di Antonio Gramsci), come volantini, appunti manoscritti, ecc. - a quelli fotografici, iconografici e audiovisivi. Sono stati privilegiati tutti quei documenti che - sia per il loro valore storico, sia per la loro forza evocativa e narrativa - permettessero di dare il senso di questa storia nel contesto della storia d´Italia, cercando di non omettere nulla anche sugli aspetti più drammatici e discussi della vicenda del Partito comunista italiano.
da "ilpcinellastoriaditalia.it"
´´La parata dei compagni alla mostra del Pci´´
Seduti in prima fila ci sono, l´uno accanto all´altro, Achille Occhetto, Fausto Bertinotti, Aldo Tortorella, Massimo D´Alema, Piero Fassino, Ugo Sposetti che poi cede il suo posto ad armando Cossutta. E vedendoli tutti insieme Alfredo Reichlin non si trattiene dal dirlo: "Bello vedere riuniti tutti i compagni...". L´occasione che rende possibile l´unità, dopo tante diaspore e divisioni, vecchie e nuove, è l´inagurazione della mostra, alla casa dell´Architettura di Roma, "Avanti popolo. Il Pci nella storia d´Italia" che si inserisce tra le manifestazioni culturali per i 150 anni dell´unità d´italia
Alessandra Longo e Giuseppe Ferrante da Repubblica.it
Pci, quel «partitone rosso» che ci aiutò a sentirci una nazione
di Bruno Gravagnuolo da l´Unità
Il Pci nella storia dItalia. Qualcuno vorrebbe espellere il primo dalla seconda. Ein primis la destra più dura che è andata al governo tre volte in questi venti anni. Poi la storiografia revisionista e neodefeliciana più intransigente, come nel caso del «terzista » Galli della Loggia che in materia di Pci non fa mostra di «terzietà»: una zavorra per lItalia che bloccò la sua modernità. Punto.
E invece, proprio nellanniversario del Congresso di Livorno (tra il 15 e il 21 gennaio 1921) arriva adesso una grande mostra a Roma, costellata di altre iniziative in corso danno, che intende rimettere a posto i fondamentali della memoria. Per registrare il peso e lincidenza di una vicenda collettiva, esaurita ufficialmente il 4 febbraio 1991(con la nascita del Pds a Rimini) ma inseparabile dallidentità civile stessa del nostro stato-nazione, di cui sempre questanno si celebrano i 150 anni. E allora vi raccontiamo in anteprima la mostra, a cura della Fondazione Istituto Gramsci e del Centro Studi di Politica Economica (Cespe) che aprirà i battenti il 14 allAcquario Romano, Casa dellArchitettura Piazza Manfredo Fanti 47(conferenza stampa alle 11 del 12) e che si intitola appunto: «Avanti Popolo. Il Pci nella storia dItalia»).
Intanto la mostra è un ipertesto, un percorso multimediale. Allestito in loco lungo sei stazioni cronologiche inclusive di sei periodi chiave dela storia Pci, intrecciata a quella italiana. Ciascuna stazione, unita alle altre da una pista in plexigas a immagini, si vale di un certo numero di bacheche( sei serie di teche). Con dentro materiale documentario originale, fatto di lettere autografe, volumi, giornali, e sempre riferito al periodo in questione. Poi, per ogni stazione, due schermi «touchscreen» consentiranno, valendosi di 36 parole chiave, di accedere al merito e ai dettagli della storia narrata, tra rimandi circolari e cortocircuiti audiovisivi.
A parte, novità assoluta, lesposizione degli originali manoscritti dei Quaderni del carcere di Antonio Gramsci (31, a parte i due intonsi non in mostra), vero e proprio «Graal» teorico del Pci, anima pulsante di idee che ne fece quel che fu (benché la loro ricchezza sia ancora una miniera inesauribile e funzionante). Al piano superiore dell«Acquario» ci sarà una sezione sulla satira, con le provocazioni di Altan e Staino, inseparabili dal vissuto del «partitone rosso», che sapeva ridere di sé stesso e scommetteva sulla satira (su di sé oltre che sullavversario).
Mostra, Pci nella storia d´ItaliaAltre cose in mostra. Il manoscritto gramsciano sulla Questione meridinale del 1926. Messaggi radiotrasmessi e autografi di Togliatti, lettere di Badoglio a Togliatti, lettera di Togliatti a Sraffa del 1937, con richiesta di istruzioni per la prima pubblicazione dei Quaderni. Una scelta delle edizioni e pubblicazioni gramsciane allestero. Tutte le tessere Pc. dI. e Pci dal1921 al 1991. Fotoromanzi degli anni 50per incitare al voto gli emigranti (precoce intuizione «mid-cult» del valore mediatico dellimmaginario di massa). Un Dvd con testimonianze e interviste a far da filo conduttore. Persino, si va in ordine sparso, un servizio da caffé del Migliore. Un ciclostile paracadutato dagli Alleati, per stampare lUnità clandestina, matrice eroica di tante copie segrete dellUnità ricopiate pazientemente a mano. Il tutto ovviamente è disposto non a caso e con rigore, dauncomitato scientifico di storici men giovani e più giovani(Giuseppe Vacca, Silvio Pons, Francesco Giasi, Ermanno Taviani, Luisa Righi, Emanuele Bernardi, Gian Luca Fiocchi). E da un architetto, Alessandro dOnofrio che ha lavorato al Maxxi con la Zadid.
Vediamo alcuni dei concetti chiave che informano la mostra. Prima di tutto, visualmente per così dire, cè lintento di mettere in luce la capillarità di un radicamento dentro la società civile, a costruirla e orientarla. Facendo leva sul simbolico, sui media di allora, sul folklore, sulla cultura alta e bassa, e sulle istituzioni minute del quotidiano. Secondo lindicazione gramsciana, volta a prefigurare già dentro la società civile la futura società autoregolata: non in chiave classista e chiusa, ma con un «blocco storico» di ceti progressivi attorno agli operai. Fu anche in virtù di ciò, oltre alle fondamentali innovazioni strategiche togliattiane, che il Pci «fece Italia», Costituzione democratica, cittadinanza. E pedagogia aperta allinternazionalizzazione della cultura (altro che zdanovismo in quellItalia censoria e bacchettona!). Etuttavia la mostra nonè autocelebrativa.
Perché laltro suo aspetto è la «dilemmaticità» del Pci partito «anfibio»: nazionale e transnazionale con riferimento allUrss, fino e oltre il 1956. «Doppia lealtà», nella quale il Pci scavò, alla ricerca di una sua via, oltre la tenaglia dei blocchi contrapposti, e per schiudere un varconé leninista né socialdemocratico (con il torto di aver sottovalutato le possibilità dinamiche di questultimo approdo). Come che sia, fu così che il Pci, scuola di massa per le classi subalterne, divenne lerede del Risorgimento democratico. Come per altro verso la Dc. Ed è per questo che gli va reso onore, perchè senza quel Pci, oggi saremmo ancor meno una nazione.