Gli Ept, un tempo considerati indispensabili, pur hanno avuto momenti di splendore, come quello di Napoli, che era riuscito, grazie alla gestione del Presidente Luigi Torino, addirittura a rilevare ville vesuviane ed altri beni patrimoniali, di cui non si sa bene che fine abbiano fatto negli anni. Oggi ridotti a carrozzoni polmoni economici, piccoli centri di potere, che hanno di fatto snaturato la loro ragione istituzionale. Non programmano, non promuovono, non esistono, ma spendono.
Parlare ancora del modo in cui sono  gestiti  ed organizzati i calendari degli eventi a Napoli, se tali possiamo definirli, sarebbe un po’ come sparare sulla  “Croce Rossa “. Potremmo partire dalle umilianti luminarie, simbolo del Natale ovunque nel mondo, qui ridicole ed in alcuni quartieri della città inesistenti. L’Ept appartiene alla preistoria, a Napoli è infatti nelle mani di tanti, tranne che degli addetti ai lavori: il classico, vecchio ed inutile carrozzone politico; malato, trasandato, paralitico,  i cui uffici periferici sono letteralmente nelle mani di una associazione culturale (dicono sia tale) facente capo alla lega delle Cooperative, fuori da qualsiasi controllo da parte dell’Ente stesso. Il dramma è che nessuno ne prende atto né dice nulla: c’è gente che usa uffici pubblici senza averne titolo alcuno, da informazioni, prenota alberghi, consiglia ristoranti, ma soprattutto vende le tristemente note arte-card. Carte turistiche? No, un vero e proprio budello economico, di cui, a distanza di circa dieci anni dalla loro introduzione, nessuno sa ancora chi beneficia effettivamente dei proventi. Per verificare ciò basta visitare l’ufficio della stazione centrale di Napoli , per capire che è sempre più simile ad una agenzia di vendita, che ad una struttura istituzionale, infatti gli orari di apertura e di chiusura sono gestiti dai dipendenti – se così possiamo definirli - di questa  sedicente associazione, che non rispetta i dettami condominiali indicati da Grandi Stazioni, unica gestrice degli impianti ferroviari delle principali città italiane. Il quadro che ne consegue è rappresentato da uffici informazioni che dovrebbero aprire almeno per le 09.00 ed aprono spesso con ritardi  insopportabili, dando una ulteriore immagine negativa del sistema generale di accoglienza al pubblico, con una chiusura prevista per le 18.00. Triste biglietto da visita per la città di Napoli sarebbe il caso di turisti che potrebbero arrivare e trovare l’ufficio informazioni turistiche chiuso! Un assessorato regionale di fatto Avellino centrico,  più volte pubblicamente dichiarato dal neo eletto assessore  al ramo Giuseppe de Mita, che al suo insediamento pensò bene di affidare a commissari  l’amministrazione dell’Ente, che invece dovrebbe essere di fatto il riferimento regionale per la programmazione, la promozione e lo sviluppo del turismo a Napoli ed in Campania (chi bene inizia…). Ecco i risultati catastrofici avuti dal ponte dell’Immacolata, seguito dalla Caporetto delle festività Natalizie e dell’Epifania, segnali  tra l’altro prevedibili, vista la vergognosa endemica situazione dei rifiuti, che hanno invaso non solo le strade di Napoli e della sua Provincia, ma tutte le televisioni, nazionale e private, che, pietose ne hanno fatto materia ghiotta per la stampa estera. La evidente ed ineluttabile incapacità amministrativa parte tuttavia da lontano. Sono anni oramai che le cosiddette “feste di fine anno” risultano essere  dei veri e propri flop, oltre che assurde e  dispendiose. Dire che un semplice organizzatore di  feste di piazza avrebbe fatto molto meglio e con meno aggravi per le svuotate casse delle amministrazioni sarebbe come dir poco. Per organizzare tre miserabili festicciole di piazza, non si poteva evitare di  scomodare un “direttore artistico di cotanta fama”, La Gatta, direttore che ha portato a Napoli addirittura Dario Fo. Ma solo lui, nessuna cascata di prenotazioni ha suscitato tale evento, quindi eventi che invece di diventare opportunità, si trasformano in costi, light motiv dell’incapacità organizzativa napoletana. Napoli è una delle pochissime città italiane che non beneficia in alcun modo di eventi fieristici, eppure la Mostra D’Oltremare una sua storia l’avrebbe pure, ma ad oggi , oltre che accontentare il politico di turno con nomine a poltrone di vertice, nessun risultato evidente. La Fiera napoletana è sempre più simile ad un mercatino rionale, fatti salvi due o tre eventi che riesce ad ospitare; in altre città italiane, le Fiere Campionarie riescono a contribuire al settore turistico e al suo indotto con punte fino al 27% (vedere Milano, Bologna, Rimini, ed anche la meridionalissima Bari). Altra nota dolente è il mancato utilizzo del porto, che ben si presta, dati i suoi spazi, ad essere riferimento di eventi musicali, mostre, sagre. L’ operato di chi purtroppo ha la responsabilità del settore è veramente inesistente, e laddove opera , spreca e distrugge, insomma, un  coro unanime di critica e di bocciature. Ancora una volta gli interessi della politica-politicante confliggono con gli interessi del settore del turismo e del commercio, oramai in caduta libera. Da ricordare che sono 118 le aziende che hanno fatto ricorso alla Cassa integrazione in deroga, le quotidiane riduzioni di personale pare non interessino a nessuno, le aziende che chiudono men che meno. Se non si segna urgentemente un cambiamento di rotta, il collasso che attanaglia Napoli finirà per strozzarla.
Lidia Ianuario