Un altro capitolo della storia criminale di Torre Annunziata. Si apre un altro squarcio sulle ombre e sui misteri che per decenni hanno nascosto la verità sui fatti di sangue avvenuti negli ultimi 15 anni. Come in altre precedenti situazioni, a fare luce sono le dichiarazioni dei pentiti che, ai magistrati della DDA, raccontano quello che è successo a Torre dal 1998 al 2005. Sei omicidi sui quali fino a ieri non si sapeva nulla. Né chi fosse stato e né perché erano state decise le sentenze di morte.
Il pentito Aniello Nasto racconta gli omicidi di Ciro Bianco, Domenico Savarese, Liberato Ascione, Carlo Balzano, Angelo Scoppetta e Domenico Scoppetta. A finire sul registro degli indagati otto esponenti del clan Gionta, tutti in carcere per altri reati: Liberato Guarro, Giovanni Iapicca, Gennaro Longobardi, Luigi Maresca, Umberto Onda, Antonino Paduano, Michele Palumbo e Vincenzo Pisacane.

Il racconto di Aniello Nasto inizia con il primo omicidio al quale partecipò in prima persona. Quello di Ciro Bianco.
Ciro Bianco detto “o’ squalo”, è stato ammazzato il 17 aprile 1998. All’epoca Bianco era nuovo della cosca dei valentini. Inizialmente era affiliato al clan Limelli-Vangone, ma aveva deciso di abbandonarlo in seguito ai continui blitz delle forze dell’ordine. Prima una vacanza forzata a Milano e poi la scelta, una volta tornato sotto al Vesuvio, di cambiare “casacca” e avvicinarsi a palazzo Fienga.
In quel periodo le forze dell’ordine concentrano la loro attenzione anche sui Gionta che, nel corso degli anni vengono decimati da numerosi arresti. Il pericolo che ci possano essere pentiti è reale. Questo il motivo che spinge i vertici del clan a fare piazza pulita al proprio interno, eliminando tutti quelli che, non essendo fedelissimi, potrebbero diventare pentiti una volta arrestati. Una lista lunga che comincia proprio da Ciro Bianco. "Ciro Bianco è la prima persona che ho ucciso. L’omicidio venne deciso in carcere da Ciro Paduano, che fece arrivare l’ordine tramite suo fratello Antonino il quale, insieme a Gennaro Longobardi e Liberato Guarro mi dissero che Bianco doveva essere ucciso perché era ritenuto un confidente delle forze dell’ordine e perché aveva reso delle dichiarazioni nell’ambito di un procedimento. Inoltre in Montenegro, mentre era latitante, si era appropriato dei soldi dell’organizzazione".

Il secondo omicidio sul quale l’operazione dei carabinieri fa chiarezza è quello di Domenico Savarese, avvenuto a Trecase il 14 marzo 2004, all’interno di un parcheggio di Torre Annunziata. Il pentito Nasto rivela: “Domenico Savarese lo abbiamo ammazzato io e Giovanni Iapicca. Giovanni aspetto fuori al garage a bordo della moto e io entrati per eseguire l’omicidio che fu ordinato da Vincenzo Pisacane. Aveva un debito che non aveva onorato di 270 mila e inoltre, era ritenuto vicino ai Limelli negli anni addietro".

L’8 settembre 2004 fu la volta di Liberato Ascione, a via Settetermini a Boscoreale, in una concessionaria d’auto. Ascione, ex dipendente delle Poste Italiane, era un pregiudicato per reati di spaccio, associazione a delinquere e porto d’armi. “Fui ancora io ad uccidere – racconta il pentito Aniello Nasto – ricevetti l’ordine sempre da Vincenzo Pisacane. Era necessario fare piazza pulita a Torre Annunziata di tutti i soggetti già affiliati in passato ai Limelli.

Due settimane dopo l’omicidio di Ascione, è la volta del duplice omicidio dei due cognati Carlo Balzano e Angelo Scoppetta, avvenuto a pochi passi dalla Basilica della Madonna della Neve. “Ho partecipato anche all’uccisione di loro due – racconta Nasto – Balzano viene indicato dai vertici del clan come un soggetto inaffidabile. Nonostante prende uno stipendio di 2000 euro al mese, non rispetta le regole del clan e spesso impone il pizzo per propria iniziativa. Per queste ragioni Umberto Onda, Antonio Paduano, Liberato Guarro, Gioacchino Sperandeo
e Vincenzo Pisacane, mi dissero che bisognava ucciderlo. Fu Umberto Onda a sparare – continua Nasto – insieme con Giovanni Iapicca che era alla guida della moto”. La morte di Angelo Scoppetta invece non era prevista, si trova al posto sbagliato al momento sbagliato. Anzi, dal pentito viene indicata come una “brava persona. La sua colpa è stata quella di trovare in sella allo scooter insieme al bersagio del raid”

L’ultimo omicidio sul quale fa luce l’ordinanza di ieri è quello del 12 settembre 2005. A morire è Domenico Scoppetta, fratello di Angelo e cognato di Carlo Balzano. Nonostante il clan lo avesse “tranquillizzato” dicendogli che non c’entravano con l’uccisione dei parenti, lui non si fida. Non ci crede. “Girava voce che Domenico voleva vendicare la morte del fratello e del cognato – racconta Nasto - Il commando era formato da Michele Palumbo e da Umberto Onda. Io personalmente testai i giubbotti antiproiettili usati nel raid. Domenico Scoppetta era un ex limelliano che durante la faida tra i due clan, aveva ferito Luigi Maresca”.

Catello Germano
Giovanna Sorrentino