Sarò stato uno dei primi a ricevere la triste notizia della dipartita di Ninuccio. Una telefonata che mi lasciò alquanto sconvolto, non conoscendo i fatti susseguenti all’incidente di ottobre; seppure avevo notato l’assenza dalla postazione storica che lo ha visto onnipresente in tutti questi ultimi anni della sua fervidissima attività da venditore di “spassatiempo”.
Filippo Germano me lo aveva confermato per telefono chiedendomi anche di rielaborare il pezzo a lui dedicato, redatto negli anni addietro per la serie dei “Personaggi Popolari Torresi” pubblicati da loStrillone in cartaceo, ma di primo acchito confesso di non aver trovato la forza giusta per scriverlo.
Io che tante volte lo avevo avvicinato per sapere tutto di Lui, io che dei personaggi trattati ne ho fatto un volume da destinare ai nostri giovani affinché lo conservino quale ricco patrimonio della storia incantata torrese; ho esitato a farlo vinto da una muta commozione.
Ninuccio ovvero Carmine Sorrentino all’anagrafe, classe 1928, originario del famoso vico di Fabbrocino, ossia l’attuale via Mazzini a Torre Annunziata è venuto a mancarci in questi giorni festivi di Natale, ma non mancheranno a ricordarcelo semi di zucca infornati, noccioline americane, ceci e fave tostate, cocco e lupini salati che in gran parte ci hanno aiutato a sbarcare il lunario nelle generazioni trascorse.
Ce ne riempivamo le tasche ogni qual volta ci recavamo ad assistere alla proiezione di un film presso uno dei numerosi locali pubblici esistenti sul nostro territorio; un cospicuo misto di questi semplici alimenti riusciva finanche a placare i morsi più atroci della nostra fame giovanile.
( ’O spasso!… Marì’ magnate ’o cocco!… ’o fummo!…)
Erano queste alcune delle voci che i “semmentari” emettevano per richiamare la clientela di passaggio, le voci magiche che se riascoltate ci riporteranno a rivivere momenti magici col nostro amato personaggio torrese.
Ce n’erano tanti di questi venditori; sparsi un po’ ovunque e avevano come un posto fisso nei punti più strategici della città. Ninuccio, oramai, ne era divenuto il decano per antonomasia.
Oltre mezzo secolo di onorata attività iniziata nel lontano 1956 con il valido aiuto del fratello Catello. Tutte le sere impiantava la sua postazione al corso Vittorio Emanuele III.
Il suo attrezzato carrettino, illuminato da una “carsèlla” alimentata a scaglie di acetilene, faceva bella mostra all’ingresso del palazzo “Monteleone”; all’esterno del Cine Teatro “Politeama Corelli”. E qui che servì la sua clientela sino alla fine degli anni 70. Fu dopo lo sciagurato avvento del colera del 1973 che si trasferì là dove ultimamente si trovava, con la sua Apecar azzurra attrezzata di tutto punto, verso il lato sinistro della piazza dell’ Annunziata.
Eccezionalmente, nelle ore serali del periodo estivo, si trasferisce alla litoranea, nei pressi del “Picnic” adiacente al Lido “Santa Lucia”. Ninuccio, rimasto vedovo da circa una trentina d’anni era padre di 11 figli (6 maschi e 5 femmine) che gli avevano dato ulteriore gioia con 34 nipoti e 38 pronipoti.
Uomo di rara tempra; sin dalla sua giovane età si dedicò dapprima al mestiere di panettiere passando da un forno all’altro del suo circondario senza tante soddisfazioni. Affascinato, poi, dalla professionalità del fratello Catello che già esercitava a Torre e provvedeva personalmente alla tostatura delle fave e dei ceci e all’ infornata dei semi di zucca, che avveniva con l’ausilio della nostra portentosa rena vulcanica, decise di intraprendere quel mestiere che lo avrebbe coinvolto, poi, per così tanto tempo.
Ninuccio ’o semmentaro, era tra l’altro un appassionato, potremmo dire un “patùto” della canzone napoletana e non c’era momento della giornata che il suo esercizio tacesse.
Era lui che diffondeva per il quartiere di via De Simone i brani di ogni sorta di cantante, ma più frequentemente qualche pezzo del repertorio classico napoletano tra i quali prediligeva la famosa “Lusingame” di Taranto - Festa interpretata dal grande Sergio Bruni. Se poi in chiesa si celebrava un matrimonio, era d’uopo quindi che suonasse una commovente “Ave Maria”, interpretata con maestria dal re della sceneggiata Mario Merola.
Tutto questo era il nostro Carmine Sorrentino che continuava imperterrito a sfidare ogni intemperie con la sua onnipresenza alla “Scésa” dell’ Annunziata.
Sempre in attività: con le mani affastellava pistacchi, arachidi, noccioline infornate; tutto ripartito negli appositi scomparti del suo attrezzato carrettino. Oppure tagliava simmetriche fette di cocco che lasciava cadere nell’acqua gelata di un secchio zincato dal quale poi le attingeva e le deponeva, in bella mostra, nell’apposito vassoio adiacente al catino dei lupini salati.
E, come dicevamo, non mancava mai una colonna sonora al suo operare.
In questo preciso momento lo vogliamo immaginare ancora all’opera della sua postazione riascoltando il refrain di una famosa canzone di Murolo e Tagliaferro: “ Chist’’è ’o popolo ’e na vota! - gente semplice e felice - Chist’’è Napule sincero ca… pur’isso se ne va!…”
NINO VICIDOMINI

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