Sabato 5 Dicembre 2009 alle ore dieci, presso il Teatro Supercinema, avrà luogo l’annuale edizione della Vetrina del Festival Viviani (Medaglia d’Argento della Presidenza della Repubblica) organizzata con il patrocinio di Regione Campania e Comune di Castellammare di Stabia dal Teatro Cantiere Viviani, diretto dall’attore e regista Nello Mascia e dal drammaturgo e sceneggiatore Ernesto Dello Jacono, che animano da tempo la rassegna teatrale d’impegno civile nella città natale di Raffaele Viviani.
La manifestazione, tutta ispirata quest’anno al tema della migrazione, ospita la “Compagnia della Fortezza” che presenta lo spettacolo “Storia di Alì - Il Libro della Vita”, scritto dal regista e autore teatrale Armando Punzo e dall’ex detenuto e attore nordafricano Mimoun El Barouni, che nell’istituto di pena di Volterra ha trascorso di-versi anni.
La vicenda raccontata nell’intenso monologo, in scena di recente anche all’este-ro ove ha raccolto lusinghieri consensi da parte del pubblico, non è altro che la tra-sposizione in prosa di un’ampia parabola esistenziale di El Barouni, che giunto in Ita-lia, commessi diversi reati li sconterà alla Fortezza, dove Punzo vent’anni orsono ha fondato la propria compagnia.
“ ‘Storia di Alì – Il Libro della Vita’ ” - spiega il regista di origine campana – “è uno spettacolo biografico che racconta la storia di Mimoun El Barouni che, guidato da me, decide un giorno di scrivere e raccontare la sua vita, fatta di un mondo berbero, di rabbia, di non riconoscenza, di poesia. È una piéce dura e avvincente, piena di dolore e di vita. La scommessa è quella di partire da un’apparente non teatralità, per aprire nuove finestre di conoscenza sul mondo e sulle possibilità di fare teatro. Lo spettacolo affronta temi di grande attualità: immigrazione clandestina, il sogno ame-ricano, il viaggio in nave, l´approdo alla realtà, il carcere”.
L’evento nasce dalla ferma, risoluta volontà di Ernesto Dello Jacono, condiret-tore del festival, di coinvolgere soprattutto gli studenti in un’esperienza non comune e senza precedenti. “Il progetto di Punzo” - sottolinea Dello Jacono - “è anzitutto un progetto umanistico, addirittura rinascimentale, perché s’inoltra nell’Uomo e dall’Uomo riparte per trascendere ogni Realtà, che privi della Libertà di Esistere preservando le proprie Aspirazioni. Ponendo in asse due vite parallele - metafora della più vasta, inquietante Migrazione Perpetua e Collettiva - Punzo vince un’ennesima battaglia, sanando la Vita attraverso il Sogno, che rimane e si afferma come unica, assoluta, irrinunciabile opzione per l’Uomo di sopravvivere a sé stesso”.
Dopo i saluti del sindaco Vozza e dell’assessore alla cultura Valitutti avrà luogo la proiezione del documentario “La Compagnia della Fortezza”, quindi lo spet-tacolo. In chiusura gli studenti sottoporranno a un fuoco di fila di domande il regista Punzo, Salah Soltani e l’ospite d’onore, padre Alex Zanotelli, straordinaria figura di missionario comboniano vissuto per otto anni a Korogocho, una delle baraccopoli che attorniano Nairobi in Kenya, ben conosciuto per le innumerevoli battaglie civili e non violente combattute sui fronti più disparati: da quello inerente ai problemi della mi-grazione, a quello riguardante la difesa del diritto all’acqua come risorsa di tutti.

(Testo di Armando Punzo per la brochure relativa a
“La Storia di Alì – Il Libro della Vita”)

Da più di vent´anni dedico la mia vita alla costruzione di un teatro e di una compagnia stabile nel carcere di Volterra, una fortezza Medicea che è sempre stata adibita a questo uso.
La mia idea di teatro, o meglio la mia reazione al teatro, mi ha portato lì. È stato un approdo naturale, quasi obbligato. Nessuno aveva mai pensato di trasformare un carcere in un teatro. Nessuno ci aveva mai pensato in una forma così compiuta, immaginando in modo strutturato che la fabbrica del male, la fossa dei serpenti, il pozzo infernale, la galera, o comunque si voglia definire un carcere, potesse avere un´altra faccia che contraddicesse e mettesse in discussione il pensiero comune sulla funzione e le finalità di un istituto di pena.
Quando siamo entrati lì per la prima volta venti anni fa, pareva impossibile far nascere un teatro dentro quelle mura. Dentro il carcere è possibile vedere i risultati delle contraddizioni e delle illusioni dei nostri tempi, è possibile vedere uno spaccato della realtà esterna.
Nel mio lavoro il carcere ha assunto una doppia valenza: relazione forte con un aspetto della realtà che ci appartiene e metafora di un carcere più ampio, che è il nostro, quello in cui tutti viviamo.
Ho pensato che questo luogo inaccessibile, sconosciuto, estraneo da sempre al-la città, visto come una presenza negativa e ingombrante, dovesse diventare un luogo di produzione teatrale e culturale. Vi s’incontra una ricchezza di lingue e culture che può essere anche vista come opportunità. La Compagnia della Fortezza è di fatto diventata una compagnia internazionale. Questo è quello che è accaduto a Volterra, in fase sperimentale, con l´arrivo del teatro. Un percorso molto difficile e lungo, ma che una volta avviato non si è più potuto arrestare.
La nostra pratica di teatro ha dimostrato che l´azione artistica e la cultura possono produrre azioni concrete che trasformano i luoghi e le persone. A un certo livello, si possono opporre all´idiozia e all´arroganza solo atti culturali, portando cultura e azioni simboliche. Il tutto potrebbe essere riassunto nell´azione e nella necessità di uscire fuori dal mondo così come è immaginato, in un momento storico dove invece tutti cercano di starci dentro, trovare il proprio posto, di avere protezione e rassicurazione. Questo movimento contrario può solo aiutare ad aprire gli occhi sulla realtà che viviamo.
Il carcere è per me luogo del reale e allo stesso tempo metafora della prigione velata in cui siamo rinchiusi. Il carcere, come comunemente inteso, è solo un luogo inutile e distruttivo per le persone recluse e per tutti noi. Il mio ruolo è stato anche quello di stimolare, promuovere e accompagnare la sua quotidiana trasformazione. La violenza, la coercizione non combattono la violenza, l´ignoranza e l´esclusione. Le alimentano.
Volterra, per la sua storia recente, dovrebbe diventare un istituto sperimentale dedicato al teatro e alla cultura. Dal 1988 lavoriamo tutti i giorni lì dentro per produrre spettacoli, mostrarli al pubblico. Formiamo attori e tecnici e la nostra è diventata una scuola di teatro per i detenuti e per persone esterne. Ma sembra ancora che, per la pubblica opinione, si possa uscire dal carcere solo per diventare camerieri e operai.
La nostra esperienza ha una funzione pubblica. Non penso ci sia qualcuno di-sposto a credere che il teatro e la cultura non possono cambiare le persone e la nostra vita solo in meglio.
“Il Libro della Vita - Storia di Alì” è uno spettacolo biografico che racconta la storia di Mimoun El Barouni, attore della Compagnia della Fortezza che, guidato da me, decide un giorno di scrivere e raccontare la sua vita, fatta di un mondo berbero, di rabbia, di non riconoscenza, di poesia. Una piéce dura e avvincente, piena di dolore e di vita.
La scommessa è quella di partire da un’apparente non teatralità, per aprire nuove finestre di conoscenza sul mondo e sulle possibilità di fare teatro.
Lo spettacolo affronta temi di grande attualità: immigrazione clandestina, il so-gno americano, il viaggio in nave, l´approdo alla realtà, il carcere.
Mimoun, dopo essere uscito dal carcere anni orsono, ha continuato a fare l’at-tore con la Compagnia della Fortezza, partecipando a diversi spettacoli che sono stati ospitati in numerosi teatri e festival italiani e stranieri. È stato scritturato anche da altre produzioni teatrali, ottenendo sempre ottimi risultati. Attualmente vive con la moglie in Finlandia dove continua la sua professione.
Crediamo che la sua storia, dura e rabbiosa, ma in fondo a lieto fine, debba continuare ad essere raccontata e guardata come emblema.
Dopo anni in scena al suo posto è oggi Jamel Bin Salah Soltani, nord africano, attore detenuto e storico componente della Compagnia della Fortezza.
Per la sovrapposizione fra storie e situazioni narrate nel testo e quelle della sua vita, lo interpreta con drammatica intensità e struggente coinvolgimento.
Armando Punzo