Principe, perdonaci.
Oltre la speme, evidentemente, anche la dignità e l’orgoglio fuggono i sepolcri.
Sul paese do sole è scesa la notte più buia: il tanfo della monnezza ha inebriato i sorci, donna Amalia ha dimenticato la sua fame ed ora vive di quella del suo vicino, gli uomini fanno a gara per diventare caporali, Antonio la trippa è il più votato ed a noi… non ci resta che piangere.

Forse, un tuo sberleffo, ci farebbe ridere anche di questa nostra, ennesima, umiliante tragedia, forse ci racconteresti il fatto e l’offesa e ci spiazzeresti con la solita risata accompagnandola con un “e che sono Pasquale io”? Forse. O forse la mascella ti scenderebbe ancora più giù e dalla risata passeresti alla malinconia pensando a quanta nobiltà si sia dispersa nell’attuale miseria.
Principe, a nuttata nun passa, nun vo’ passa’, troppi cuori analfabeti che restano tali, troppi colonnelli che approfittano della loro carta bianca, troppi Mastrillo, troppi ragionier Casoria…ma Mustafa che fa? Perché non torna? Perché non viene a mordere le nostre coscienze?
Ti ricordi quando Dudu’, figlio di Napoli, ti chiese il permesso per rubare il tesoro di S.Gennaro? Sognava di trasformare Napoli nella Svizzera, forse perché “a Svizzera non si muore”, ed in ogni caso, lui, era stato indotto all’errore dagli americani e da una malafemmina …e comunque, alla fine, si era pentito ed insieme a tutti i pezzenti e disperati devoti avevano rivestito il Santo dei suoi inutili averi.
Ma quello era un film, ed era ieri, oggi, probabilmente, int’ a sta città, nun se salva nisciuno. Nemmeno io.
Perdonaci Principe.

Con immensa tristezza.
Francesco Oreste