È ancora degli avvocati la parola nel processo a carico di Pasquale Gionta e altri diciannove imputati dinanzi alla prima sezione del tribunale di Torre Annunziata con l´accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata alle estorsioni. I legali impegnati nelle arringhe difensive occuperanno anche le prossime due udienze per perorare la causa dei propri assistiti. A discutere ieri mattina dinanzi al collegio presieduto da Antonio Fiorentino è stato per primo l´avvocato Carmine Rea. Il penalista ha discusso le posizioni dei suoi tre assistiti: Giuseppe Chiechia, Francesco Zavota e Palmerino Gargiulo. Per tutti e tre l´esclusiva contestazione è quella di associazione mafiosa ma le richieste di pena pesano come un macigno. Il loro legale ha voluto far notare al collegio due elementi su cui ha battuto la pubblica accusa ma che invece a suo avviso non basterebbero per provare la responsabilità penale dei suoi assistiti. Secondo la Dda dopo il matrimonio tra Valentino Gionta, nipote dell´omonimo capoclan, e Nunzia Chierchia, figlia di Giuseppe, sarebbe nata un´alleanza tra i due gruppi criminali. Il penalista ha, però, fatto notare che la famiglia Chierchia non ha mai subito una condanna come associazione mafiosa, e poi che da sola la circostanza della storia d´amore da sola non basta per provare la partecipazione ai traffici illeciti dei Gionta. Inoltre la condanna in primo grado per il duplice omicidio De Angelis – Genovese non proverebbe la partecipazione al clan dei tre imputati. Dello stesso avviso l´avvocato Cappuccio che ha discusso la posizione di Giuseppe Coppola. Secondo il legale non può la presunta partecipazione del suo cliente al tentato omicidio di Tullio Calabrese, giustificare una partecipazione al clan non diversamente provata. Inoltre secondo il difensore non ci sono gli elementi necessari per collegare Coppola a quel tentativo omicidiario. Riguardo l´attendibilità del collaboratore di giustizia Carmine Martusciello, si è invece basata la discussione dei penalisti Massimo Lafranco e Roberto Cuomo che hanno discusso le posizioni di Fabio Caccavale e Aldo Matrone. Secondo i due penalisti sono da ritenersi infondate le dichiarazioni del pentito, unico a chiamare in causa i due imputati. Oltre alle numerose contraddizioni evidenziate durante l´istruttoria dibattimentale secondo i legali anche la personalità del collaboratore è da non ritenersi rassicurante.