Forse la storia tra Fabio Quagliarella e il Napoli non è stata mai scritta veramente. Forse, ancora oggi, mancano tanti tasselli. Solo mezze verità, voci infondate e i soliti “ben informati” a raccontare di un idillio spezzato, di un amore soffocato presto e di tanti, troppi fraintendimenti. Doveva essere l’apripista della “scugnizzeria”. Il Napoli prelevò Fabio da Castellammare, all’epoca in forza all’Udinese, pagandolo fior di milioni. L’attaccante stabiese rinunciò anche ad ingaggi più alti che venivano da squadre del Nord per coronare il suo sogno: giocare con la maglia del Napoli, la sua squadra del cuore insieme alla Juve Stabia.

Cosa sia accaduto in quell’anno forse, un giorno, lo potrà raccontare solo Quagliarella. I rumors parlano di un amore mai sbocciato con Walter Mazzarri, di una difficile convivenza col clan dei sudamericani. Palese, fu, l’espressione in napoletano immortalata dalle onnipresenti telecamere di Sky in una partita in cui Lavezzi dopo una fuga solitaria preferì tirare anziché passare a Quagliarella meglio piazzato in area. Uno sfogo all’indirizzo dell’allenatore che tradì la rabbia e la delusione del bomber stabiese. Che, però, forse ci mise anche del suo. Spesso sopra le righe, spesso nervoso. Protagonista anche di quella clamorosa espulsione, che costò la sconfitta interna col Parma, che incrinò definitivamente i rapporti con l’allenatore. Ma Quagliarella giocava col cuore. Sentiva addosso la maglia azzurra come una seconda pelle e aveva legato anche con altri campioni dello spogliatoio azzurro: qquel Marek Hamsik che quell’anno fu capocannoniere della squadra anche grazie al tipo di gioco dell’attaccante oggi in forza al Torino.

Un anno soltanto per lui al San Paolo. Undici gol in 34 partite. Ma la sensazione costante, palese e forse neanche mai nascosta di un malessere strisciante. La società, probabilmente, non seppe intervenire. Quelli sono i momenti in cui dirigenti esperti mettono la loro mano. In silenzio, facendo da abili mediatori, riportando serenità e tranquillità. Quagliarella fu abbandonato a se stesso. Forse qualcuno in panchina disse anche che andava bene così. L’anno dopo, durante una trasferta in terra nordica, venne ceduto all’odiata Juventus. Dove ha giocato, segnato, convinto, ma soprattutto vinto. In una società seria e rigorosa il suo sfogo contro l’allenatore dopo una sostituzione gli è costato 3 mesi di panchina. Fabio Quagliarella ritorna a Napoli oggi. Ha la maglia del Toro e non quella bianconera. Ha lo stesso coraggio e la stessa faccia da bravo ragazzo di quando era l’idolo della tifoseria azzurra. Che lo osannò e lo insultò con la stessa, incredibile, potenza. Forse, considerato i nomi che circolano oggi, Fabio da Castellammare meritava una seconda chance.