Dopo il quadro del Quartararo della Chiesa del Carmine, l’affresco della Villa di Oplonti trafugato negli anni 70 e recuperato dalla guardia di Finanza in una ricca dimora parigina, il calco trasparente di Oplonti che rischiava di finire in un Museo a Casalbordino, continua l’attività di denuncia e richiesta e di cura delle opere d’arte appartenenti alla comunità torrese da parte dell’Assessore all’Immagine e valorizzazione dei Beni Artistici e Storici, dr Aldo Tolino.
Un altro pezzo di gloriosa storia patria, infatti, è stato recuperato e sta per essere ricollocato, anzi valorizzato nel suo originario sito: trattasi del ceppo in pietra lavica che tutti ricordano all’entrata del cimitero cittadino, che commemorava i morti della devastante epidemia di colera che nel 1836 fu responsabile di innumerevoli morti in tutto il meridione ed anche Torre ne fu colpita.
Ma il fatto più importante è che quella lapide commemorava un gruppo di ufficiali e militari che erano di stanza alla Reale Fabbrica d’Armi di Torre Annunziata. Tra questi il Direttore dell’opificio Torrese il Colonnello William Robinson, inglese che prese e si vantò della cittadinanza napoletana conferitagli con il grado di capitano di vascello da SM il Re Ferdinando I di Borbone con nome di Guglielmo Robinson , abitante in Torre Annunziata, presso l’opificio militare.
In seguito ai lavori di ristrutturazione ed ampliamento del Cimitero Torrese il monumento funerario, forse sottovalutato nella sua importanza storica, fu divelto e depositato in un angolo del cimitero stesso e grazie all’intervento dell’assessore e la immediata disponibilità dell’architetto Caraviello sarà collocato in questi giorni in un posto degno della sua importanza a testimonianza futura della grandezza ed importanza del Regno delle due Sicilie e della nostra città, crocevia di geni ed imprenditori stranieri che non esitavano minimamente anzi erano fieri di italianizzare i loro nomi come i Von Vittel (Voiello), pastai, i Bourique, maestri vetrai e tanti altri.
Il colonnello Robinson era nato da una nobile famiglia inglese nel 1772, a 22 si arruolò nella marina di sua maesta’, servi la corona Britanica a fianco di Orazio Nelson .
Grande inventore, giunse a Napoli dopo il Congresso di Vienna come consigliere della marina napoletana, ma ben presto prestò giuramento alla marina borbonica e assunse la cittadinanza napoletana e divenne grande amico e collaboratore di Sua Maesta’ il Re Ferdinando II , il quale si compiaceva di partecipare agli esperimenti che lo stesso effettuava nella Real Fabbrica d’Armi in Torre dell’Annunziata dove era conosciuto da tutta la mestranza e la cittadinanza.
Per la ecletticità del suo ingegno e per le sue capacità tecniche Robinson era in ottimi rapporti con il Re, tanto da fargli visita in qualunque momento senza particolari formalismi ( cfr Anna Maria Autieri nel suo libro La Real Fabbrica d’armi di Torre Annunziata).
Il generale Nunziante, ministro della guerra, anche lui legato alla nostra città, era suo grande amico e insieme a lui effettuò le trivellazioni presso le attuali Terme Vesuviane Nunziante, che portarono alla scoperta delle antiche Terme Romane di Marco Crasso Frugi e alle acque Minerali e fangose ancora oggi attive e a disposizione della cittadinanza.










*********

VITA DI GUGLIELMO ROBINSON




Guglielmo Robinson nacque da nobile famiglia in una tielle Contee dimezzo dell´Inghilterra nel i772, ed entrò ai servigi di S. M. Britannica all´età di i2 anni come guardia Marina. Si mostrò fin dal principio valoroso di cuore e d´ingegno, e nel i802 era già primo Tenente e nel i8o9 Capitano, e molto gli giovò nella sua carriera l´ amicizia del celebre Guglielmo Pitt e più ancora l´ esempio e gli ammaestramenti dell´ illustre Nelson e di Sidney Smith. Ebbe il Robinson dall´amicizia di quél potente ministro, le prime occasioni, di poter dare alcuna prova della virtù del suo braccio e della sua mente, e chiamato a seguire le fortunate bandiere inglesi, sotto il comando del vincitore di Aboukir e di Trafalgar, alle scintille del valore non mancò il soccorso e la potente forza dell´emulazione e dell´esempio, perchè quei semi di -naturale virtù non fruttificassero opere generose. E Nelson ebbe caro Guglielmo e lo ebbe compagno ne´ fatti di guerra, e si giovò non solo del valore di lui nel combattere, ma altresì della pronta destrezza nelle invenzioni e nelle costruzioni di novelle macchine. Allorquando Napoleone conquistatore vedeva, fremendo il valore inglese sul mare far fronte non solamente, ma dar pensiero e travaglio al valore francese, ed udiva come nome d´mimicissimo quello di Nelson , era Guglielmo Robinson anch´ esso al fianco del guerriero inglese. Serviva sulla fregata l´Iria quando nell´ abbordare e prendere l´Eroe, corsaro francese, ne riportò una ferita nella testa verso le coste di Svezia, e nel i8o3 nell´incendiare e distruggere una flottiglia Olandese a Bourghin-Obzie fu ferito nella parte destra del collo. Abile e destro nei
trovati dell´ ingegno meritò la stima e la fiducia de´ suoi signori, e nel i8o5 fu destinato a dirigere le .operazioni di esperimento de´ razzi Congrève, ai quali egli trovò in qualche guisa il modo di dare la direzione; e nella grande spedizione diretta da Smith contro Boulogne nel i8o6 comandò la forza de´ legni incendiarj di esplosione delle lance con macchine infernali delle barche cannoniere e razzicre; ed aveva egli trovato in tale occasione il modo di fare che nella mischia le cannoniere rivolgendosi non presentassero il lato al nemico , costruendole a doppio timone. Fu inviato nel mediterraneo in difesa di Ferdinando I., e quando le navi inglesi approdarono per la seconda volta in Sicilia , e sposarono la causa degli Augusti Borboni, egli seguiva quelle bandiere. Fino da questo momento la vita di Guglielmo Robinson entra a far parte della nostra storia: e il coraggio e il valore dimostrati a Messina dove comandò una divisione della flottiglia , e le spedizioni d´Ischia di Procida e gli assalti delle Calabrie furono egregi titoli a meritargli l´affezione di Ferdinando I. il quale lo proponeva all´arsenale di Messina e lo nominava nel i8i2 capitano di fregata nel i8i3 Cavaliere di S.Ferdinando e del merito. Quando Gaeta ritornò per la seconda volta in potere de´ Borboni, egli che si condusse valorosamente in quell´assedio, presentò a Ferdinando le chiavi della città, il quale sodisfatto e compiaciuto alle novelle prove di affetto il nominava capitano di vascello , ed in memoria di quell´ assedio gli concedeva di apporre alle armi di famiglia due chiavi con la parola Gaeta. Lasciava dopo quell´epoca le bandiere napoletane, nè gli fu colpa il lasciarle per quelle della patria, quando ebbe comando fra i primi, nella flottiglia inglese che volgeva all´antica Corcira. Quivi presedeva al comando del porto, quivi era massima parte ne´ consigli di Tommaso Maitland del quale temperava l´animo aspro e severo , ma reduce da quella repubblica ai servigi delle insegne napoletane fu accolto con lo stesso grado e.d onorato di carichi più grandi. Ebbe la direzione di uno stabilimento di manifatture militari e quello della fabbricazione della polvere, e non è a dire quanto con la prontezza del suo ingegno giovasse alla migliore costruzione di vari oggetti militare non solo, ma anche a mille altri generi di manifattura come a dire le macchine a vapore le fabbriche delle nostre sete, e la coltura de´ semi indiani per colorirle , le fabbriche della nostre stoviglie; perocchè egli studiava attentamente tutti i nuovi trovati delle più incivilite nazioni d´Europa, da* quali nessuno rimaneva sconosciuto alle sue ricerche.
Pronto operoso_infalicabile seppe con l´esempio del suo continuo travaglio fino agli ultimi tempi, mantenere fra i suoi dipendenti non solo la fatica, ma l´amore di essa. Antiveggente, come era, Vegliava su gli operanti a lui affidati, ne preveniva gli errori, anzi fu veduto, eoa la stessa mano che aveva trattato la spada, trattare gli ordegni del povero aperaio, e mostrargli con l´esempio il modo e la via del lavoro. Nè fu grandezza d´incarico, o numero di esercizi bastevole a disanimarlo. Si voleva nuovo sperimento di strade alla Mac-Adam, e il Robinson conduceva a termine, quella della collina di Capo» dimonte, che dalle Reali delizie conduce a Miano. Negli ultimi giorni della sua´vita presentava a Ferdinando II. una macchina dalla qir.ile si rilevasse la esatta inclinazione de´pezzi di artiglieria. Il Marchese Nunziante che mantenne con lui salda e costante amicizia, lo richiese di aiuto e consiglio nello scavo de´ pozzi artesiani, ed erano quelle indagini coronate da´più lieti successi. Pure in mezzo a tante fatiche pareva che l´animo sempre desto a nuove speculazioni, sempre giovine e vigoroso non facesse sentire al corpo l´età che ornai giungeva al tredice
limo lustro. Caro agli operai de´quali dirigeva i lavori. carissimo agli amici pel sapere e per la bontà e schiettezza dell´animo, non dovevano restar tanti pregi senza corona di vera gloria, e non poteva la morte di lui che essere da tutti compianta. La parola dell´umile ministro del Signore senza pompa di argomenti senza vanità di eloquenza , guidata solo dagli efficaci aiuti della grazia scendeva soavissima sull´animo del guerriero che apparecchiato a riceverlo prendeva conforto e vigore all´estremo passaggio. Il terribile flagello del morbo indiano che affliggeva Napoli e non meno Torre Annunziata dove egli dimorava lo tolse ai viventi nell´ottobre del i835. Ma non restarono senza tributo di pubbliche lodi le virtù di un tant´uomo. La generosa cura di uno de´suoi più affezionati amici, nella chiesa di S. Maria del Carmine in Torre Annunziata , fece celebrargli solenni esequie con messa del Zingarelli eseguita dagli alunni del Collegio di Musica napoletano, e con apposita orazione funebre (i).