La Uil ed RSU non ci stanno dopo il passo indietro di ieri sull´agitazione che ha tenuto gli scavi chiusi alcune ore di mattina. "I veri problemi che attanagliano il sito archeologico", secondo i sindacati, sono da ricercare altrove. Di seguito il comunicato delle due sigle sindacali.


Dopo due giorni di assemblee del personale di Pompei, durate soltanto due ore al giorno dalle 8,30 alle 10,30, alle quali tra l’altro la UIL non ha partecipato pur condividendone i contenuti, sembra che il ministro Franceschini ed il mondo intero si indignino per gli Scavi chiusi per un’assemblea del Personale di Pompei in cui si è discusso delle numerose problematiche che attanagliano il sito Archeologico, tra i più importanti al mondo, oggetto tra l’altro dei recenti finanziamenti dell’Unione Europea per 105 milioni di euro.

Non si dice però che il personale di vigilanza di Pompei assicura l’apertura dell’area archeologica per 365 giorni l’anno, senza avere alcun beneficio economico rispetto a chi lavora osservando la chiusura settimanale e perlopiù in ambienti chiusi e climatizzati e non alle intemperie, e permettendo oltretutto alla Soprintendenza di incrementare cospicuamente gli introiti.
Non si dice che a Pompei (a differenza di STONEHENGE) il personale di vigilanza è sfiancato dal sovraccarico di lavoro, impegnato a salvaguardare un’area di circa 35mila mq. piena di affreschi e di mosaici e non solo di sassi, in presenza di decine di migliaia di visitatori al giorno, con un impegno di 50 volte superiore ai parametri ordinari.
Non si dice che le 78 unità di personale assunte di recente, tra l’altro facenti capo ad un Società “in house” del MIBACT alla quale noi paghiamo gli utili, sono state selezionate senza alcuna trasparenza, e si tratta per la maggior parte di personale amministrativo (solo 30 unità sono di vigilanza, non effettuano turnazioni e sono soltanto di supporto al personale in servizio di ruolo che ammonta a poche decine di unità).
Non si dice che a Pompei non servono soltanto unità amministrative e tecniche come archeologi, architetti, avvocati, addetti, operatori, informatici, ma operai, da adibire costantemente alla manutenzione ordinaria del bene archeologico, al restauro degli affreschi, dei mosaici e al consolidamento di stucchi e murature, altrimenti poco resterà ai posteri di Pompei, nonostante le numerose esternazioni di indignazione.

Non si dice quali siano le condizioni in cui versano i corpi di guardia e gli Uffici della Soprintendenza, costruiti in cemento-amianto (che vi invitiamo a vedere di persona), e in cui è costretto a lavorare il personale nonostante tante morti sospette e nonostante si protesti da anni per questo motivo.
Sembra strano invece che l’opinione pubblica non si indigni per come Pompei è stata gestita negli ultimi anni, a partire dal crollo della Schola Armaturarum. I problemi sono molteplici e non riguardano appunto solo il problema della riorganizzazione del servizio di vigilanza, come viene erroneamente e pretestuosamente comunicato nelle ultime ore bensì, come abbiamo innanzi detto, la sicurezza e la salubrità dei luoghi di lavoro, l’organizzazione del lavoro dell’intera Soprintendenza che non viene aggiornata dal 2001, ma soprattutto gli enormi sprechi di denaro pubblico, già ampiamente denunciati dal sindacato, che si sono perpetrati negli anni, per interventi incompiuti o inutilizzati e davanti ai quali mai nessun ministro si è indignato.

Siamo stufi di essere additati come il vero e unico problema di questo Sito archeologico, anche perché siamo certi che questo tipo di comunicazione pretestuosa, serva piuttosto ad oscurare quelle che sono le vere problematiche di Pompei distogliendo l’attenzione da cose ben più gravi di un’assemblea, e che servono, e sono servite, a giustificare commissariamenti e privatizzazioni.
Il ministro sorvegliasse piuttosto su come vengono impegnati i fondi, su come agisce la dirigenza e se si riescono a spendere bene i fondi europei (senza sprechi questa volta!), per evitare che l’opinione pubblica si indigni ancora una volta, ma a ragion veduta.