Ritorna l´Opera dei Pupi di Corelli. Le avventure di Orlando, Rinaldo e dei "guappi napoletani" ancora una volta in scena venerdì 19 Febbraio presso il teatrino dell´ Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri Ernesto Cesaro a Torre Annunziata, alle ore 20.00.
Lo spettacolo avrà una durata di 1 ora. Modesto il contributo per le spese di organizzazione: 5€ pagabili all´ingresso.
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Per chi vuole conoscere e approfondire la storia dei Pupi può guardare la nostra video intervista a Lucio Corelli e leggere il testo elaborato da Marinetta De Falco.

>INTERVISTA A LUCIO CORELLI

La storia dell´Opera dei Pupi
L’Istituto E. Cesaro di Torre Annunziata tiene in funzione da circa un ventennio, un osservatorio permanente su una tradizione tipicamente torrese: il teatro dei pupi di Lucio Corelli, ultimo di tre generazioni di pupari, residenti a Torre e custode eccezionale di un prezioso patrimonio , espressione di questa antichissima forma d’arte.

I nostri pupi torresi che non vanno assolutamente confusi con quelli siciliani, sono azionati da un’asta di ferro e da fili ausiliari ; alti circa un metro, hanno la mano destra azionata da un filo predisposto in modo da poter permettere di reggere la spada attraverso l’elsa e di sguainarla e riporla nel fodero in maniera naturale,hanno ,quindi ,gambe e polsi snodabili e sono estremamente mobili, dissimili , in questo, da quelli siciliani. I pupi hanno origini antichissime: ce li raccontano fonti greche, antiche leggende indiane, evangeli. Nel Trecento e nel Quattrocento il teatro dei pupi entra nelle corti, nel tardo Rinascimento diventa una vera e propria arte. Nel Seicento si sviluppa in Spagna, nel Settecento in Francia compete con l’Opera e la Comédie ed è il preferito di Voltaire. Tra l’Ottocento ed i primi del Novecento si diffonde in tutta Europa .Sembra che i pupi siano stati portati a Napoli, per la prima volta, dai titireros castigliani al seguito del vicerè spagnolo nel 1646 e che,da Napoli, siano sbarcati in Sicilia ad opera di napoletani: alcune fonti, di tradizione romantica, si riferiscono a Giovanni Grasso, nonno dell’omonimo attore napoletano,che li avrebbe fatti sbarcare con lui, in fuga verso la Sicilia inseguito dalla polizia borbonica nel 1862; altre, invece, rimandano al napoletano Gaetano Greco che avrebbe fatto conoscere i pupi napoletani ai siciliani nel 1844. Fatto è che a Napoli tanti erano i teatrini di pupi nell’Ottocento, tra gli altri, vicino alla chiesa del Carmine , il “Silfide” o “Teatro di Donna Peppa” aperto dalla madre di Antonio Petito nel 1826 e la “Stella cerere”, fondato nel 1875 da Giovanni De simone che fece compagnia con vari pupari tra cui Nicola Corelli ,nonno di Lucio. Tra il 1887\88, Nicola Corelli si sposta con la famiglia da Napoli a Torre ed apre il teatrino a Via Fortuna, dopo qualche anno lo trasferisce al corso, in prossimità della stessa Via Fortuna. Gli spettacoli, tre o quattro al giorno, attiravano varie fasce di pubblico ; i “signori della pasta” chiedevano uno spettacolo solo per loro, a fine giornata dopo aver chiuso il pastificio. Nel 1925 quando muore don Nicola ,il teatrino viene trasferito al Largo Croce e poi al corso Vittorio Emanuele in prossimità del Carminiello, è gestito dai figli Alberto, Amedeo, Arturo e Vincenzo. Amedeo, formatosi alla scuola di Petito, era un grande interprete di Pulcinella. Dopo un ulteriore trasloco del teatrino nel 1937, nel ’47 i Corelli lo spostano al Largo Fabbrica d’armi. Nel ’45 Lucio esordisce,nel ’52,a tredici anni è già abilissimo a manovrare e a dar voce ai pupi .Nel ’54 la televisione mette in crisi questa forma di spettacolo , la compagnia Corelli diventa così itinerante e gira per le piazze della Puglia e della Calabria. Nel ’70 muore don Vincenzo, padre di Lucio che apre un teatrino a Via Zuppetta e lo chiude nell’84 dopo aver chiesto, invano, aiuto per tenerlo in vita.

Il repertorio di questo tipo di Teatro è, essenzialmente, epico –cavalleresco, i contenuti vengono tratti dalla Chancon de Roland , un poema che è espressione di un mondo, quello altomedioevale, ristretto, schematico, diviso tra bene e male , con valori semplificati, idealizzati, diviso tra il vecchio (la romanizzazione), il nuovo (la germanizzazione), i personaggi sono l’eroe, il santo, il traditore. Nei secoli il mito di Orlando è ripreso dalla letteratura rinascimentale , l’eroe Orlando diventa prima innamorato, poi, addirittura, furioso per amore. Ariosto traduce i contenuti della Chancon in un gioco di invenzione,di ironia, ma i pupari dell’Ottocento attingono i contenuti da autori minori che scrivono ispirandosi alla letteratura ariostesca, quei contenuti servono da canovaccio su cui tessere con un linguaggio semplificato e chiaro, rotondo, enfatico , con largo uso dell’iperbole.

Ma, accanto al ciclo dei paladini, il puparo propone un altro repertorio, dettato forse da un’esigenza di modernità e così la camorra e i guappi dell’Ottocento si affiancano ai paladini della cavalleria. Dalle figure di “bravi” di cui si circondavano i feudatari , si evolve il “guappo “spagnolo, diretto progenitore del guappo napoletano: carismatico, non necessariamente delinquente o assassino ma spesso “guappo” per difendere il debole per aiutare chi soffre. Proprio nel vuoto di potere ufficiale creatosi a Napoli tra la fuga dei Borboni e l’avvento dei Savoia, si collocano i guappi dell’Ottocento; le loro gesta si tessono di eroismo e così rivive nell’immaginario popolare, la violenza in positivo, il contrario del potere, eroi popolari in cui una grande nobiltà d’animo convive con la violenza. Ebbene questo tipo di spettacolo può ,oggi, essere ancora rappresentato nel Teatro di figura del “Centro servizi contro la dispersione scolastica e la frammentazione sociale”i dell’I.T.C.G. E.Cesaro Via A. Volta2 Torre Annunziata,basta volerlo rivedere. Si possono richiedere spettacoli , per questo ci rivolgiamo a tutti quei lettori attenti, sensibili, generosi, curiosi, solidali, che si interessano al di là delle clientele e dei seguiti ma che ,soprattutto, ritengono buono e giusto l’obiettivo che ci poniamo,quello di impedire all’oblio dell’ignoranza di soffocare la nostra memoria storica .
MARINETTA DE FALCO