Suoni e giochi dantan
21-01-2013 - Archivio Storico de Lo Strillone
Siate buoni ancora per un po! Gesù Bambino è nato, i Re Magi hanno compiuta lagnizione e per tutti ricomincia il lungo faticoso cammino della
vita.
Anche voi, amici lettori, potete rompere le righe e andare in libertà verso il nuovo anno; però, almeno per un po...
Ci siamo intesi; e, per questo, posso raccontarvi che io, in perfetto spirito natalizio, sulla soglia della Grotta Santa ho intercettato un libro dalla copertina e dalla grafica accattivanti.
È vero, il libro dal titolo intrigante: Sillabario napoletano con note di grammatica e poesie in lingua nostra di Nino Vicidomini per Ritualia editore - sarebbe stato destinato a mia figlia, ma in piena serenità, pace e allegria
ho ritenuto che avesse meno urgenza di me di compulsarlo.
Di norma le grammatiche hanno una veste seria e le immagini, quando ci sono, usano un linguaggio ben più descrittivo che evocativo, ma questo
Sillabario è arioso e ben illustrato, sì da collocarsi in quel campo della leggerezza in cui la materia è presente in tracce, appena segnata: grazie allaccurato lavoro grafico di Alfonso Desiderio, nel corpo tipografico
gli spazi vuoti e le tonalità di grigio creano movimenti di raffinata eleganza che armonizza con le tavole illustrative disegnate da ViCi (alias Ciro Vittorio) che raccontano di giochi di quando ero ragazzo.
Ma tutto ciò sarebbe vano, ovviamente, se non fosse al servizio dei testi di sognante leggerezza di Nino Vicidomini. Il quale, come ha scritto Angelo Calabrese nella prefazione, «è un poeta memoriale [...] La parola [...] diventa alata nella poesia indocile alle definizioni».
Il libro lho mangiato con gli occhi («mangiare con gli occhi» è detto antico, di epoca medioevale, quando si usava la masticazione per memorizzare le parole e si tenevano gli occhi aperti come quelli dei bambini per favorire la comprensione simbolica.
Lestetica in unopera letteraria ha una funzione importante al fine della comprensione emotiva e intellettuale dellopera stessa: larmonia delle forme, in particolare, attiva nellipotalamo e nel cervello destro linvio di stimoli al cervello emotivo) e ha evocato piacevoli ricordi.
Il dialetto in verità mi manca.
Mi era vietato parlarlo, poiché mia madre era insegnante elementare e io dovevo dare il buon esempio!
Eppure, come scrive, presentando lopera, lassessore alla cultura di Trecase Raffaele Vitiello, che ha promosso ledizione di questo libro insieme allAccademia vesuviana di tradizione etnostoriche: «mai negare le proprie origini.
Parlare scrivere o cantare in dialetto napoletano non è provincialismo» (e, anzi, il napoletano non è una dialetto, ma una delle lingue parlate in Italia; basterebbe ricordare, per convincersene, che Petrarca è venuto a studiare a Napoli!).
E questo Sillabario, allora, è più che degno dellessere stato inserito fra i testi di un progetto educativo di approccio al dialetto e alla letteratura napoletana rivolto ai ragazzi in età scolare e presentato al pubblico dalla prof.ssa Lina Lupoli presso lAssociazione culturale Logos di Trecase.
Quanto ai giochi, anche questi erano vietati, ma io eludeva la consegna dei miei genitori in quanto ero chierichetto e servivo la Messa e i Vespri nella
chiesa San Francesco di Paola di Largo Grazie in Torre Annunziata.
Il parroco don Antonio Cirillo, detto patanèlla per la sua testa calva e il naso
rubicondo, era un uomo santo e colto. Dopo il catechismo, oltre a offrirci le famose liquirizie a barchetta, i confetti cannellini bianchi, i biscotti dono
della Pontificia Opera dAssistenza, sorvegliava pazientemente i nostri giochi, molti dei quali ViCi ha illustrato: Cavallo muscio / trézza longa, Mpònta luna, O Schiuòppo, mazza e pìvuzo (La Lippa), la Fune.
Nino Vicidomini ha una profonda conoscenza della parola napoletana e della sua sintassi.
Pur trattando rigorosamente di grammatica e sintassi linguistica il testo non solo riverbera la sonorità espressiva (fonema) propria del dialetto, grazie anche alla musicalità del ritmo narrativo, che emerge in modo continuativo e costante, ma anche ha una tessitura originale della trama narrativa (sintagma), elemento difficile da creare in opere siffatte.
Lautore - che è tra laltro componente dellAccademia dei 500 di Roma, membro onoris causa della Accademia Tommaso Campanella di Roma e dellAccademia delle scienze lettere ed arti di Milano, e che nel 2007 ha
avuto la medaglia del Presidente della Repubblica Italiana in questo viaggio nella lingua ha prestato attenzione a un essenziale e coinvolgente micro vocabolario napoletano-italiano.
Chi si ricorda dei franfellìcche (piccoli bastoncini di zucchero caramellato), delle pullanchèlle (pannochie di grano) di spassatiémpo (semi di zucca infornati, ceci e fave tostate), pupatélle (bamboline) e strùmmole (trottola di legno), o di quelle che lautore chiama parole perdute nella memoria - o muccature, o sosciamosche, a muniglia, o mastrillo?
Nel chiudere questo viaggio con un libro prima portato dormiente nel cuore dellautore, poi svelato agli altri in modo semplice, voglio rilanciare proprio con una poesia di Vicidomini unidea ai lettori: diventate poeti! Sarete sempre giovani e immortali!
«Ognedùno è nu poeta a piccerillo,/femminèlla o masculìllo.
Fa a poesia cchiù carèlla ca ce stà,/nun appena riesce a dicere mammà».
ANGELO DE FALCO
vita.
Anche voi, amici lettori, potete rompere le righe e andare in libertà verso il nuovo anno; però, almeno per un po...
Ci siamo intesi; e, per questo, posso raccontarvi che io, in perfetto spirito natalizio, sulla soglia della Grotta Santa ho intercettato un libro dalla copertina e dalla grafica accattivanti.
È vero, il libro dal titolo intrigante: Sillabario napoletano con note di grammatica e poesie in lingua nostra di Nino Vicidomini per Ritualia editore - sarebbe stato destinato a mia figlia, ma in piena serenità, pace e allegria
ho ritenuto che avesse meno urgenza di me di compulsarlo.
Di norma le grammatiche hanno una veste seria e le immagini, quando ci sono, usano un linguaggio ben più descrittivo che evocativo, ma questo
Sillabario è arioso e ben illustrato, sì da collocarsi in quel campo della leggerezza in cui la materia è presente in tracce, appena segnata: grazie allaccurato lavoro grafico di Alfonso Desiderio, nel corpo tipografico
gli spazi vuoti e le tonalità di grigio creano movimenti di raffinata eleganza che armonizza con le tavole illustrative disegnate da ViCi (alias Ciro Vittorio) che raccontano di giochi di quando ero ragazzo.
Ma tutto ciò sarebbe vano, ovviamente, se non fosse al servizio dei testi di sognante leggerezza di Nino Vicidomini. Il quale, come ha scritto Angelo Calabrese nella prefazione, «è un poeta memoriale [...] La parola [...] diventa alata nella poesia indocile alle definizioni».
Il libro lho mangiato con gli occhi («mangiare con gli occhi» è detto antico, di epoca medioevale, quando si usava la masticazione per memorizzare le parole e si tenevano gli occhi aperti come quelli dei bambini per favorire la comprensione simbolica.
Lestetica in unopera letteraria ha una funzione importante al fine della comprensione emotiva e intellettuale dellopera stessa: larmonia delle forme, in particolare, attiva nellipotalamo e nel cervello destro linvio di stimoli al cervello emotivo) e ha evocato piacevoli ricordi.
Il dialetto in verità mi manca.
Mi era vietato parlarlo, poiché mia madre era insegnante elementare e io dovevo dare il buon esempio!
Eppure, come scrive, presentando lopera, lassessore alla cultura di Trecase Raffaele Vitiello, che ha promosso ledizione di questo libro insieme allAccademia vesuviana di tradizione etnostoriche: «mai negare le proprie origini.
Parlare scrivere o cantare in dialetto napoletano non è provincialismo» (e, anzi, il napoletano non è una dialetto, ma una delle lingue parlate in Italia; basterebbe ricordare, per convincersene, che Petrarca è venuto a studiare a Napoli!).
E questo Sillabario, allora, è più che degno dellessere stato inserito fra i testi di un progetto educativo di approccio al dialetto e alla letteratura napoletana rivolto ai ragazzi in età scolare e presentato al pubblico dalla prof.ssa Lina Lupoli presso lAssociazione culturale Logos di Trecase.
Quanto ai giochi, anche questi erano vietati, ma io eludeva la consegna dei miei genitori in quanto ero chierichetto e servivo la Messa e i Vespri nella
chiesa San Francesco di Paola di Largo Grazie in Torre Annunziata.
Il parroco don Antonio Cirillo, detto patanèlla per la sua testa calva e il naso
rubicondo, era un uomo santo e colto. Dopo il catechismo, oltre a offrirci le famose liquirizie a barchetta, i confetti cannellini bianchi, i biscotti dono
della Pontificia Opera dAssistenza, sorvegliava pazientemente i nostri giochi, molti dei quali ViCi ha illustrato: Cavallo muscio / trézza longa, Mpònta luna, O Schiuòppo, mazza e pìvuzo (La Lippa), la Fune.
Nino Vicidomini ha una profonda conoscenza della parola napoletana e della sua sintassi.
Pur trattando rigorosamente di grammatica e sintassi linguistica il testo non solo riverbera la sonorità espressiva (fonema) propria del dialetto, grazie anche alla musicalità del ritmo narrativo, che emerge in modo continuativo e costante, ma anche ha una tessitura originale della trama narrativa (sintagma), elemento difficile da creare in opere siffatte.
Lautore - che è tra laltro componente dellAccademia dei 500 di Roma, membro onoris causa della Accademia Tommaso Campanella di Roma e dellAccademia delle scienze lettere ed arti di Milano, e che nel 2007 ha
avuto la medaglia del Presidente della Repubblica Italiana in questo viaggio nella lingua ha prestato attenzione a un essenziale e coinvolgente micro vocabolario napoletano-italiano.
Chi si ricorda dei franfellìcche (piccoli bastoncini di zucchero caramellato), delle pullanchèlle (pannochie di grano) di spassatiémpo (semi di zucca infornati, ceci e fave tostate), pupatélle (bamboline) e strùmmole (trottola di legno), o di quelle che lautore chiama parole perdute nella memoria - o muccature, o sosciamosche, a muniglia, o mastrillo?
Nel chiudere questo viaggio con un libro prima portato dormiente nel cuore dellautore, poi svelato agli altri in modo semplice, voglio rilanciare proprio con una poesia di Vicidomini unidea ai lettori: diventate poeti! Sarete sempre giovani e immortali!
«Ognedùno è nu poeta a piccerillo,/femminèlla o masculìllo.
Fa a poesia cchiù carèlla ca ce stà,/nun appena riesce a dicere mammà».
ANGELO DE FALCO