Brutte sorprese per coloro che si sono insediati o si andranno ad insediare nella Zona Franca di Torre Annunziata e nelle altre 21 zone franche urbane, istituite nel 2006.
Un´altra mazzata per la città che aveva riposto in questo strumento le speranze di un definitivo rilancio economico e sociale in grado di lasciarsi alle spalle gli anni bui del degrado e del malaffare. Infatti, con il decreto mille proproghe dell´ultima finanziaria, (l’art. 9, comma 4, del D.L. 30 dicembre 2009 n. 194 - G.U. n. 302 del 30 dicembre 2009), sono state apportate sostanziali modifiche, purtroppo con effetti retroattivi.

Nella prima stesura normativa, infatti, le imprese che iniziavano, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2008 ed il 31 dicembre 2012, una nuova attività economica nelle zone franche urbane potevano sperare di ottenere le seguenti agevolazioni fiscali:
a) esenzione dalle imposte sui redditi per i primi cinque periodi d’imposta; per i successivi, l’esenzione era limitata per i primi cinque al 60%, per il sesto e settimo al 40% e per l’ottavo e nono al 20%;
b) esenzione dall’IRAP, per i primi cinque periodi d’imposta, fino alla concorrenza di € 300.000, per ciascun periodo di imposta, del valore della produzione netta;
c) esenzione dall’ICI, a decorrere dall’anno 2008 e fino all’anno 2012, per i soli immobili siti nelle zone franche urbane dalle stesse imprese posseduti ed utilizzati per l’esercizio delle nuove attività economiche;
d) infine, esonero dal versamento dei contributi previdenziali.

Oggi, invece, le modifiche apportate, diminuiscono fortemente il potere attrattivo dell´intervento:
1) innanzitutto, l’agevolazione fiscale è stata trasformata in semplice contributo;
2) le precedenti lettere a) e b) sono state soppresse; di conseguenza, le imprese che si andranno ad installare nelle zone franche urbane non avranno alcuna esenzione dalle imposte dirette e dall’IRAP;
3) del pari, nemmeno quelle già installate (e con i requisiti previsti dalla norma) potranno aspirare ad ottenere i suddetti benefici IRPEF ed IRAP che, peraltro, erano fruibili nell’ambito del c.d. regime del de minimis;
4) rimangono soltanto (almeno sino ad ora!) i contributi per l’ICI e per i contributi previdenziali dovuti sulle retribuzioni da lavoro dipendente, che potrebbero, inoltre, non essere “automatici”, come originariamente previsto, ma richiedere il preventivo assenso.
In particolare, i contributi previdenziali riguardano le retribuzioni da lavoro dipendente, per i primi cinque anni di attività, nei limiti di un massimale di retribuzione che sarà definito con decreto del Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, solo in caso di contratti a tempo indeterminato, o a tempo determinato di durata non inferiore a 12 mesi, e a condizione che almeno il 30% degli occupati risieda nel sistema locale di lavoro in cui ricade la zona franca urbana. Per gli anni successivi, l’ammontare è limitato per i primi cinque anni al 60%, per il sesto e settimo anno al 40% e per l’ottavo e nono anno al 20%. Il contributo, inoltre, spetta, alle medesime condizioni, anche ai titolari di reddito di lavoro autonomo che svolgono l’attività all’interno della zona franca urbana;
5) inoltre, all’erogazione dei suddetti contributi dovranno provvedere i singoli Comuni, nei limiti delle poche risorse finanziarie individuate dalla delibera CIPE n. 14/2009 dell’08 maggio 2009 (in G.U. n. 159 dell’11/07/2009), sulla base delle singole istanze che i contribuenti interessati dovranno presentare dal 01 marzo 2010 in poi.
Rimangono, in ogni caso, escluse dal contributo le seguenti imprese operanti nei settori:
• - della costruzione di automobili;
• - della costruzione navale;
• - della fabbricazione di fibre tessili artificiali o sintetiche;
• - della siderurgia;
• - del trasporto su strada.

Un´altra gatta da pelare, quindi, per il Sindaco Giosuè Starita e per l´amministrazione a da lui guidata. Si rende necessario a questo punto attivare una forte azione dei parlamentari campani (di destra e di sinistra) per modificare il citato decreto recuperandone l´impianto iniziale.
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Le 22 "zone franche urbane", selezionate in base a una serie di indicatori di disagio socio-economico, sono: Catania, Gela, Erice in Sicilia; Crotone, Rossano e Lamezia Terme in Calabria; Matera in Basilicata; Taranto, Lecce e Andria in Puglia; Napoli, Torre Annunziata e Mondragone in Campania; Campobasso in Molise; Cagliari, Quartu Sant´Elena e Iglesias in Sardegna; Velletri e Sora in Lazio; Pescara in Abruzzo; Massa Carrara in Toscana e Ventimiglia in Liguria.