A Napoli si usa l´espressione "Sciò" per mandare via le negatività, le brutture che la nostra vita o la Storia può presentare alle nostre porte.

La mise en espace "Sciò-Ah" gioca appositamente col suono della parola Shoah per ricordare e, al tempo stesso, lasciare alle spalle un pezzo di Storia infelice e triste.

Da un´idea di Francesco Bove realizzata grazie alla collaborazione di Marco Melillo e all´aiuto tecnico di Massimo Scolaro, "Sciò-Ah" vuole ricordare la tragedia ebraica attraverso una messa in scena di sicuro interesse che riprende brani di Gitta Sereny, Paul Celan, Etty Hillesum ed Elie Wiesel.

Il 27 Gennaio due attori sul palco del Caffè letterario ricorderanno la tragedia non attraverso la Voce che manca e sfugge ma attraverso il proprio corpo, il proprio volto, le movenze, gli oggetti.
Il labiale degli attori non coinciderà quasi mai con la parola scritta - il ricordo - che riecheggia nell´aria, la bocca non riuscirà mai a pronunciare, a dire l´Orrore ma avrà solo la forza di accennare ad un rito scaramantico, popolare.

L´attore sul palco si avvale di un movimento, un gesto per spiegare/spiegarsi, cercherà inutilmente di pronunciare quelle parole che descrivono l´Orrore ma la Voce gli rimarrà sempre in gola, un boccone amaro che non riesce né a sputare (per dimenticare) né ad ingoiare.

Intanto il ricordo aleggia nell´aria come uno spirito e l´Uomo, in carne e ossa, quindi mortale, non riuscirà mai e poi mai a rendere pienamente l´immensità di una tragedia o della Tragedia che si ripete (nell´Argentina dei desaparecidos, in Etiopia, in Eritrea, in Iraq...) o destinata a ripetersi.
MARINA BISOGNO