Il giorno 21 gennaio 1946, verso le 18 circa, una deflagrazione fortissima scosse la città di Torre Annunziata, a cui ne fece seguito una seconda una decina di minuti dopo. L’energia elettrica saltò e molte abitazioni del quartiere furono rase al suolo. Verso le 19.15 una terza esplosione più violenta delle precedenti, fece sobbalzare l’intera città, radendo al suolo tutte le abitazioni del quartiere dei pescatori e la maggior parte di quelle che erano dislocate nella zona del porto. Ad esplodere fu un treno con 27 vagoni carichi di tritolo e di bombe di aeroplani che aveva fatto il suo ingresso nella stazione marittima il giorno precedente la tragedia.

Le ipotesi
Le autorità italiane, a seguito di un incidente avvenuto qualche giorno prima, obbligarono le autorità alleate ad adottare opportune misure di sicurezza per evitare ogni inconveniente. Fu disposto che una squadra di pompieri americani seguisse fino al termine le operazioni di scarico. Ma la squadra intorno alle 16 andò via lasciando l’intero convoglio completamente incustodito.Due finanzieri in seguito, dichiararono che intorno alle 18, videro un razzo Very, di quelli usati per le segnalazioni, nel cielo sopra il convoglio. Il razzo ricadde sul telone di uno dei carri, la cui tela catramata prese fuoco e l’incendio provocò l’esplosione dei primi vagoni e di conseguenza le esplosioni furono a catena. L’onda d’urto, oltre ad abbattere i caseggiati della zona portuale, frantumò i vetri e scardinò gli infissi in buona parte della città, e inoltre i 12 vagoni di coda si staccarono dal convoglio e per inerzia arrivarono fino alla stazione di Torre Annunziata Centrale[ distante quasi 2 km.

L’antico borgo marinaro, cioè il nucleo originario costituitosi nel 1319, fu completamente distrutto. La Chiesa dell’Annunziata riportò danni ingenti. Si temette per la sorte della sacra icona della Madonna della Neve, patrona di Torre, lì custodita, ma la cappella a lei dedicata restò miracolosamente indenne. Via Castello e il Corso Vittorio Emanuele erano totalmente dissestati e inoltre fu danneggiato anche il carcere, da cui evasero diversi detenuti, tanto che si temette per possibili atti di sciacallaggio. I danni, da una prima stima del Genio Civile ammontavano a un miliardo e mezzo. I senzatetto furono oltre diecimila e le abitazioni distrutte oltre quattromila. Le vittime furono 54 e i feriti medicati presso l’ospedale oltre cinquecento, calcolati per difetto.
Il Governo De Gasperi stanziò in pochi giorni sette milioni di lire per i soccorsi, mentre il Ministro dell’Industria Giovanni Gronchi approvvigionò ventimila metri quadri di lastre di vetro e carburante per i mezzi di soccorso. Furono distribuite sedicimila razioni di viveri più che raddoppiate nel giro di qualche giorno. I senzatetto furono accolti nei comuni confinanti mentre gli orfani presso una struttura di Aversa. Gli alleati montarono una cucina da campo e trecento tende riscaldate. La UNRRA provvide a far distribuire generi di conforto, medicinali, coperte, vestiti, letti ecc. La Federconsorzi provvide a recuperare parte del grano stoccato nei Magazzini Generali distrutti dallo scoppio. Il Servizio di Sanità mise a disposizione il proprio personale per dare man forte ai medici dell’ospedale. Dopo tre giorni fu ripristinata la fornitura di acqua potabile. La Curia di Nola e quella di Napoli allestirono una mensa per seicento persone in via Murat. Per la ricostruzione il Governo stanziò un miliardo di lire per la ricostruzione, mentre l’ILVA con mille suoi operai risistemò l’ospedale cittadino.[8] L’energia elettrica fu riallacciata dopo sette giorni. Il 30 gennaio vennero in visita alla città, la Principessa di Piemonte, il delegato prefettizio Mario Palermo e il Presidente della Croce Rossa Italiana Umberto Zanotti Bianco i quali donarono un’infermeria attrezzata di tutto punto. A distanza di due giorni ci fu la visita del Ministro dell’Interno Giuseppe Romita che fece stanziare ulteriori fondi per dieci milioni di lire. Infine allo Stadio Collana di Napoli fu organizzata un’amichevole di calcio tra le squadre di Gladiator e Napoli, una gara ciclistica e una di atletica, con incasso a favore dei sinistrati.
Il 1º maggio 1946, i lavoratori di Torre Annunziata fecero murare una lapide in memoria delle 54 vittime, affissa sulla facciata della Basilica Ave Gratia Plena.
(fonte Wikipedia)