Morì colpito da un proiettile vagante la notte di capodanno 2007. Ma la moglie e la figlioletta di otto anni non hanno diritto al riconoscimento dello status di familiare di vittima della criminalità organizzata perché il colpevole non è stato scoperto. Una nota del Ministero degli Interni chiude così la vicenda di Giuseppe Veropalumbo, giovane carrozziere di Torre Annunziata, strappato alla vita mentre si trovava nel salotto di casa, in attesa del tradizionale brindisi di fine anno.
Il fatto, all’epoca, commosse l’Italia. La vedova, Carmela Sermino, donna coraggiosa e determinata, sta da tempo conducendo una battaglia contro la burocrazia, perché la legge non contempla il caso specifico: “Non mi arrendo - dice - vivo una situazione fortemente discriminatoria, non ci possono essere vittime di serie A e vittime di serie B”. Sentendosi lesa nei suoi diritti di donna, moglie e madre, la giovane ha inviato una toccante lettera alla presidente della Camera, Laura Boldrini, alla quale ha chiesto anche un incontro: “Mio marito - scrive - faceva il carrozziere nell’officina del padre. Era incensurato e non aveva frequentazioni malavitose. La sua unica colpa è stata quella di essere rimasto a vivere, dopo il matrimonio, nel quartiere d’origine, in quello che, in anni lontani, era il cuore pulsante della città”.
“Un territorio – continua - completamente in balia delle organizzazioni criminali. Basta leggere i giornali dell’epoca per rendersi conto, ad esempio, che si spacciava droga alla luce del sole. Addirittura i pusher obbligavano gli automobilisti in transito a fermarsi per poter portare a termine i loro traffici prima dell’arrivo delle forze dell’ordine”. Eppure “nonostante il degrado ambientale la nostra famiglia era felice. In casa non entravano molti soldi, ma si respirava un’atmosfera di serenità”.
La risposta dello Stato è arrivata soltanto dopo il delitto “grazie ad una serie di operazioni di polizia ed alla istituzione del Comando Gruppo Carabinieri”, ma “lo sforzo investigativo se, da un lato, ha migliorato le condizioni di vita dei miei ex concittadini, dall’altro non ha portato a risultati di rilievo per quanto concerne l’accertamento delle responsabilità del delitto”.
Le indagini, purtroppo, sono state ufficialmente archiviate senza dare un nome ed un volto all’assassino: “Perizie balistiche, interrogatori, sopralluoghi, ricostruzioni, intercettazioni telefoniche e ambientali non hanno portato a nulla. L’uccisione di un uomo onesto, nel fiore degli anni, non ha, dunque, un colpevole”.
Nel documento che accompagna il decreto di archiviazione il procuratore Diego Marmo spiega che, anche senza un responsabile, Veropalumbo è una vittima indiretta della camorra in considerazione “della eccezionale densità e propensione criminale del rione, del numero di bossoli rivenuti nelle strade la mattina seguente, della mole di armi sequestrate nei mesi successivi e del numero degli arresti per reati riconducibili all’azione dei clan”. Per i vertici del Ministero tutto questo non basta. Senza condanna niente benefici. E Carmela è costretta a fare i salti mortali per mantenere la figlioletta e continuare a credere nelle Istituzioni.