Anche quest’anno, avvicinandosi la data del 21 marzo, «Giornata della memoria e dell’impegno», promossa da «Libera», federazione delle associazioni contro la mafia e per la promozione della cultura della legalità, si moltiplicano le iniziative e le manifestazioni a Napoli, perché è in questa città che, questa volta, si svolgerà la manifestazione nazionale conclusiva.
Il clima è però diverso da quello degli anni precedenti. La crisi economica comincia a mordere la carne dei lavoratori. Gli stabilimenti industriali,
a cominciare dalla Fiat di Pomigliano, fanno sempre più ricorso alla cassa integrazione; le imprese più piccole chiudono per mancanza di commesse; anche i supermercati riducono il personale, che comunque era precario.
La crisi politica, che attraversa tutti i partiti, e, in particolare, quelli
del centrosinistra, al governo in Campania da sedici anni, produce solo sfiducia e insicurezza, anche perché nessuno, al di là di proclami sempre più vuoti di contenuti, sembra in grado di affrontare le questioni economiche e sociali sul tappeto.
Solo la criminalità, purtroppo, sembra in buona salute: si moltiplicano le violenze, gli stupri, le richieste estorsive, i regolamenti di conti, lo spaccio di droga, il commercio di merci taroccate, le aggressioni ai danni di donne e
anziani. L’insicurezza dilaga, tutti hanno paura di tutti. Basta ascoltare i commercianti, gli ambulanti, i vecchi pensionati, le donne che per fare la spesa fanno sempre più chilometri alla ricerca delle migliori occasioni per risparmiare anche pochi euro. La povertà morde sempre più ferocemente le famiglie: in Campania, il 19 per cento delle famiglie è certificata Isee come nullatenente; 3,4 milioni di persone, pari al 60 per cento della popolazione, sono classificate dall’Inps come indigenti. In questo contesto
non è certo facile parlare di legalità e di lotta ai poteri criminali: ma bisogna farlo, anche per evitare che alla crisi economica si aggiunga la crisi della democrazia. Certo, non è facile, quando i giornali raccontano dell’inchiesta
«Global Service» e di come gli amministratori comunali, insieme a politici nazionali - questa la tesi dell’accusa - invece di pensare a come
affrontare, non dico risolvere, i problemi dei cittadini, pensavano giorno e notte a come favorire un imprenditore che a sua volta li avrebbe favoriti. Non è facile parlare di lotta alla camorra quando i giornali continuano a parlare, visto che i processi non riescono ad avviarsi, di quella vicenda vergognosa che ha portato Napoli, sommersa dai rifiuti, in mondovisione,
e persino su Al Jazeera. Una vicenda vergognosa non solo per l’incapacità e l’inettitudine dimostrate, ma perché ha consentito a imprenditori-
camorristi e a camorristi-imprenditori, come li definisce il magistrato Franco Roberti, insieme ad amministratori compiacenti, prima di costruire la situazione di emergenza e poi di gestirla, facendo soldi a palate sia prima
che poi. Il cancro di Napoli e della Campania, che si mangia tutte le risorse producendo solo degrado e povertà, è la camorra, ma intesa come l’intreccio, il network perverso, la saldatura di interessi, tra criminalità, imprenditoria di rapina e politica affaristica. Questo mostro a tre teste è la camorra. Ridurre tutto il pericolo alle bande criminali, come i casalesi o l’alleanza di Secondigliano, che infestano il nostro territorio, serve sicuramente a togliere dalla scena pericolosi malviventi, e va dato atto
alle forze dell’ordine di un enorme lavoro e di grandi risultati, ma non basta a rompere e smantellare il meccanismo perverso che si mangia gran parte delle risorse pubbliche e avvelena anche le amministrazioni, oltre all’economia e alle imprese della nostra regione. Finalmente si comincia a capire che «le organizzazioni camorriste sono innanzitutto enti deputati
all’erogazione di servizi…richiesti dai mercati illegali…ovvero di servizi legali, ma richiesti a condizioni illegali…sono (cioè) dei network di imprese», come si legge nell’ultima relazione della Direzione nazionale Antimafia, curata, per la parte sul crimine campano, dal magistrato Giovanni Melillo.
AMATO LAMBERTI - corriere del mezzogiorno