Torre Annunziata. “Voglio parlare con Gaetano”. La richiesta rimbomba, forte, nella sala colloqui del carcere di Opera. Perché a farla ai familiari, il 21 aprile 2015, è nientemeno che il ‘boss poeta’, Aldo Gionta, figlio di don Valentino ed ex reggente della cosca di via Bertone fino al 16 agosto 2014, quando di sera al porto di Pozzallo il ras oggi al 41-bis è acciuffato dai carabinieri pronto a fuggire verso Malta.

“Gaetano non può sta lavorando, non può fare festa” – la sommessa risposta data al ‘boss poeta’ - . Quel Gaetano è suo genero, il marito di sua figlia Gemma: è Gaetano Amoruso, 23 anni, il nuovo “uaglione” al comando del clan, finito in manette nell’ultimo blitz contro la cosca condotto dai carabinieri del nucleo investigativo di Torre Annunziata (agli ordini del maggiore Leonardo Acquaro), a due passi da Largo Pescatori e dal ‘teatro’ della strage di Sant’Alessandro dell’agosto ’84.

LA RICHIESTA A SETTE ANNI DAL PIZZINO. “Voglio parlare con Gaetano”. La richiesta di Aldo Gionta rimbomba, forte, a sette anni dall’investitura ufficiale per il suo futuro suocero. E’ il 13 febbraio 2008: il ‘boss poeta’ sta in cella e scrive un pizzino. Il biglietto glielo trova addosso la polizia penitenziaria milanese. “State attenti tu e tuo cognato che ci sono microspie dappertutto…imparate a sparare mitra fucili e kalashnikov…e in posti dove non vengono gli sbirri cioè le guardie…e fatti furbo non parlare con nessuno…poi la gente canta. Non fare nulla per adesso. Ti bacio forte a te e Gaetano”. Quel pizzino, poi sequestrato, Aldo Gionta lo scrive a suo figlio, Valentino junior, ma pure a Gaetano Amoruso. All’epoca entrambi sono poco più che ragazzini: uno di 15, l’altro di 16 anni. Col pizzino, scritto dal boss, diventano gli eredi designati.

IL PROFILO DI GAETANO AMORUSO. L’erede scelto studia e si fa largo all’interno del clan. Gaetano Amoruso, figlio del noto killer dei Gionta Francesco ‘a vecchiarella’, morto in carcere per cause naturali, in poco tempo decide, impone, gestisce le estorsioni ai danni dei commercianti e delle imprese di Torre Annunziata.

“Un pazzo”“un boss”“un altro che non guarda in faccia a nessuno…se deve fare male a qualcuno, gli fa male”. A tracciarne il profilo, intercettata dai carabinieri in casa, è Carmela Gionta, la sorella 70enne del super-boss Valentino e zia di Aldo, sotto inchiesta in un’indagine parallela dell’antimafia di Napoli per associazione camorristica e usura. Il clan ora è retto da gente giovane e senza scrupoli: questo il messaggio che ‘zia Carmela’ lancia a un imprenditore tenuto sotto scacco dalla camorra.

E’ un dialogo paradossale tra due ‘vittime’ dello stesso clan. Una, però, fa parte della ‘famiglia’: “Se non mi date i soldi per stasera…mi mandano la gente e mi fanno male, vedete dove dovete prendere i soldi” – dice Carmela Gionta al ‘direttore’ suo 'compagno di sventura' - . Storie che si intrecciano e quadro di un clan a pezzi.

L’AGGUATO A ‘ZIA CARMELA’. Il 18 luglio 2015 il clan Gionta entra in una faida interna. ‘Zia Carmela’ è aggredita dentro casa a coltellate. Per la dda di Napoli Annunziata Caso, Gemma Gionta e Pasqualina Apuzzo, moglie, figlia e suocera del 'boss poeta' Aldo, ritenevano che l’anziana sorella di Valentino senior volesse appropriarsi dei soldi della cassa comune. Per questo le tre donne, con ruoli diversi, avrebbero fatto irruzione nella casa di Carmela Gionta e l'avrebbero ferita.

‘Zia Carmela’, a sua volta, non si fida invece proprio di Gaetano Amoruso, genero della Caso, ma totalmente estraneo alle indagini sull’agguato. Vorrebbe togliergli dalle mani il giro di estorsioni in città. Per questo Carmela Gionta avrebbe detto al fratello di Gaetano Amoruso (anch’egli mai indagato per la descritta vicenda penale) di riferirgli di “non andare più a prendere soldi. Da nessuna parte”. 

   

 

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