Trentatré anni di attesa. Potevano essere molti di meno: proprio per questo Paolo Siani, in occasione della sua visita a Torre Annunziata, non ha perdonato lo “sgarro” che ha fatto alla sua famiglia.

E proprio in occasione dell’evento in memoria di suo fratello Giancarlo, tenutosi nella serata di martedì 25 settembre al club Mediterraneo di via Gino Alfani, il sindaco di Torre Annunziata Vincenzo Ascione non ha potuto fare a meno di ritornare su quelle parole.

“In un primo momento ho pensato che quelle dichiarazioni siano state un po’ ingenerose nei confronti della città – ha spiegato il sindaco. Poi, a mente fredda e mettendomi nei panni dei familiari di una vittima di camorra, mi sono reso conto che la nostra città, che ha sicuramente fatto enormi passi avanti rispetto al 1985, non ha avuto abbastanza coraggio nell’affrontare determinate questioni”.

Le parole di Siani, allora, possono essere usate più da stimolo o da denuncia? “Decisamente la prima. Ma lo stimolo non deve essere soltanto diretto a noi, ma soprattutto ai giovani. E’ da loro che bisogna ripartire per recuperare la cultura della legalità, per far sì che ritrovino di nuovo fiducia nelle istituzioni a tal punto da non sopportare più le parole sopruso, violenza, arroganza, prepotenza, tutti atteggiamenti che la camorra da anni invece ha sviluppato”.

La liberazione di Palazzo Fienga, tre generazioni dei Gionta in carcere: Torre Annunziata ha conosciuto momenti da fissare come immagini simbolo del tentativo di rinascita culturale della città: “Non è ancora abbastanza – ha spiegato Ascione. Facciamo in modo che Paolo Siani possa un giorno ritornare qui per ringraziarci per la capacità di risposta che abbiamo dato nei confronti della malavita organizzata”. Una sorta di “invito”, un tentativo di ricostruire un legame tragicamente interrotto 33 anni fa.

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