“I ragazzi di oggi ammaliati dal coltello tra le mani”. E’ questo uno dei passi più significativi di don Antonio Carbone, direttore dei Salesiani di Torre Annunziata, che si è lasciato andare a una lunga riflessione sul suo profilo Facebook.

“Il fenomeno dei boss sempre più giovani, secondo i dati della Dia di questi giorni, i numeri parlano chiaro: le nuove leve criminali appartengono innanzitutto alla Campania, alla Calabria, alla Sicilia e alla Puglia. Con caratteristiche particolari nella camorra: soprattutto nell'hinterland napoletano, qui "le giovani leve non sempre risultano espressione delle storiche organizzazioni" ed "appaiono, piuttosto, come micro-formazioni in cerca di spazio per tentare la scalata al potere criminale, che si affiancano ai giovani delinquenti”. “Frequentandoli” in questi anni perché alcuni passati nelle nostre Comunità per minori me ne sono fatto un’idea.
Il coltello tra le mani li eccita, li attrae, li ammalia. Vuol dire sfidare la società e le sue leggi. Faccio quello che voglio, quando voglio e con chi voglio. Nessuno mi ferma, niente mi fa paura. Non voglio rispettare i divieti, non intendo indossare il casco, non ho bisogno di lavorare. A farli precipitare di più in questo sanguinario inganno è lo spinello.
Fumano spinelli, sempre, anche controvoglia, anche quando vengono colti dalla nausea, anche quando non hanno i soldi per comprarli. Ne hanno estremo bisogno. Lo spinello, e le droghe pesanti sono necessarie per darsi delle arie, per non essere emarginati, per avere visibilità, per sentirsi qualcuno. Al loro arrivo in Comunità prima da ingenuo chiedevo se fumassero spinelli, ora chiedo da quanti giorni non fumano uno spinello e quanti ne fumavano al giorno. Lo spinello diventa una sorta di status. Come il taglio dei capelli, la barba, i tatuaggio con i cinque punti, le scarpe, l’atteggiamento da “guappo”.
Hanno il loro mondo, la loro lingua, il loro frasario, i loro gesti, i loro modelli. Inventano parole, si baciano sulle labbra, amano chiamarsi “fratm”, fratello mio. Ragazzi illusi e delusi, sfortunati e capricciosi, violenti e fragili, vittime e carnefici. Vivono senza controllo, senza regole, senza orari da osservare e sono diventati pigri, svogliati, negligenti. Alle tre di notte dovrebbero stare a letto, ma per poter dormire occorre essere stanchi. E loro non lo sono. In preda ai loro istinti primordiali hanno sperperato in brevissimo tempo il patrimonio unico e irripetibile che appartiene alla loro età
E noi? Dopo esserci indignati, scandalizzati, e aver preso coscienza del nostro fallimento nella difficile arte dell’educazione che cosa possiamo fare? Come possiamo tentare di rimediare? La spietata violenza di questi ragazzi chiama in causa anche gli adulti. A cominciare dalle famiglie, passando per la scuola per approdare all’ intera società.”
Come tutti, avrebbero bisogno di competere, giocare, confrontarsi, di vincere! Per farlo serve impegno, serietà, perseveranza ... Forse nessuno né con le parole e né con i fatti glielo ha mai insegnato! Per non annoiarsi occorre avere una meta da raggiungere. E loro non ce l’hanno. Sono giovani, dovrebbero studiare, giocare, viaggiare. Quanti di loro non solo non conoscono la loro città, alcuni non sono usciti neppure dal loro quartiere. La scuola non è stata capace di appassionarli, impegnarli, coinvolgerli, incuriosirli. Le famiglie non sono state in grado di far fronte ai loro disagi, al loro malessere. La società ha fatto finta di ignorarli. 
Ragazzi violenti, ma da accompagnare e educare ad ogni costo. Hanno bisogno di noi. Per riprendere il cammino, per imparare ad amarsi! Dobbiamo esserci tutti. Mai come in questo caso, disertare è un crimine!”.

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