Luigi e Salvatore Monaco, i fratelli 'tittone' di Torre Annunziata arrestati nell'imponente blitz anti-droga, che ha smantellato la centrale dello spaccio di hashish e cocaina con sede a Torre del Greco, erano gli stabili fornitori dell'associazione. Così è scritto nell'ordinanza di 1116 pagine, firmata dal Gip del Tribunale di Napoli Francesca Ferri.

La maxi-inchiesta si fonda soprattutto sulle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia. Frasi che hanno consentito agli inquirenti di smascherare nomi, cifre, ruoli e persino il tragitto della 'polvere bianca' tra le due Torri. Al vertice dell'organizzazione il boss Domenico Falanga, figura di spicco dell'indagine, che dal carcere di Rossano impartive direttive per organizzare il traffico, stringendo accordi con esponenti di clan attivi in zone limitrofe. Il suo intento infatti, si legge ancora nell'ordinanza, era quello di riprendere il controllo delle estorsioni e degli stupefacenti, garantendo così ossigeno alle casse del clan. Per questo avviò i primi contatti con i "Cavaliere" di Torre Annunziata.

"Chiaramente - riferisce Falanga agli inquirenti nell'interrogatorio dell'agosto 2013 - sapevo che Torre Annunziata era un ottimo canale di approviggionamento". Droga, in particolare cocaina, il cui acquisto all'ingrosso era trattato direttamente nel "palazzo di famiglia dei Monaco". Lo schema era semplice: definita la trattativa, stabilito il prezzo, i due fratelli consegnavano la droga ai loro "corrieri di fiducia" tra i quali Angelo Amoretti, alias "chiappetella", il più giovane tra gli oplontini finiti oggi in manette.          

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