L’ordinanza firmata dal gip del Tribunale di Torre Annunziata, Antonello Anzalone, lascia pochi dubbi: la casa dei Raiola, la famiglia di Trecase al centro dell’operazione anti-usura condotta oggi dai Carabinieri (Il padre, Luigi, è finito in carcere; ai domiciliari sia la moglie Maria Nughetti che la figlia Giovanna) era una specie di “banca” del micro-credito nella piccola città vesuviana. 

Era infatti proprio nell’abitazione di via Dante che Luigi Raiola, “il pater familias” indicato dagli inquirenti come il principale gestore degli affari illeciti, pattuiva gli interessi e le condizioni del prestito. A cadere nelle mani degli strozzini era perlopiù gente comune: il piccolo imprenditore produttore di  alluminio, il titolare del negozio di abbigliamento, il semplice barbiere del posto, il vigile urbano, il dipendente delle onoranze funebri. In un caso, addirittura la nonnina pensionata che soccorre suo nipote in difficoltà economica. Tutte vittime (15 in totale) di un vero e proprio gioco al massacro, smascherato dall’inchiesta nata nel gennaio 2013: una perquisizione proprio lì, in “quella casa”.

I Carabinieri di Torre Annunziata trovano quaderni, due agende di colore blu, calendari. “Documenti di rilevante interesse investigativo”, scrive oggi il gip, sui quali annotare nel dettaglio importi, nomi, talvolta anche l’esplicito riferimento ad “interessi”. L’inchiesta prosegue e si allarga, le vittime non parlano ma i militari rinvengono nella loro disponibilità appunti e matrici di assegni. Appunti dai quali emerge un probabile e “misterioso finanziatore” dell’attività dei Raiola e che si impongono soprattutto per le cifre dei prestiti e degli interessi. Dalla somma minima di 500 euro, da “ripagare” con 900 euro in diciotto 'comode' rate da 50, alle più corpose cifre di 2mila (da restituire invece in 17 rate da 200, per un totale di 3400 euro) e 6mila euro: in quest’ultimo caso i Raiola, secondo l'accusa, avrebbero dovuto poi intascare 9mila euro in soli 15 mesi.  

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