Il boss Gabriele Pesacane alias Sandro, reggente dell’omonimo clan, era diventato l’incubo di commercianti e imprenditori. Era lui a gestire l’attività di usura della cosca. Un business redditizio basato su un preciso modus operandi: stritolare le vittime con gli interessi e impossessarsi di aziende e attività commerciali. Sfruttando l'appartenenza al clan di Boscoreale è riuscito a far confluire nelle casse dell'organizzazione ingenti somme di denaro. Migliaia di euro provenienti da imprenditori talmente terrorizzati al punto di risultare ‘fedeli’ e assoggettati alle logiche del boss.

Gabriele Pesacane aveva creato uno stato di intimidazione e prostrazione talmente profondo al punto che nessuna delle vittime aveva mai avuto il coraggio di denunciare le minacce e le violenze. E in caso di rifiuto l'epilogo non poteva essere che questo: "O paghi o muori". Le prove dell’attività usuraia sono emerse dalle indagini dell’Antimafia e dalle numerose intercettazioni ambientali. Nell’attività di recupero crediti e riscossione il boss si avvaleva dell’aiuto dei suoi familiari. Sono questi i retroscena delle maxi inchiesta che ha  decapitato i clan Pesacane e Gallo-Limelli-Vangone. La supremazia camorristica delle due cosche si è conclusa mercoledì scorso con il blitz dei Carabinieri di Torre Annunziata. 21 gli affiliati in stato di arresto, 13 sotto chiave e 8 ai domiciliari. 

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